Caso Scajola, Chiara Rizzo sentita dai pm

Cronaca

La moglie di Amedeo Matacena, arrestata lo scorso 11 maggio all’aeroporto di Nizza, ha risposto alle domande nel carcere di Reggio Calabria. L’interrogatorio, durato 4 ore, è stato secretato. I suoi legali hanno depositato l’istanza di scarcerazione

Quattro ore per rispondere punto su punto alle contestazioni della Dda di Reggio Calabria. Un interrogatorio lungo e articolato che alla fine è stato secretato dai magistrati. Chiara Rizzo, dopo l’arresto avvenuto lo scorso 11 maggio all’aeroporto di Nizza nell'ambito dell'operazione Breakfast che ha portato in carcere anche l'ex ministro Claudio Scajola, ha raccontato la sua verità ai pm.

Rizzo ha risposto alle domande - La moglie di Amedeo Matacena, ex deputato di Fi condannato a 5 anni per concorso esterno in associazione mafiosa, ha iniziato il suo interrogatorio poco dopo le 15.30 nel carcere reggino di Arghillà. Ha risposto, come hanno riferito i suoi legali Carlo Biondi e Bonaventura Candido, in "maniera puntuale e convincente" alle tante domande che le hanno fatto il sostituto procuratore della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo e il sostituto procuratore nazionale antimafia Francesco Curcio. Un interrogatorio che, sempre secondo i difensori della donna, avrebbe soddisfatto "noi ed anche i pubblici ministeri".

I rapporti con Scajola - Non è escluso che dall'interrogatorio potrebbero emergere delle sorprese. A prefigurare un simile scenario era stato l'avvocato Candido prima dell'inizio, preannunciando la presentazione di due documenti che, in ottica difensiva, dovrebbero servire a chiarire la posizione della donna. Durante l'interrogatorio è stato consegnato ai pubblici ministeri un documento della Banca Monte dei Paschi di Siena dove si attesta che la donna non aveva la disponibilità del conto corrente della società Amadeus. Le dichiarazioni fatte da Chiara Rizzo saranno messe a confronto con quelle di Scajola, il cui interrogatorio era stato anch'esso secretato. Dal confronto i pm potranno verificare se le due versioni coincidono o se vi siano discrepanze. Non è escluso che una parte dell'interrogatorio della moglie di Matacena abbia avuto come oggetto il senso delle tante telefonate intercorse negli ultimi mesi proprio con l'ex ministro dell'Interno in cui si fa riferimento a Beirut e quel linguaggio criptico con cui, secondo l'accusa, i due pianificavano lo spostamento dell'imprenditore reggino che si trova a Dubai, privo di passaporto. Uno spostamento, è la tesi dell'accusa, finalizzato all'ottenimento dell'asilo politico, come lascia intendere una telefonata intercettata in cui Scajola parlando con l'imprenditore catanzarese Vincenzo Speziali, che in Libano ci vive, dice: "Ho fatto già predisporre dai suoi avvocati una richiesta motivata di asilo" (ascolta un'intercettazione - VIDEO).

Depositata l’istanza di scarcerazione - Prima di entrare in carcere per assistere la sua cliente, l'avvocato Candido è stato alla cancelleria del Tribunale del riesame per presentare ricorso contro l'ordinanza di custodia cautelare e dove è arrivato anche il ricorso di Scajola depositato nei giorni scorsi a Roma. E tra gli argomenti addotti dai legali di Chiara Rizzo per chiedere l'annullamento dell'ordinanza - e dunque la sua scarcerazione - ve ne sono due che potrebbero essere stati proposti anche in sede di interrogatorio. In primo luogo i difensori hanno sostenuto l'incompetenza territoriale della Dda reggina, perché anche qualora i reati contestati alla loro assistita - inosservanza della pena e violazione della legge sulle misure di prevenzione - fossero stati commessi, non sarebbero stati compiuti in Calabria. E poi, Candido e Biondi hanno contestano il mandato di arresto europeo notificato a Nizza alla donna perché sull'atto sarebbe stato indicato il reato di riciclaggio, che non è contestato alla moglie di Amedeo Matacena. Questioni tecniche sulle quali si aprirà il confronto tra accusa e difesa. Adesso non è da escludere che sulla base delle dichiarazioni di Chiara Rizzo i pm possano decidere di compiere accertamenti o di risentire gli indagati già interrogati.

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