Caso Meredith, Amanda: "Non vengo in Italia, ho paura"

Cronaca
Amanda Knox in un'immagine d'archivio

La Knox ha inviato una mail al tribunale di Firenze per spiegare i motivi della sua assenza: "Temo che la violenza dell'accusa possa accecarvi". Il presidente della Corte: "Scelta irrituale, chi vuole parlare nei processi viene nei processi"

Giro di boa per il processo d'appello bis nei confronti di Amanda Knox e Raffaele Sollecito per l'omicidio della studentessa inglese Meredith Kercher, che si celebra a Firenze dopo l'annullamento della precedente sentenza da parte della Cassazione. Da oggi, martedì 17 dicembre la parola passa alla difesa dei due imputati, che esordiscono leggendo una mail inviata dalla Knox al tribunale nella quale la ragazza americana scrive di non essere "presente in aula perché ho paura". E rivolta al collegio giudicante, continua: "Ho paura che la veemenza dell'accusa vi impressionerà, che il loro fumo negli occhi vi accecherà". Una scelta, quella dell'email, che ha però contrariato il presidente della Corte, Alessandro Nencini, che ha parlato di decisione "irrituale". "Chi vuol parlare nei processi viene nei processi" ha detto il magistrato.

Amanda: "Costretta a confessare"
- Nella sua lettera la Knox ricorda che "Meredith era la mia amica. Lei mi era simpatica, mi aiutava, era generosa e divertente. Non mi ha mai criticata. Non mi ha mai dato neppure un'occhiataccia". "L'accusa - continua Amanda - afferma che una rottura era avvenuta fra me e Meredith per la pulizia. Questa affermazione è una deformazione dei fatti. Nel periodo breve che Meredith e io eravamo coinquiline e amiche non abbiamo mai litigato". Riferendosi poi alla calunnia nei confronti di Patrick Lumumba, la ragazza americana scrive che "dobbiamo riconoscere che una persona possa essere portata a confessare falsamente perché torturata psicologicamente".  Amanda racconta anche di quando la portarono in questura: "Mi hanno mentito, urlato, minacciata, dato due scappellotti sulla testa. Mi hanno detto che non avrei mai più visto la mia famiglia se non avessi ricordato cos'era successo a Meredith quella notte".

Il presidente della Corte: "Scelta irrituale"
- Parole, quelle di Amanda, che però non possono essere considerate dichiarazioni spontanee da parte della corte di Firenze, dove si celebra il processo. Dopo aver sottolineato l'irritualità della comunicazione, infatti, il presidente della corte Nencini che precisato che sono i difensori ad attribuire ad Amanda la paternità del testo: "Io non l'ho mai vista, non la conosco".

Sentenza per metà gennaio - La sentenza del processo d'appello bis è attesa per metà gennaio. Da martedì 17 dicembre tocca all'arringa difensiva degli avvocati di Amanda. Dopo la pausa natalizia la corte tornerà a riunirsi il 9  gennaio quando terrà l'arringa il collegio difensivo di Raffaele Sollecito guidato dall'avvocato Giulia Bongiorno. Il giorno successivo, il 10 gennaio, probabilmente il procuratore generale Alessandro Crini terrà la controreplica. Se questo calendario verrà rispettato, la corte d'Assise d'Appello si riunirà in camera di consiglio il 15 gennaio e in serata dovrebbe arrivare la sentenza.

Le pene chieste dall'accusa - Il pg Crini nel corso della requisitoria ha chiesto 26 anni di  condanna per entrambi gli imputati e per Amanda Knox in aggiunta la condanna anche a 4 anni (di cui 3 già definitivi) per calunnia aggravata nei confronti di Patrick Lumumba. Alle richieste di queste pene si è associato ieri anche l'avvocato Francesco Maresca, il legale del collegio difensivo della famiglia della giovane studentessa inglese assassinata la sera del 1 novembre 2007 nella sua casa di Perugia.

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