Sallusti, no al carcere. I giudici: non conta la sua volontà

Cronaca

Il direttore de Il Giornale, condannato per diffamazione, aveva chiesto di scontare a San Vittore la sua pena per "non godere di privilegi". Ma il Tribunale di Sorveglianza ha deciso di confermare la detenzione domiciliare: prevale la legge svuota-carceri

Conta di più la legge 'svuota-carceri', che punta a garantire "una migliore organizzazione degli istituti di pena a beneficio dell'intera popolazione carceraria", rispetto alla volontà di Alessandro Sallusti di andare in carcere per non godere, come lui stesso ha scritto, "di una condizione privilegiata rispetto a quella di altri condannati". E' per questo motivo, in sostanza, che il giudice del Tribunale di Sorveglianza di Milano, Guido Brambilla, ha deciso di confermare la detenzione domiciliare per il direttore de Il Giornale - che da sabato 1 sta scontando la pena nella casa dove vive con Daniela Santanchè - respingendo la sua richiesta di essere rinchiuso in una casa di reclusione.

Sulla vicenda è tornata anche il ministro della Giustizia Paola Severino "La grazia - ha detto il Guardasigili - è, a seguito delle pronunce della Consulta, un provvedimento del presidente della Repubblica. Come ministro della Giustizia se sarà richiesta l'istruttoria darò il mio parere" ma "l'input non dipende da me. Il ministro ha poi spiegato che ci deve essere un'istanza, anche non diretta, e a seguito di questa potrà avviare l'istruttoria di sua competenza.

Intanto l'avvocato di un detenuto - finito in carcere dopo non aver richiesto, come Sallusti, nei termini di legge misure alternative - ha deciso di sollevare un 'incidente d'esecuzione' davanti al Tribunale per chiedere la revoca dell'ordine di carcerazione sulla base proprio del 'trattamento' riservato al giornalista. Per il direttore del quotidiano di via Negri, invece, si aprirà domani un nuovo processo per un caso di diffamazione nei confronti di un altro magistrato (proprio una 'toga', il giudice Giuseppe Cocilovo, era la parte civile nel processo conclusosi con la condanna definitiva per Sallusti a 14 mesi di reclusione). Davanti al giudice della quarta sezione penale di Milano, il giornalista è imputato per omesso controllo per un'intervista pubblicata il 3 luglio 2007 su Libero, quotidiano che all'epoca dirigeva. Imputati per diffamazione una cronista e il generale Antonio Pappalardo. Parte civile l'ex sostituto procuratore militare di Padova, Maurizio Block. Per giovedì, invece, è prevista l'udienza del processo per evasione a carico di Sallusti: al centro il "gesto simbolico" di sabato scorso con una breve 'uscita' dai domiciliari.

Detenzione domiciliare ribadita oggi dal giudice Brambilla, che ha detto 'no' al carcere. Nella sua istanza al magistrato Sallusti aveva chiarito di non aver "richiesto alcun beneficio o misura alternativa" e che il suo caso poi è invece "stato additato dalla stampa quale frutto di una condizione privilegiata rispetto a quella di altri condannati verso i quali l'applicazione della detenzione domiciliare non e' stata richiesta o concessa". Il giudice, però, spiega nel suo provvedimento che "l'espiazione della pena presso il domicilio ex legge 199 (la cosiddetta 'svuota-carceri', ndr) non rientra nel novero delle misure alternative in senso stretto (cui l'istante ha inteso rinunciare) ma costituisce un istituto adottato dal legislatore per fare fronte a superiori esigenze deflattive imposte dal sovraffollamento inframurario, al fine di garantire cosi' una migliore organizzazione degli istituti di pena a beneficio dell'intera popolazione carceraria". Si tratta "quindi di uno strumento deflattivo che - scrive Brambilla - opera indipendentemente da una specifica istanza di parte e che deve essere disposto ogni qualvolta ne ricorrano i presupposti di legge".

In ogni caso, però, l'ufficio esecuzione della Procura di Milano - che non ha condiviso la scelta del procuratore Edmondo Bruti Liberati di chiedere i domiciliari per Sallusti - continua ad applicare, come sempre, l'ordine di carcerazione per i condannati a pene sotto i 3 anni che nei 30 giorni dalla sentenza non abbiano chiesto misure alternative. Tanto che il legale di un detenuto ha sollevato un ricorso al Tribunale partendo proprio dal caso Sallusti. Vicenda, quella del direttore del Giornale, che e' stata uno degli argomenti di discussione anche in una riunione di oggi tra Bruti Liberati e i pm: il 'capo' e i magistrati dell'ufficio esecuzione, da quanto si e' saputo, sono rimasti fermi sulle loro posizioni, divergenti. Per i pm dell'esecuzione, infatti, il 'trattamento Sallusti' resta un 'unicum' giuridico.

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