Il primo marzo gli immigrati di tutta Italia incroceranno le braccia. Un evento che in Sicilia viene vissuto in modo particolare, tra le notizie che arrivano dall'altra sponda del mare e la vicenda di Nouredinne Adnane, che pochi giorni fa si è dato fuoco
Le foto dell'anno scorso
di David Saltuari
Martedì primo marzo, in molte città italiane, i migranti che vivono e lavorano nel nostro paese, scenderanno in piazza per incrociare le braccia. Uno sciopero che vuole dimostrare cosa potrebbe succedere al nostro Paese e alla nostra economia se gli stranieri, per davvero, non ci fossero. L'idea è nata nel 2009 in Francia, ma già dall'anno dopo si è diffusa in molti altri paesi, Italia compresa. La mobilitazione non è organizzata da nessun sindacato o partito, ma i vari comitati cittadini nascono e si coordinano via web attraverso un blog nato apposta. Lo scorso anno si scontrarono con lo scetticismo di molti, riuscendo però a ottenere una grande attenzione e un buon seguito. Quest'anno cercano di bissare. E gli occhi di molti saranno puntati sul primo marzo di Palermo, una delle città più vicine, non solo geograficamente, alle proteste che stanno rivoluzionando il Nord Africa, perché è da qui che veniva Nouredinne Adnane, il ragazzo al quale le manifestazioni di tutta Italia saranno dedicate.
"Il nostro primo marzo è iniziato il 19 febbraio, quando è morto Noureddine." spiega Tindara Ignazzitto, una delle organizzatrici del primo marzo palermitano. Nouredinne Adnane era un ambulante, con regolare licenza, 27enne di origine marocchine. Lo scorso 11 febbraio, per protestare contro i soprusi che avrebbe subito da alcuni vigili, si è dato fuoco: è morto dopo una settimana di agonia. Una storia che a Palermo ha fatto particolarmente male. Qui, spiegano tutti, la comunità nordafricana è molto più antica dell'immigrazione storica in Italia. Qui c'è la più grande comunità tunisina del Paese. Qui pescatori italiani e nordafricani vanno da sempre per mare insieme e l'arabo fa ormai parte della lingua e del cibo. Il confine tra arabo e siciliano è spesso qualcosa di indefinibile. "Quello che è successo a Nouredinne colpisce proprio per questo" continua la Ignazzitto. Come se fosse a rischio un equilibrio storico "quest'anno si avverte un crescere della consapevolezza delle comunità straniere. Abbiamo ricevuto molte più adesioni rispetto all'anno scorso. E penso che quest'anno in piazza ci saranno più stranieri che italiani".
Certo, quello che accade sulle coste del Nord Africa spinge anche molti a una maggiore voglia di partecipare. "Questo sciopero permette agli stranieri di sentirsi finalmente protagonisti" racconta Abraha Yodit, altra organizzatrice del primo marzo palermitano. Una rivolta, quella nordafricana, che viene vissuta dai migranti siciliani con un misto di speranza e paura. "Qui in Sicilia sentiamo la pressione più che da altre parti" spiega Tindara Ignazzitto, "sappiamo che ci sarà un'ondata di persone nuove, molti hanno paura di una guerra tra poveri". Da parte di molti c'è anche la consapevolezza che, se dovessero sbarcare nuovi immigrati, la Sicilia sarà solo terra di passaggio. "Chi arriverà finirà in centri periferici, dove c'è poco contatto con la popolazione locale" spiega Reda Beradi, di origini marocchine ma ormai pienamente italiano. "Chi viene qui punta ad andare al nord e in Europa. Qui non ci sono grandi prospettive. Lo sanno anche quelli che arrivano".
Ma per molti potrebbe diventare l'occasione per un viaggio in direzione contraria. "Anche chi è qui in Italia da quarant'anni sogna sempre di tornare a casa - spiega Abraha Yodit - La scusa per non partire sono sempre le condizioni che si rischiano di trovare. Ora però le cose potrebbero cambiare". Decidere dove costruire la propria identità però è tutt'altro che facile. Lo sa Bassan, nato in Italia da genitori tunisini, tornato nella terra origine da bambino, cresciuto lì per poi rivenire in Italia e, a diciotto anni, ottenere la cittadinanza. Oggi è uno dei tanti nuovi italiani, sospesi tra due mondi. "Il mio cuore è diviso in due" spiega, raccontando come si sente nel vedere quello che accade a Tunisi e alla sua vita in Italia. Lì ci sono affetti, origini e legami, ma lui ha deciso che la sua vita è qui. Ma alla fine non si tratta di uno strappo così drastico. "In fondo Sicilia e Africa sono vicine - spiega ridendo - posso sempre viaggiare e stare un po' qui e un po' lì".
di David Saltuari
Martedì primo marzo, in molte città italiane, i migranti che vivono e lavorano nel nostro paese, scenderanno in piazza per incrociare le braccia. Uno sciopero che vuole dimostrare cosa potrebbe succedere al nostro Paese e alla nostra economia se gli stranieri, per davvero, non ci fossero. L'idea è nata nel 2009 in Francia, ma già dall'anno dopo si è diffusa in molti altri paesi, Italia compresa. La mobilitazione non è organizzata da nessun sindacato o partito, ma i vari comitati cittadini nascono e si coordinano via web attraverso un blog nato apposta. Lo scorso anno si scontrarono con lo scetticismo di molti, riuscendo però a ottenere una grande attenzione e un buon seguito. Quest'anno cercano di bissare. E gli occhi di molti saranno puntati sul primo marzo di Palermo, una delle città più vicine, non solo geograficamente, alle proteste che stanno rivoluzionando il Nord Africa, perché è da qui che veniva Nouredinne Adnane, il ragazzo al quale le manifestazioni di tutta Italia saranno dedicate.
"Il nostro primo marzo è iniziato il 19 febbraio, quando è morto Noureddine." spiega Tindara Ignazzitto, una delle organizzatrici del primo marzo palermitano. Nouredinne Adnane era un ambulante, con regolare licenza, 27enne di origine marocchine. Lo scorso 11 febbraio, per protestare contro i soprusi che avrebbe subito da alcuni vigili, si è dato fuoco: è morto dopo una settimana di agonia. Una storia che a Palermo ha fatto particolarmente male. Qui, spiegano tutti, la comunità nordafricana è molto più antica dell'immigrazione storica in Italia. Qui c'è la più grande comunità tunisina del Paese. Qui pescatori italiani e nordafricani vanno da sempre per mare insieme e l'arabo fa ormai parte della lingua e del cibo. Il confine tra arabo e siciliano è spesso qualcosa di indefinibile. "Quello che è successo a Nouredinne colpisce proprio per questo" continua la Ignazzitto. Come se fosse a rischio un equilibrio storico "quest'anno si avverte un crescere della consapevolezza delle comunità straniere. Abbiamo ricevuto molte più adesioni rispetto all'anno scorso. E penso che quest'anno in piazza ci saranno più stranieri che italiani".
Certo, quello che accade sulle coste del Nord Africa spinge anche molti a una maggiore voglia di partecipare. "Questo sciopero permette agli stranieri di sentirsi finalmente protagonisti" racconta Abraha Yodit, altra organizzatrice del primo marzo palermitano. Una rivolta, quella nordafricana, che viene vissuta dai migranti siciliani con un misto di speranza e paura. "Qui in Sicilia sentiamo la pressione più che da altre parti" spiega Tindara Ignazzitto, "sappiamo che ci sarà un'ondata di persone nuove, molti hanno paura di una guerra tra poveri". Da parte di molti c'è anche la consapevolezza che, se dovessero sbarcare nuovi immigrati, la Sicilia sarà solo terra di passaggio. "Chi arriverà finirà in centri periferici, dove c'è poco contatto con la popolazione locale" spiega Reda Beradi, di origini marocchine ma ormai pienamente italiano. "Chi viene qui punta ad andare al nord e in Europa. Qui non ci sono grandi prospettive. Lo sanno anche quelli che arrivano".
Ma per molti potrebbe diventare l'occasione per un viaggio in direzione contraria. "Anche chi è qui in Italia da quarant'anni sogna sempre di tornare a casa - spiega Abraha Yodit - La scusa per non partire sono sempre le condizioni che si rischiano di trovare. Ora però le cose potrebbero cambiare". Decidere dove costruire la propria identità però è tutt'altro che facile. Lo sa Bassan, nato in Italia da genitori tunisini, tornato nella terra origine da bambino, cresciuto lì per poi rivenire in Italia e, a diciotto anni, ottenere la cittadinanza. Oggi è uno dei tanti nuovi italiani, sospesi tra due mondi. "Il mio cuore è diviso in due" spiega, raccontando come si sente nel vedere quello che accade a Tunisi e alla sua vita in Italia. Lì ci sono affetti, origini e legami, ma lui ha deciso che la sua vita è qui. Ma alla fine non si tratta di uno strappo così drastico. "In fondo Sicilia e Africa sono vicine - spiega ridendo - posso sempre viaggiare e stare un po' qui e un po' lì".