Il 26 novembre del 2010 la 13enne di Brembate scompare nel nulla. Rapita, uccisa e gettata in un campo. Gli inquirenti continuano a confrontare migliaia di Dna con quello dell’assassino. Ma sottolineano: “Nessuna svolta, mettiamo un tassello alla volta"
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(in fondo all'articolo tutti i video su Yara Gambirasio)
Nessun colpevole, nessun indagato, una verità che sembra sempre più lontana. E’ passato un anno dalla scomparsa di Yara Gambirasio. 365 giorni scanditi dal silenzio degli inquirenti che, forse anche per reazione a quella traduzione sbagliata che aveva dato l’illusione che il caso si potesse chiudere rapidamente con l’arresto di Mohamed Fikri, persona assolutamente estranea all’indagine e subito scarcerata, non hanno più voluto far trapelare nulla o quasi. La Procura di Bergamo ha appena aperto un’inchiesta per la fuga di notizie. Per individuare chi, tra le forze dell’ordine, ha rivelato ai giornalisti informazioni protette dal segreto istruttorio. Intanto, le indagini proseguono: “Noi mettiamo un tassello per volta. E’ un gigantesco puzzle”, dice il pm Letizia Ruggeri.
Ma i 365 giorni trascorsi da quel 26 novembre sono stati scanditi soprattutto dal silenzio dei genitori di Yara. Sempre composti, sempre lontani dalle telecamere, hanno deciso di restar chiusi nel loro dolore anche in occasione del primo anniversario della scomparsa della figlia. Non vogliono commemorazioni pubbliche e hanno rifiutato la proposta di alcuni cittadini di dedicare il Palazzetto dello Sport, dove Yara si allenava e dove è stata vista per l’ultima volta, alla piccola ginnasta. “Ho dovuto dire di no, a quella come ad altre iniziative che i miei concittadini vorrebbero organizzare – ha detto il sindaco, Diego Locatelli - Qualcosa faremo prima o poi, ma adesso la ferita è ancora troppo dolorosa, la famiglia non ne vuole sapere. Se intitolassimo qualcosa a Yara, se le dedicassimo qualcosa, sarebbe come mettere da parte definitivamente la sua morte''.
Sono le 18:30 del 26 novembre di un anno fa quando Yara scompare nel nulla. Ha appena lasciato il centro sportivo di Brembate, a 700 metri da casa sua, dove ha incontrato le istruttrici della squadra per consegnare lo stereo per una gara. Il 29 novembre, scartata l’ipotesi di una fuga volontaria, si apre un’indagine per sequestro di persona. Per tre mesi carabinieri, vigili del fuoco, volontari e agenti della Protezione civile setacciano tutti i campi della zona. Le ricerche si concentrano soprattutto nel cantiere del centro commerciale di Mapello, vicino al Palazzetto dello Sport. Alcuni testimoni raccontano di aver visto la ragazzina avvicinata da due uomini con un furgone bianco. Si cerca una pista, un indizio, una traccia. Ma le speranze di trovare Yara viva si spezzano esattamente tre mesi dopo la sia scomparsa. Il 26 febbraio del 2011 il corpo viene ritrovato a Chignolo d’Isola, a una decina di chilometri da Brembate, in un campo più volte battuto dai volontari. A scoprirlo un appassionato di aeromodellismo.
Dagli esami sul corpo, però, non arrivano le risposte sperate. Si esclude la violenza sessuale ma non si trovano certezze sulle cause della morte: forse Yara è stata colpita con uno strumento di un muratore, forse è stata strangolata, forse l’assassino l’ha abbandonata ferita nel campo lasciandola morire di freddo o dissanguata. L’unico elemento altamente indiziario di cui si ha notizia è quella traccia di Dna maschile isolata sugli slip che, a differenza degli altri, non sarebbe suscettibile di contaminazione casuale. Migliaia i profili genetici raccolti in questi mesi dagli inquirenti. E i prelievi continuano perché, come ha precisato il pm di Bergamo Letizia Ruggeri, “non sono stati isolati Dna compatibili con quelli dell’assassino”.
Qualcosa però sembra muoversi. "Siamo speranzosi" dice all'Adnkronos il pm Letizia Ruggeri. Nelle ultime settimane l'attenzione si è concentrata su un ragazzo che frequenta la discoteca vicino a dove è stato scoperto il corpo di Yara. Il suo profilo genetico presenta alcuni punti di contatto con la traccia isolata sugli indumenti della vittima. Somiglianze ma non compatibilità o corrispondenze piene.
"Il campione di Dna che abbiamo è molto ampio e non ci consente - sottolinea il pm Ruggeri - di circoscrivere i sospetti. Se statisticamente potrebbe essere un uomo italiano il killer, non possiamo escludere che sia una persona dell'Est Europa". Il magistrato è fiducioso: "Sono stati fatti tantissimi passi avanti, ma non possiamo dire che siamo vicini alla svolta. Speriamo di trovare domani l'assassino ma potrebbe volerci ancora tempo".
Gli inquirenti cercano dunque una corrispondenza “biologica” che possa portare a una pista. A capire cosa sia accaduto quel 26 novembre di un anno fa. Se lo chiedono i genitori di Yara, se lo chiede Brembate, se lo chiedono anche gli oltre 80 mila utenti che continuano a riempire la pagina di Facebook dedicata alla piccola ginnasta. Un gruppo nato un anno fa quando il nome di Yara era legato solo a uno dei tanti casi di minori scomparsi. Solo nei primi sei mesi del 2011, in Italia, i bambini e gli adolescenti sotto i 18 anni per i quali sono state attivate le segnalazioni di ricerca sul territorio nazionale e che risultano ancora da trovare sono 779 (fonte Polizia di Stato).
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Ma i 365 giorni trascorsi da quel 26 novembre sono stati scanditi soprattutto dal silenzio dei genitori di Yara. Sempre composti, sempre lontani dalle telecamere, hanno deciso di restar chiusi nel loro dolore anche in occasione del primo anniversario della scomparsa della figlia. Non vogliono commemorazioni pubbliche e hanno rifiutato la proposta di alcuni cittadini di dedicare il Palazzetto dello Sport, dove Yara si allenava e dove è stata vista per l’ultima volta, alla piccola ginnasta. “Ho dovuto dire di no, a quella come ad altre iniziative che i miei concittadini vorrebbero organizzare – ha detto il sindaco, Diego Locatelli - Qualcosa faremo prima o poi, ma adesso la ferita è ancora troppo dolorosa, la famiglia non ne vuole sapere. Se intitolassimo qualcosa a Yara, se le dedicassimo qualcosa, sarebbe come mettere da parte definitivamente la sua morte''.
Sono le 18:30 del 26 novembre di un anno fa quando Yara scompare nel nulla. Ha appena lasciato il centro sportivo di Brembate, a 700 metri da casa sua, dove ha incontrato le istruttrici della squadra per consegnare lo stereo per una gara. Il 29 novembre, scartata l’ipotesi di una fuga volontaria, si apre un’indagine per sequestro di persona. Per tre mesi carabinieri, vigili del fuoco, volontari e agenti della Protezione civile setacciano tutti i campi della zona. Le ricerche si concentrano soprattutto nel cantiere del centro commerciale di Mapello, vicino al Palazzetto dello Sport. Alcuni testimoni raccontano di aver visto la ragazzina avvicinata da due uomini con un furgone bianco. Si cerca una pista, un indizio, una traccia. Ma le speranze di trovare Yara viva si spezzano esattamente tre mesi dopo la sia scomparsa. Il 26 febbraio del 2011 il corpo viene ritrovato a Chignolo d’Isola, a una decina di chilometri da Brembate, in un campo più volte battuto dai volontari. A scoprirlo un appassionato di aeromodellismo.
Dagli esami sul corpo, però, non arrivano le risposte sperate. Si esclude la violenza sessuale ma non si trovano certezze sulle cause della morte: forse Yara è stata colpita con uno strumento di un muratore, forse è stata strangolata, forse l’assassino l’ha abbandonata ferita nel campo lasciandola morire di freddo o dissanguata. L’unico elemento altamente indiziario di cui si ha notizia è quella traccia di Dna maschile isolata sugli slip che, a differenza degli altri, non sarebbe suscettibile di contaminazione casuale. Migliaia i profili genetici raccolti in questi mesi dagli inquirenti. E i prelievi continuano perché, come ha precisato il pm di Bergamo Letizia Ruggeri, “non sono stati isolati Dna compatibili con quelli dell’assassino”.
Qualcosa però sembra muoversi. "Siamo speranzosi" dice all'Adnkronos il pm Letizia Ruggeri. Nelle ultime settimane l'attenzione si è concentrata su un ragazzo che frequenta la discoteca vicino a dove è stato scoperto il corpo di Yara. Il suo profilo genetico presenta alcuni punti di contatto con la traccia isolata sugli indumenti della vittima. Somiglianze ma non compatibilità o corrispondenze piene.
"Il campione di Dna che abbiamo è molto ampio e non ci consente - sottolinea il pm Ruggeri - di circoscrivere i sospetti. Se statisticamente potrebbe essere un uomo italiano il killer, non possiamo escludere che sia una persona dell'Est Europa". Il magistrato è fiducioso: "Sono stati fatti tantissimi passi avanti, ma non possiamo dire che siamo vicini alla svolta. Speriamo di trovare domani l'assassino ma potrebbe volerci ancora tempo".
Gli inquirenti cercano dunque una corrispondenza “biologica” che possa portare a una pista. A capire cosa sia accaduto quel 26 novembre di un anno fa. Se lo chiedono i genitori di Yara, se lo chiede Brembate, se lo chiedono anche gli oltre 80 mila utenti che continuano a riempire la pagina di Facebook dedicata alla piccola ginnasta. Un gruppo nato un anno fa quando il nome di Yara era legato solo a uno dei tanti casi di minori scomparsi. Solo nei primi sei mesi del 2011, in Italia, i bambini e gli adolescenti sotto i 18 anni per i quali sono state attivate le segnalazioni di ricerca sul territorio nazionale e che risultano ancora da trovare sono 779 (fonte Polizia di Stato).