Chiesto il rinvio a giudizio per Luigi Lusi

Cronaca

L'ex tesoriere della Margherita è accusato di aver sottratto circa 25 milioni di euro dalle casse del partito. Insieme a lui chiesto il processo per la moglie, Giovanna Petricone, e altre tre persone

Chiesto il rinvio a giudizio per il senatore Luigi Lusi, ex tesoriere della Margherita, con l'accusa di aver sottratto circa 25 milioni di euro dalle casse del partito. La richiesta è stata presentata dalla Procura di Roma per i reati di associazione per delinquere, appropriazione indebita e calunnia nei confronti di Francesco Rutelli.

Chiesto il rinvio anche per la moglie
- La Procura di Roma oltre che per l'ex tesoriere della Margherita, Lusi, ha chiesto il rinvio a giudizio anche per la moglie, Giovanna Petricone, i commercialisti Mario Montecchia e Giovanni Sebastio, e della collaboratrice Diana Ferri, quest'ultima risultata prestanome di una delle società riconducibili a Lusi. Per questi altri indagati è contestata solo l'associazione per delinquere. Luigi Lusi si trova agli arresti domiciliari al Santuario della Madonna dei Bisognosi in Abruzzo dopo aver trascorso tre mesi nel carcere romano di Rebibbia. L'inchiesta è durata circa un anno ed è stata coordinata dal pubblico ministero Stefano Pesci.

Le accuse della procura - Secondo l'accusa Lusi avrebbe sottratto il denaro dalle casse del partito, circa 25 milioni di euro, costituendo due società, la 'Paradiso Immobiliare' e la 'TTT Srl'. Attraverso queste due società sarebbero transitati i rimborsi elettorali destinati alla Margherita e sarebbero stati poi spesi per acquisto di immobili e per esigenze personali. Il denaro sarebbe stato sottratto a partire dal 2007, il periodo in cui la Margherita era in scioglimento per il passaggio nel Partito democratico. Le due società istituite da Lusi con la collaborazione dei due commercialisti indagati, sarebbero state utilizzate anche per l'acquisto della lussuosa villa a Genzano dove il senatore viveva insieme alla moglie. Lusi dovrà rispondere anche del reato di calunnia per aver più volte tentato di tirare in ballo Francesco Rutelli sostenendo di aver ricevuto da lui un mandato fiduciario per gli acquisti degli immobili.

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