Tre persone in carcere e 4 ai domiciliari. Ordinanze di custodia per l'ad, l'ex direttore dello stabilimento siderurgico e l'ex assessore provinciale di Taranto. Indagato Bruno Ferrante. Il gip cita anche Vendola: "Pressioni sull'Arpa"
Il patron dell'Ilva di Taranto Emilio Riva, suo figlio Fabio ed altre cinque persone sono state arrestate con l'accusa a vario titolo di concussione, associazione per delinquere e disastro ambientale. Si indaga anche per corruzione in atti giudiziari. A quanto si apprende, tre sono gli arresti in carcere e quattro i domiciliari. Emilio Riva, che non ha più cariche operative nel gruppo, si trova ai domiciliari dal 26 luglio scorso, mentre il figlio Fabio, vicepresidente di Riva Group, è destinatario di un ordine di custodia cautelare in carcere firmato dai gip di Taranto Patrizia Todisco e Vilma Gilli su richiesta del pm Remo Epifani. Al momento però l'uomo, che era già ai domiciliari, risulta irreperibile e gli agenti delle Fiamme Gialle lo stanno cercando per portarlo in carcere. Risultano invece indagati l'attuale presidente dell'Ilva Bruno Ferrante e l'attuale direttore tecnico dello stabilimento siderurgico di Taranto Adolfo Buffo.
L'inchiesta - I provvedimenti sono legati ad un'inchiesta parallela a quella per disastro ambientale che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell'area a caldo del Siderurgico. Questa inchiesta parallela è stata denominata 'Environment Sold Out' (Ambiente svenduto). Secondo i magistrati, l'Ilva avrebbe corrotto politici, periti ed imprenditori locali per mettere a tacere o almeno ridimensionare le sue attività inquinanti.
L'intercettazione - Nel corso della conferenza stampa, il procuratore di Taranto Franco Sebastio ha letto il contenuto di un dialogo che coinvolge i dirigenti Ilva e che è stato intercettato telefonicamente dalla Guardia di finanza nel corso dell'inchiesta per disastro ambientale: "Due casi di tumore in più all'anno? Una minchiata". (Guarda il VIDEO).
Gli arrestati - Tra le persone raggiunte dalle ordinanze Girolamo Archinà - ex dirigente per i rapporti istituzionali dell'Ilva e licenziato dall'attuale presidente dello stabilimento Bruno Ferrante ad agosto quando emersero i primi particolari dell'inchiesta - e l'ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso: entrambi già trasferiti in carcere. Poi, l'ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, l'ex assessore di centrosinistra all'Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva (Pd) e l'ingegnere Carmelo Delli Santi rappresentante della Promed Engineering: tutti ai domiciliari. In uno tra gli episodi di corruzione sotto la lente della procura, già emerso peraltro nell'inchiesta sul disastro ambientale, Archinà avrebbe consegnato a Liberti una busta con 10mila euro in cambio di una perizia "addolcita" sull'inquinamento dell'Ilva.
Il gip: da Vendola pressioni sull'Arpa - Nell’ordinanza il gip dedica ampi passaggi (e accuse pesanti, sebbene non sia indagato) al governatore pugliese. Per il gip Todisco la Regione "invece di imporre misure urgenti" all'azienda, per ridurre l'inquinamento, mette in atto una serie di escamotage "per non risultare inoperosa" di fronte all'opinione pubblica. Il gip parla inoltre di "numerosi e costanti contatti" tra l'ex grande capo delle relazioni istituzionali dell'Ilva Girolamo Archinà e rappresentanti della Regione, Vendola compreso. L'obiettivo dell'azienda è sempre lo stesso: cacciare il direttore generale dell'Arpa Giorgio Assennato, colpevole di aver prodotto una relazione nel giugno 2010 in cui si affermava la necessità di ridurre la produzione dello stabilimento di Taranto per ridurre le emissioni inquinanti. Operazione che non riesce visto che l'incarico ad Assennato viene rinnovato dalla stessa regione, anche se, scrive il Gip, "è evidente che i ripetuti interventi della presidenza della Regione Puglia, in persona del presidente Vendola e del suo capo di Gabinetto Manna, su sollecitazione dei vertici Ilva, avevano sortito gli effetti auspicati nei confronti di Assennato, che era...molto più accomodante ed accondiscendente verso la predetta azienda, anche nel timore che, alla scadenza, il proprio mandato potesse non essere rinnovato dal presidente Vendola".
Il governatore pugliese respine ogni accusa: "Le mie pressioni sono andate sempre nella direzione di essere inflessibili in termini di ambientalizzazione”.
400 morti in 13 anni - Secondo una perizia epidemiologica consegnata alla procura tarantina, le emissioni del siderurgico tarantino hanno provocato in 13 anni quasi 400 morti tra la popolazione e un "eccesso di mortalità" per alcuni tumori tra i dipendenti dell'impianto. Il Gruppo Riva, 17esimo produttore mondiale di acciaio, ha sempre respinto le accuse sull'Ilva. L'impianto tarantino dà lavoro a circa 12.000 persone. Nell'operazione di lunedì 26 novembre la Guardia di finanza ha anche sequestrato tutto il prodotto finito, destinato all'Ilva, giacente sulle banchine del porto di Taranto.
L'inchiesta - I provvedimenti sono legati ad un'inchiesta parallela a quella per disastro ambientale che il 26 luglio scorso ha portato al sequestro degli impianti dell'area a caldo del Siderurgico. Questa inchiesta parallela è stata denominata 'Environment Sold Out' (Ambiente svenduto). Secondo i magistrati, l'Ilva avrebbe corrotto politici, periti ed imprenditori locali per mettere a tacere o almeno ridimensionare le sue attività inquinanti.
L'intercettazione - Nel corso della conferenza stampa, il procuratore di Taranto Franco Sebastio ha letto il contenuto di un dialogo che coinvolge i dirigenti Ilva e che è stato intercettato telefonicamente dalla Guardia di finanza nel corso dell'inchiesta per disastro ambientale: "Due casi di tumore in più all'anno? Una minchiata". (Guarda il VIDEO).
Gli arrestati - Tra le persone raggiunte dalle ordinanze Girolamo Archinà - ex dirigente per i rapporti istituzionali dell'Ilva e licenziato dall'attuale presidente dello stabilimento Bruno Ferrante ad agosto quando emersero i primi particolari dell'inchiesta - e l'ex direttore del siderurgico Luigi Capogrosso: entrambi già trasferiti in carcere. Poi, l'ex rettore del Politecnico di Taranto Lorenzo Liberti, l'ex assessore di centrosinistra all'Ambiente della Provincia di Taranto Michele Conserva (Pd) e l'ingegnere Carmelo Delli Santi rappresentante della Promed Engineering: tutti ai domiciliari. In uno tra gli episodi di corruzione sotto la lente della procura, già emerso peraltro nell'inchiesta sul disastro ambientale, Archinà avrebbe consegnato a Liberti una busta con 10mila euro in cambio di una perizia "addolcita" sull'inquinamento dell'Ilva.
Il gip: da Vendola pressioni sull'Arpa - Nell’ordinanza il gip dedica ampi passaggi (e accuse pesanti, sebbene non sia indagato) al governatore pugliese. Per il gip Todisco la Regione "invece di imporre misure urgenti" all'azienda, per ridurre l'inquinamento, mette in atto una serie di escamotage "per non risultare inoperosa" di fronte all'opinione pubblica. Il gip parla inoltre di "numerosi e costanti contatti" tra l'ex grande capo delle relazioni istituzionali dell'Ilva Girolamo Archinà e rappresentanti della Regione, Vendola compreso. L'obiettivo dell'azienda è sempre lo stesso: cacciare il direttore generale dell'Arpa Giorgio Assennato, colpevole di aver prodotto una relazione nel giugno 2010 in cui si affermava la necessità di ridurre la produzione dello stabilimento di Taranto per ridurre le emissioni inquinanti. Operazione che non riesce visto che l'incarico ad Assennato viene rinnovato dalla stessa regione, anche se, scrive il Gip, "è evidente che i ripetuti interventi della presidenza della Regione Puglia, in persona del presidente Vendola e del suo capo di Gabinetto Manna, su sollecitazione dei vertici Ilva, avevano sortito gli effetti auspicati nei confronti di Assennato, che era...molto più accomodante ed accondiscendente verso la predetta azienda, anche nel timore che, alla scadenza, il proprio mandato potesse non essere rinnovato dal presidente Vendola".
Il governatore pugliese respine ogni accusa: "Le mie pressioni sono andate sempre nella direzione di essere inflessibili in termini di ambientalizzazione”.
400 morti in 13 anni - Secondo una perizia epidemiologica consegnata alla procura tarantina, le emissioni del siderurgico tarantino hanno provocato in 13 anni quasi 400 morti tra la popolazione e un "eccesso di mortalità" per alcuni tumori tra i dipendenti dell'impianto. Il Gruppo Riva, 17esimo produttore mondiale di acciaio, ha sempre respinto le accuse sull'Ilva. L'impianto tarantino dà lavoro a circa 12.000 persone. Nell'operazione di lunedì 26 novembre la Guardia di finanza ha anche sequestrato tutto il prodotto finito, destinato all'Ilva, giacente sulle banchine del porto di Taranto.