Secondo i limiti fissati dalla Cassazione, si parla di ingente quantità di stupefacenti solo quando il pusher detiene oltre 50 kg di droghe leggere e oltre 2kg di droghe pesanti come eroina e cocaina
Non possono di regola definirsi 'ingenti' quantitativi di droghe 'pesanti'", quali eroina e cocaina, quelli che "presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei 2 chilogrammi", così come i "quantitativi di droghe 'leggere'", in particolare hashish e marijuana, che "sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo, non superino i 50 kg".
Così la Cassazione fissa i limiti al di là dei quali, per chi è condannato per spaccio di stupefacenti, scatta l'aggravante dell'"ingente quantità": gli ermellini della sesta sezione penale hanno affrontato l'argomento con la sentenza n.12404, annullando con rinvio, limitatamente al punto relativo a tale aggravante, una sentenza della Corte d'appello di Catanzaro, relativa ad un processo a carico di sette imputati, ai quali l'aggravante era stata contestata.
"Va dato rilievo primario - scrive la Suprema Corte - al valore ponderale, considerato in relazione alla qualità della sostanza e specificato in ragione del grado di purezza, e, quindi, delle dosi singole aventi effetti stupefacenti, stabilendosi se esso possa dirsi di 'eccezionale' dimensione rispetto alle usuali transazioni del mercato clandestino". Tale carattere, si legge nella sentenza, "è certamente suscettibile di essere di volta in volta confrontato dal giudice di merito con la corrente realtà del mercato, ma, stando a dati di comune esperienza, apprezzabili a maggior ragione dalla Corte di Cassazione, sede privilegiata in quanto terminale di confluenza di una rappresentazione casistica generale, deve ritenersi che non possono di regola definirsi 'ingenti' quantitativi di droghe 'pesanti' che, presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei due chilogrammi; e quantitativi di droghe 'leggere' che, sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo, non superino i cinquanta chilogrammi".
Così la Cassazione fissa i limiti al di là dei quali, per chi è condannato per spaccio di stupefacenti, scatta l'aggravante dell'"ingente quantità": gli ermellini della sesta sezione penale hanno affrontato l'argomento con la sentenza n.12404, annullando con rinvio, limitatamente al punto relativo a tale aggravante, una sentenza della Corte d'appello di Catanzaro, relativa ad un processo a carico di sette imputati, ai quali l'aggravante era stata contestata.
"Va dato rilievo primario - scrive la Suprema Corte - al valore ponderale, considerato in relazione alla qualità della sostanza e specificato in ragione del grado di purezza, e, quindi, delle dosi singole aventi effetti stupefacenti, stabilendosi se esso possa dirsi di 'eccezionale' dimensione rispetto alle usuali transazioni del mercato clandestino". Tale carattere, si legge nella sentenza, "è certamente suscettibile di essere di volta in volta confrontato dal giudice di merito con la corrente realtà del mercato, ma, stando a dati di comune esperienza, apprezzabili a maggior ragione dalla Corte di Cassazione, sede privilegiata in quanto terminale di confluenza di una rappresentazione casistica generale, deve ritenersi che non possono di regola definirsi 'ingenti' quantitativi di droghe 'pesanti' che, presentando un valore medio di purezza per il tipo di sostanza, siano al di sotto dei due chilogrammi; e quantitativi di droghe 'leggere' che, sempre in considerazione di una percentuale media di principio attivo, non superino i cinquanta chilogrammi".