Depositate le motivazioni della sentenza che ha condannato all'ergastolo le due donne e inflitto otto anni di reclusione a Michele Misseri per il delitto avvenuto nel 2010: "La vittima fu uccisa con una cintura"
"Sabrina aveva un movente per commettere il delitto", un movente che "non può essere riduttivamente ascritto alla 'gelosia'". E' quanto scritto dalla Corte di Assise nelle motivazioni della sentenza sul delitto di Sarah Scazzi, che il 20 aprile dello scorso anno, ha condannato all'ergastolo Sabrina Misseri e la madre Cosima Serrano, infliggendo otto anni di reclusione a Michele Misseri per soppressione di cadavere, reato quest'ultimo riconosciuto anche alle due donne
"Sarah strangolata in casa con una cintura" - La Corte di Taranto spiega che Sarah Scazzi venne strangolata in casa Misseri da Sabrina e Cosima con una cintura. "Non vi sono elementi probatori - scrive in proposito la Corte - che avvalorino l'ipotesi che Sarah sia stata uccisa (strangolata) in auto. Le evidenze probatorie, se valutate unitamente ai comportamenti post-delictum, fanno ragionevolmente ritenere che le imputate, dopo aver riportato la ragazza presso la loro abitazione, dove evidentemente si rinfocolava la lite, ivi l'abbiano strangolata con una cintura, secondo gli esiti dei rilievi autoptici del consulente Strada".
Il falso alibi di Sabrina - Non solo. Agli inquirenti che hanno indagato sull'uccisione di Sarah Scazzi, la cugina Sabrina ha riferito un "falso alibi", mentre Michele Misseri, papà di Sabrina, non aveva alcun motivo per incolpare ingiustamente del delitto la figlia, così come dal soliloquio dell'uomo intercettato in auto il 5 ottobre 2010 si deduce che l'agricoltore di Avetrana (Taranto) non riusciva a reggere il peso della verità, cioè che la figlia aveva ucciso Sarah.
Le motivazioni Le 1.631 pagine che custodiscono le motivazioni della sentenza, scritta dal presidente della Corte, Cesarina Trunfio, sono suddivise analiticamente in sezioni, dagli accertamenti degli investigatori quando fu denunciata la scomparsa di Sarah (26 agosto 2010, data anche del delitto) alle dichiarazioni di testimoni e persone informate su fatti, alla ricostruzione del delitto e delle responsabilità sulla base degli elementi raccolti e inseriti in un mosaico complessivo.
L'alibi di Sabrina, per la Corte di Assise, non regge, anzi la giovane estetista ne ha costruito uno falso: falsi sono, in quel primo pomeriggio del 26 agosto 2010, gli sms inviati al cellulare di Sarah perché la cugina quindicenne era stata già uccisa nella villetta di via Deledda; realizzato ad arte, per lo stesso motivo, è lo squillo che parte dal telefonino di Sarah verso quello di Sabrina.
"Sarah strangolata in casa con una cintura" - La Corte di Taranto spiega che Sarah Scazzi venne strangolata in casa Misseri da Sabrina e Cosima con una cintura. "Non vi sono elementi probatori - scrive in proposito la Corte - che avvalorino l'ipotesi che Sarah sia stata uccisa (strangolata) in auto. Le evidenze probatorie, se valutate unitamente ai comportamenti post-delictum, fanno ragionevolmente ritenere che le imputate, dopo aver riportato la ragazza presso la loro abitazione, dove evidentemente si rinfocolava la lite, ivi l'abbiano strangolata con una cintura, secondo gli esiti dei rilievi autoptici del consulente Strada".
Il falso alibi di Sabrina - Non solo. Agli inquirenti che hanno indagato sull'uccisione di Sarah Scazzi, la cugina Sabrina ha riferito un "falso alibi", mentre Michele Misseri, papà di Sabrina, non aveva alcun motivo per incolpare ingiustamente del delitto la figlia, così come dal soliloquio dell'uomo intercettato in auto il 5 ottobre 2010 si deduce che l'agricoltore di Avetrana (Taranto) non riusciva a reggere il peso della verità, cioè che la figlia aveva ucciso Sarah.
Le motivazioni Le 1.631 pagine che custodiscono le motivazioni della sentenza, scritta dal presidente della Corte, Cesarina Trunfio, sono suddivise analiticamente in sezioni, dagli accertamenti degli investigatori quando fu denunciata la scomparsa di Sarah (26 agosto 2010, data anche del delitto) alle dichiarazioni di testimoni e persone informate su fatti, alla ricostruzione del delitto e delle responsabilità sulla base degli elementi raccolti e inseriti in un mosaico complessivo.
L'alibi di Sabrina, per la Corte di Assise, non regge, anzi la giovane estetista ne ha costruito uno falso: falsi sono, in quel primo pomeriggio del 26 agosto 2010, gli sms inviati al cellulare di Sarah perché la cugina quindicenne era stata già uccisa nella villetta di via Deledda; realizzato ad arte, per lo stesso motivo, è lo squillo che parte dal telefonino di Sarah verso quello di Sabrina.