I lavoratori dell'impianto per la produzione di alluminio del Sulcis chiedono un intervento del governo. Il sottosegretario De Vincenti: "Stiamo cercando potenziali acquirenti". Ma i sindaci dell'area avvertono: "A rischio la tenuta democratica"
C'è sempre meno tempo per l'Alcoa, la fabbrica di alluminio di Portovesme nel Sulcis (la stessa terra in cui in questi giorni i lavoratori hanno occupato le miniere di carbone). Dopo tre anni di vertenza senza riuscire a trovare una soluzione a settembre l'impianto potrebbe venire definitivamente chiuso, lasciando per la strada i 500 operai impegnati e i 500 lavoratori occupati nell'indotto. Per riportare l'attenzione del governo sul futuro dell'impianto sardo sono arrivati a Roma una cinquantina di operai della fabbrica per una manifestazione sotto al ministero dellO Sviluppo Economico dove, venerdì, dovrebbe svolgersi un incontro per trovare un acquirente che possa salvare l'impianto. Secondo voci non ufficiose ci sarebbe un potenziale acquirente, ma i lavoratori chiedono soluzioni e trasparenza.
Il sottosegretario: "Necessari ingenti investimeni" - "Il governo continua, con determinazione, nei contatti con operatori di rilievo che stanno manifestando un potenziale interesse. Domani per esempio, - risponde al corteo il sottosegretario Claudio De Vincenti - torniamo ad incontrare il gruppo svizzero Glencore. Ma in ogni caso, deve essere chiaro che l'Alcoa non è l'Ilva. Nel senso che, anche dopo lo spegnimento, gli impianti possono essere riattivati. E comunque l'azienda si e' impegnata a mantenerli in efficienza per tutto il 2013". Di certo, senza un 'cavaliere bianco' lo stabilimento sardo non può sognare un rilancio. "Alcoa purtroppo - spiega - rappresenta una sorta di epilogo di una storia di difficoltà aziendali che viene da lontano e dalla quale non si esce se non si trova un soggetto in grado di effettuare gli ingenti investimenti necessari ad ammodernare l'impianto e a realizzare una consistente ristrutturazione aziendale".
I sindaci: "A rischio la tenuta democratica" - Dalla Sardegna arriva intanto l'allarme dei sindaci del Sulcis: se dovesse chiudere l'Alcoa, e a catena molte altre imprese, "nella zona del Sulcis sarebbe a rischio la tenuta sociale" dice il sindaco di Villa Massargia, Franco Porcu, che si trova con i manifestanti della società sarda davanti al Ministero dello Sviluppo economico. Con lui ci sono i primi cittadini di altri sei Comuni della zona, ma in tutto sono 23 i municipi mobilitati nella lotta per mantenere aperto il sito industriale. "Veniamo - dice Porcu anche a nome dei colleghi - da un territorio poverissimo, dalla provincia più povera d'Italia. Senza l'Alcoa molte famiglie finirebbero in una condizione drammatica e la tenuta sociale sarebbe a rischio". Secondo i sindaci del Sulcis il Governo deve favorire l'inserimento di nuovi acquirenti prima che la proprietà - lunedì prossimo - inizi a spegnere gli impianti. Operazione che sarebbe irreversibile. "Il Governo - aggiunge - deve assumersi l'impegno di abbassare il costo dell'energia", una delle condizioni poste dalla Glencore, la società che ha dimostrato interesse a subentrare alla Alcoa. Intanto i manifestanti continuano a scandire i loro slogan: "Lavoro, sviluppo, occupazione".
Il sottosegretario: "Necessari ingenti investimeni" - "Il governo continua, con determinazione, nei contatti con operatori di rilievo che stanno manifestando un potenziale interesse. Domani per esempio, - risponde al corteo il sottosegretario Claudio De Vincenti - torniamo ad incontrare il gruppo svizzero Glencore. Ma in ogni caso, deve essere chiaro che l'Alcoa non è l'Ilva. Nel senso che, anche dopo lo spegnimento, gli impianti possono essere riattivati. E comunque l'azienda si e' impegnata a mantenerli in efficienza per tutto il 2013". Di certo, senza un 'cavaliere bianco' lo stabilimento sardo non può sognare un rilancio. "Alcoa purtroppo - spiega - rappresenta una sorta di epilogo di una storia di difficoltà aziendali che viene da lontano e dalla quale non si esce se non si trova un soggetto in grado di effettuare gli ingenti investimenti necessari ad ammodernare l'impianto e a realizzare una consistente ristrutturazione aziendale".
I sindaci: "A rischio la tenuta democratica" - Dalla Sardegna arriva intanto l'allarme dei sindaci del Sulcis: se dovesse chiudere l'Alcoa, e a catena molte altre imprese, "nella zona del Sulcis sarebbe a rischio la tenuta sociale" dice il sindaco di Villa Massargia, Franco Porcu, che si trova con i manifestanti della società sarda davanti al Ministero dello Sviluppo economico. Con lui ci sono i primi cittadini di altri sei Comuni della zona, ma in tutto sono 23 i municipi mobilitati nella lotta per mantenere aperto il sito industriale. "Veniamo - dice Porcu anche a nome dei colleghi - da un territorio poverissimo, dalla provincia più povera d'Italia. Senza l'Alcoa molte famiglie finirebbero in una condizione drammatica e la tenuta sociale sarebbe a rischio". Secondo i sindaci del Sulcis il Governo deve favorire l'inserimento di nuovi acquirenti prima che la proprietà - lunedì prossimo - inizi a spegnere gli impianti. Operazione che sarebbe irreversibile. "Il Governo - aggiunge - deve assumersi l'impegno di abbassare il costo dell'energia", una delle condizioni poste dalla Glencore, la società che ha dimostrato interesse a subentrare alla Alcoa. Intanto i manifestanti continuano a scandire i loro slogan: "Lavoro, sviluppo, occupazione".