Bunga Bunga o Unga Bunga, tra barzellette e cartoon
CronacaIl tormentone è destinato a dilagare, per quel termine esotico dalla pronuncia facile che rimbalza dalle cronache delle serate del premier Berlusconi e dilaga già in rete. Con canzoni pop, vecchi cartoni animati e parodie
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(in fondo all'articolo tutti i video sul caso Ruby)
di Raffaele Mastrolonardo
Da Casoria alla musica punk passando per il rap e i cartoni animati. Il “bunga bunga” riportato in auge in questi giorni dalle dichiarazioni di Ruby, la giovane marocchina che avrebbe partecipato alle feste del premier, vive da tempo nella cultura popolare globale e ha lasciato tracce in rete nei contesti più disparati, sempre e comunque nel segno del pop.
Principale veicolo dell'espressione sono, ovviamente, le barzellette, come quella raccontata da Silvio Berlusconi a Noemi Letizia qualche tempo addietro. Il plot è sempre lo stesso: tre (o due) occidentali nella foresta che vengono violentati dai membri di una tribù indigena. Proprio a queste vicende fanno riferimento le definizioni di “Bunga Bunga” offerte da alcuni dizionari gergali.
Ovviamente, come sempre accade per leggende metropolitane, favole e scherzi, le varianti della storia sono molteplici. I protagonisti possono essere, di volta in volta, genericamente tre uomini sperduti in un'isola, tre missionari, o anche tre scienziati in cerca di farfalle nella foresta. Senza dimenticare i due ministri del governo Prodi come nella versione berlusconiana.
Ma l'identificazione delle vittime non è l'unico elemento mobile. Le barzellette differiscono anche nell'espressione: “Bunga bunga” o, più spesso, “Unga bunga”, mentre la battuta finale muta a seconda dei contesti. A volte, come nel caso del ministro prodiano, al malcapitato che sceglie l'opzione di morire viene somministrata prima una sessione di “bunga bunga” e poi, subito dopo, la morte liberatoria. In altre occasioni, invece, la battuta recita: “morte, ma per unga bunga!”.
E proprio l'espressione inglese “death by unga bunga” risulta, ad una prima esplorazione della rete, quella entrata maggiormente nell'immaginario pop. Dà il titolo ad un disco del gruppo punk The Mummies e il nome a una band norvegese.
In certi casi, invece, le due espressioni si uniscono, come in “Unga bunga bunga”, titolo di un brano del rapper Flavor Flav.
Andando indietro nella storia, va infine notato che la stessa sequenza di parole compare ripetutamente in un dialogo tra il coniglio Bugs Bunny e un “indigeno” in un cartone animato del 1950.
Il cartone è oggi giudicato offensivo tanto che non è stato inserito nella "maratona" televisiva di celebrazione del 2001 ma sua battuta più famosa spopola oggi nel dibattito politico italiano contemporaneo ed è già oggetto sberleffi e parodie in rete.
C'è chi ha creato un gruppo su Facebook intitolato "Giocare a Bunga Bunga dopo una cena con amici" e chi si è divertito a doppiare la celebra scena del film Animal House con John Belushi quando i ragazzi della fraternity Delta tau Chi decidono di organizzare un "toga party". Che in questo caso, naturalmente, diventa un bunga party.
Tutti i video sul caso Ruby:
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Principale veicolo dell'espressione sono, ovviamente, le barzellette, come quella raccontata da Silvio Berlusconi a Noemi Letizia qualche tempo addietro. Il plot è sempre lo stesso: tre (o due) occidentali nella foresta che vengono violentati dai membri di una tribù indigena. Proprio a queste vicende fanno riferimento le definizioni di “Bunga Bunga” offerte da alcuni dizionari gergali.
Ovviamente, come sempre accade per leggende metropolitane, favole e scherzi, le varianti della storia sono molteplici. I protagonisti possono essere, di volta in volta, genericamente tre uomini sperduti in un'isola, tre missionari, o anche tre scienziati in cerca di farfalle nella foresta. Senza dimenticare i due ministri del governo Prodi come nella versione berlusconiana.
Ma l'identificazione delle vittime non è l'unico elemento mobile. Le barzellette differiscono anche nell'espressione: “Bunga bunga” o, più spesso, “Unga bunga”, mentre la battuta finale muta a seconda dei contesti. A volte, come nel caso del ministro prodiano, al malcapitato che sceglie l'opzione di morire viene somministrata prima una sessione di “bunga bunga” e poi, subito dopo, la morte liberatoria. In altre occasioni, invece, la battuta recita: “morte, ma per unga bunga!”.
E proprio l'espressione inglese “death by unga bunga” risulta, ad una prima esplorazione della rete, quella entrata maggiormente nell'immaginario pop. Dà il titolo ad un disco del gruppo punk The Mummies e il nome a una band norvegese.
In certi casi, invece, le due espressioni si uniscono, come in “Unga bunga bunga”, titolo di un brano del rapper Flavor Flav.
Andando indietro nella storia, va infine notato che la stessa sequenza di parole compare ripetutamente in un dialogo tra il coniglio Bugs Bunny e un “indigeno” in un cartone animato del 1950.
Il cartone è oggi giudicato offensivo tanto che non è stato inserito nella "maratona" televisiva di celebrazione del 2001 ma sua battuta più famosa spopola oggi nel dibattito politico italiano contemporaneo ed è già oggetto sberleffi e parodie in rete.
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