G8, Giuliani: "Mio figlio mi diceva sempre, stai tranquillo"

Cronaca
g8_genova_2001_2011

Il padre di Carlo ricorda l'ultima telefonata fatta al figlio solo due ore prima che fosse ucciso a Genova durante gli scontri del 2001. Nel decennale Amnesty International torna a chiedere misure di identificazione degli agenti di polizia. IL VIDEO

Leggi anche:
Stop, capitalismo, lotta, Carlo. Le parole del G8 di Genova

G8 dieci anni dopo, per Genova una ferita ancora aperta
"Io Ricordo", il racconto collettivo online del G8 di Genova
Genova 2001-2011: una lunga stagione di processi

"L'ho sentito per l'ultima volta verso le 15. Era in piazza Manin dove erano in corso le violenze della polizia contro i manifestanti pacifici della Rete Lilliput. L'ho chiamato, e lui mi ha detto di stare tranquillo". E aggiunge: "Mi diceva sempre di stare tranquillo". Giuliano Giuliani ricorda così l'ultima chiacchierata con il figlio Carlo. L'allora 23enne ha perso la vita a Genova, durante i giorni del G8. Quel 20 luglio 2001, alle 17.27, la pallottola sparata dall'arma del carabiniere Mario Placaniaca lo ha colpito a morte in piazza Alimonda.
Il 5 maggio 2003, il processo a Mario Placanica si è concluso con l'accoglimento del gip della richiesta di archiviazione formulata del pubblico ministero per legittima difesa e uso legittimo delle armi. Nel 2010, inoltre, la Corte europea dei diritti umani ha assolto pienamente l'Italia sul caso Giuliani. Nel 2009, infatti, pur avendo assolto il carabiniere, aveva condannato il Paese a risarcire la famiglia Giuliani.

A dieci anni di distanza dai fatti del G8 e dalla morte di Carlo Giuliani, mentre la città lo ricorda con manifestazioni, seminari e mostre, Amnesty International denuncia "che solo un numero limitato di indagini e di procedimenti ha avuto luogo e che le autorità italiane non hanno ancora pubblicamente condannato e chiesto scusa per i maltrattamenti subiti dai manifestanti". Chiede poi all'Italia di "rafforzare le misure contro l'uso arbitrario e l'abuso della forza da parte della polizia" e, attraverso l'appello "operazione trasparenza", chiede il reintegro nel codice penale del reato di tortura e "misure di identificazione degli agenti durante le operazioni di ordine pubblico, come l'uso di codici alfanumerici sulle uniformi".

Cronaca: i più letti

[an error occurred while processing this directive]