A quattro anni dalla strage, Marzouk commenta a Sky.it il caso Yara: “Non cercate i colpevoli tra gli immigrati”. Oggi il tunisino ha una nuova famiglia a Lecco. Per questo vuole tornare nel nostro Paese, da cui è stato espulso per droga. L’INTERVISTA
LA STRAGE DI ERBA: FOTOSTORIA
di Chiara Ribichini
“Voglio tornare in Italia per stare con la mia nuova famiglia. Sono stato definito socialmente pericoloso. Ma io non ho ucciso nessuno. Al contrario ho perso mia moglie, mio figlio e mia suocera in una strage compiuta da due italiani”. Sono passati quattro anni dalla strage di Erba. Era l'11 dicembre del 2006 quando, in un appartamento di via Diaz, furono uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la madre di Raffaella Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Olindo Romano e Angela Rosa Bazzi sono in carcere, condannati in appello all’ergastolo (il terzo grado di giudizio inizierà nella primavera del 2011). Lui, Azouz Marzouk, oggi vive in Tunisia. Ha lasciato il nostro Paese in base a un provvedimento di espulsione legato a una condanna per droga. “Sono stato definito un soggetto socialmente pericoloso, ma io non ho fatto correre alcun rischio agli italiani. Al contrario: eravamo io e la mia famiglia ad essere in pericolo. E i fatti lo hanno dimostrato”.
Per Azouz l'Italia è un Paese che ha saputo fare giustizia velocemente. Eppure, in un primo momento, le indagini avevano preso una direzione completamente sbagliata. Tutti i sospetti erano ricaduti proprio su di lui. Esattamente come è accaduto al marocchino arrestato, e poi rilasciato, per la scomparsa di Yara.
“Quando ho sentito che all’origine dell’arresto di Fikri c’era un’intercettazione ho pensato subito che potesse esserci un errore di traduzione. Capita spesso. E mi fa specie che si continuino a cercare i colpevoli tra gli extracomunitari nonostante la cronaca dimostri che nella maggior parte dei casi i responsabili sono italiani”.
Nella casa teatro della strage oggi non c'è così più nessuno. E la famiglia Castagna, in accordo con Azouz, ha deciso di metterla a disposizione delle persone in difficoltà. Sabato 11 dicembre ci sarà la consegna ufficiale delle chiavi alla Parrocchia Santa Maria Nascente di Erba. “Era l’unica cosa che potevamo fare. Mio suocero, Carlo Castagna, avrebbe voluto che ci fossi anche io alla cerimonia. Ma non mi è concesso tornare nel vostro Paese”.
Nonostante nel "nostro Paese" Azouz abbia lasciato la nuova vita che “faticosamente" è riuscito a ricostruirsi: Michela e Melika, rispettivamente la sua seconda moglie e la figlia, nata lo scorso luglio, vivono infatti a Lecco.
L’avvocato del tunisino Roberto Tropenscovino ha presentato un ricorso contro il decreto di espulsione per il ricongiungimento familiare. “Non ho visto nascere mia figlia, non sono stato vicino a mia moglie quando aveva le contrazioni. Anche ora che ha dei problemi di salute non posso esserle vicino. Credo sia un diritto di qualsiasi persona, non solo mio, vivere con la propria famiglia. In Italia, in Africa o in Afghanistan” dice Azouz. Nei confronti dell’Italia, però, non ha nessun rancore perché “è il Paese di mia moglie e di mia figlia e perché “gli italiani mi hanno dato tanta solidarietà. Ho ricevuto tanti messaggi di vicinanza in tutti i luoghi in cui ho vissuto: ad Erba, in Piemonte e a Lecco”.
Nessun perdono invece per Rosa e Olindo: “Questi due non si sono degnati neanche di chiedere scusa e continuano solo a buttare fango su di me. Continuano a dire agli inquirenti di cercare bene nell’ambiente di Azouz. E un giorno attaccano me, un altro i miei cognati. Continuano a cercare di arrampicarsi sui vetri”.
Anche se lontano, Azouz segue con attenzione tutte le vicende italiane. E il suo pensiero corre a Yara: “Spero che ritorni e che non sia un altro caso come Sarah Scazzi. Ai suoi genitori voglio esprimere tutta la mia solidarietà e tutto il mio dispiacere”.
Come l’omicidio di Sarah Scazzi, anche la strage di Erba ha suscitato molte polemiche per l’eccessiva spettacolarizzazione da parte dei media. Polemiche che hanno coinvolto lo stesso Azouz per la sua presenza costante in tv. “La visibilità è anche solidarietà” sottolinea il tunisino che non nega però il desiderio ancora presente di lavorare nel mondo dello spettacolo. “Io non ho mai cercato né televisioni né giornalisti. Non mi è stato proposto niente e se dovesse arrivare un'opportunità non vedo cosa ci sarebbe di male. La vita deve andare avanti”.
di Chiara Ribichini
“Voglio tornare in Italia per stare con la mia nuova famiglia. Sono stato definito socialmente pericoloso. Ma io non ho ucciso nessuno. Al contrario ho perso mia moglie, mio figlio e mia suocera in una strage compiuta da due italiani”. Sono passati quattro anni dalla strage di Erba. Era l'11 dicembre del 2006 quando, in un appartamento di via Diaz, furono uccisi Raffaella Castagna, il figlio Youssef, la madre di Raffaella Paola Galli e la vicina di casa Valeria Cherubini. Olindo Romano e Angela Rosa Bazzi sono in carcere, condannati in appello all’ergastolo (il terzo grado di giudizio inizierà nella primavera del 2011). Lui, Azouz Marzouk, oggi vive in Tunisia. Ha lasciato il nostro Paese in base a un provvedimento di espulsione legato a una condanna per droga. “Sono stato definito un soggetto socialmente pericoloso, ma io non ho fatto correre alcun rischio agli italiani. Al contrario: eravamo io e la mia famiglia ad essere in pericolo. E i fatti lo hanno dimostrato”.
Per Azouz l'Italia è un Paese che ha saputo fare giustizia velocemente. Eppure, in un primo momento, le indagini avevano preso una direzione completamente sbagliata. Tutti i sospetti erano ricaduti proprio su di lui. Esattamente come è accaduto al marocchino arrestato, e poi rilasciato, per la scomparsa di Yara.
“Quando ho sentito che all’origine dell’arresto di Fikri c’era un’intercettazione ho pensato subito che potesse esserci un errore di traduzione. Capita spesso. E mi fa specie che si continuino a cercare i colpevoli tra gli extracomunitari nonostante la cronaca dimostri che nella maggior parte dei casi i responsabili sono italiani”.
Nella casa teatro della strage oggi non c'è così più nessuno. E la famiglia Castagna, in accordo con Azouz, ha deciso di metterla a disposizione delle persone in difficoltà. Sabato 11 dicembre ci sarà la consegna ufficiale delle chiavi alla Parrocchia Santa Maria Nascente di Erba. “Era l’unica cosa che potevamo fare. Mio suocero, Carlo Castagna, avrebbe voluto che ci fossi anche io alla cerimonia. Ma non mi è concesso tornare nel vostro Paese”.
Nonostante nel "nostro Paese" Azouz abbia lasciato la nuova vita che “faticosamente" è riuscito a ricostruirsi: Michela e Melika, rispettivamente la sua seconda moglie e la figlia, nata lo scorso luglio, vivono infatti a Lecco.
L’avvocato del tunisino Roberto Tropenscovino ha presentato un ricorso contro il decreto di espulsione per il ricongiungimento familiare. “Non ho visto nascere mia figlia, non sono stato vicino a mia moglie quando aveva le contrazioni. Anche ora che ha dei problemi di salute non posso esserle vicino. Credo sia un diritto di qualsiasi persona, non solo mio, vivere con la propria famiglia. In Italia, in Africa o in Afghanistan” dice Azouz. Nei confronti dell’Italia, però, non ha nessun rancore perché “è il Paese di mia moglie e di mia figlia e perché “gli italiani mi hanno dato tanta solidarietà. Ho ricevuto tanti messaggi di vicinanza in tutti i luoghi in cui ho vissuto: ad Erba, in Piemonte e a Lecco”.
Nessun perdono invece per Rosa e Olindo: “Questi due non si sono degnati neanche di chiedere scusa e continuano solo a buttare fango su di me. Continuano a dire agli inquirenti di cercare bene nell’ambiente di Azouz. E un giorno attaccano me, un altro i miei cognati. Continuano a cercare di arrampicarsi sui vetri”.
Anche se lontano, Azouz segue con attenzione tutte le vicende italiane. E il suo pensiero corre a Yara: “Spero che ritorni e che non sia un altro caso come Sarah Scazzi. Ai suoi genitori voglio esprimere tutta la mia solidarietà e tutto il mio dispiacere”.
Come l’omicidio di Sarah Scazzi, anche la strage di Erba ha suscitato molte polemiche per l’eccessiva spettacolarizzazione da parte dei media. Polemiche che hanno coinvolto lo stesso Azouz per la sua presenza costante in tv. “La visibilità è anche solidarietà” sottolinea il tunisino che non nega però il desiderio ancora presente di lavorare nel mondo dello spettacolo. “Io non ho mai cercato né televisioni né giornalisti. Non mi è stato proposto niente e se dovesse arrivare un'opportunità non vedo cosa ci sarebbe di male. La vita deve andare avanti”.