Camusso: dopo la sentenza Thyssen niente sarà come prima
CronacaIl segretario Cgil commenta la condanna di primo grado per omicidio ai dirigenti dell'azienda per il rogo nello stabilimento di Torino che costò la vita a sette operai: "Una decisione giusta". RASSEGNA STAMPA
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(In fondo all'articolo i video sul processo Thyssen)
"Questa sentenza dice una cosa precisa: la vita di un lavoratore non si può trasformare in profitto. Non so se sia una decisione storica, so che è la prima volta che un amministratore delegato viene condannato per omicidio volontario. Non era mai successo". E' questo il primo commento del segretario Cgil alla sentenza di primo grado che ha condannato a 16 anni e mezzo per omicidio volontario Herald Espenhahn, l'amministratore delegato della Thyssen, per il rogo nello stabilimento di Torino che il 6 dicembre 2007 costò la vita a sette operai.
"Viene respinta - spiega Camusso in un'intervista a Repubblica - l'idea che per conseguire il profitto si possano sacrificare le condizioni di sicurezza dei lavoratori.
Ma il segretario della Cgil attacca anche l'esecutivo di centrodestra che - a suo dire - sul tema ha fatto troppo poco: "Io ho visto un governo molto impegnato ad alleggerire la legislazione sulla sicurezza sul lavoro. Quasi un "liberi tutti". Una deriva culturale che porta a sostenere che possa esserci un lavoro senza diritti. Questo c'è. Poi, non c'è dubbio, la crisi economica ha aumentato la pressione sui lavoratori. Non a caso sono aumentate le malattie professionali".
Erano state diverse le reazioni a caldo da parte delle vittime, che avevano comunque plaudito alla decisione del tribunale. Subito dopo la lettura della sentenza, il pm Raffaele Guariniello ha parlato di "una svolta epocale: non era mai successo che per una vicenda di morti sul lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale".
Nella sentenza di primo grado, la Corte ha accolto le richieste dell'accusa anche per gli imputati Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, tutti accusati di omicidio colposo e condannati a 13 anni e mezzo di reclusione. Per l'imputato Daniele Moroni la pena comminata è stata di 10 anni e 10 mesi, superiore ai nove anni richiesti dall'accusa.
La società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa, chiamata in causa come responsabile civile, è stata condannata al pagamento della sanzione di 1 milione di euro, all'esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i suoi prodotti per sei mesi, alla confisca di 800mila euro e alla pubblicazione della sentenza su una serie di quotidiani nazionali.
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"Viene respinta - spiega Camusso in un'intervista a Repubblica - l'idea che per conseguire il profitto si possano sacrificare le condizioni di sicurezza dei lavoratori.
Ma il segretario della Cgil attacca anche l'esecutivo di centrodestra che - a suo dire - sul tema ha fatto troppo poco: "Io ho visto un governo molto impegnato ad alleggerire la legislazione sulla sicurezza sul lavoro. Quasi un "liberi tutti". Una deriva culturale che porta a sostenere che possa esserci un lavoro senza diritti. Questo c'è. Poi, non c'è dubbio, la crisi economica ha aumentato la pressione sui lavoratori. Non a caso sono aumentate le malattie professionali".
Erano state diverse le reazioni a caldo da parte delle vittime, che avevano comunque plaudito alla decisione del tribunale. Subito dopo la lettura della sentenza, il pm Raffaele Guariniello ha parlato di "una svolta epocale: non era mai successo che per una vicenda di morti sul lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale".
Nella sentenza di primo grado, la Corte ha accolto le richieste dell'accusa anche per gli imputati Marco Pucci, Gerald Priegnitz, Raffaele Salerno e Cosimo Cafueri, tutti accusati di omicidio colposo e condannati a 13 anni e mezzo di reclusione. Per l'imputato Daniele Moroni la pena comminata è stata di 10 anni e 10 mesi, superiore ai nove anni richiesti dall'accusa.
La società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa, chiamata in causa come responsabile civile, è stata condannata al pagamento della sanzione di 1 milione di euro, all'esclusione da agevolazioni e sussidi pubblici per 6 mesi, al divieto di pubblicizzare i suoi prodotti per sei mesi, alla confisca di 800mila euro e alla pubblicazione della sentenza su una serie di quotidiani nazionali.