Dieci mesi dopo, a L'Aquila "lo spettacolo delle macerie"

Cronaca
L'Aquila, 14 febbraio: un momento della manifestazione di protesta
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Samanta Di Persio, autrice del libro "Ju tarramutu", è una delle 300 persone che hanno forzato l'area off limits del capoluogo abruzzese. E a SKY.IT dice: "Di ricostruzione non se ne parla. Non esiste nessun piano sul rifacimento del centro storico"

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di Daniele Troilo

Quando anche l’ultima transenna sistemata lungo piazza Palazzo è caduta per terra, aprendo di fatto le porte della zona rossa della “città perduta”, hanno finalmente potuto vedere anche loro lo spettacolo. “Lo spettacolo delle macerie”, precisa Samanta Di Persio. È la giovane autrice del libro “Ju tarramutu”, ricostruzione dell’inferno vissuto a L’Aquila prima e dopo il sisma. Da diversi anni impegnata per i diritti dei lavoratori e sostenitrice delle iniziative promosse dal gruppo di Beppe Grillo, ha scritto in precedenza  anche il libro “Morti Bianche”.
Domenica era una della 300 persone che hanno forzato l’area off limits del capoluogo abruzzese per “riprendersi la città”, anche se distrutta, e per ricordare ancora una volta che loro, a differenza di qualcun altro, “alle 3:32 non ridevano” (affermazione condivisa anche dal sindaco de L'aquila).
“Di ricostruzione non se ne parla. Non esiste nessun piano sul rifacimento del centro storico. Forse, da quanto emerge dalle intercettazioni uscite in questi giorni, era una torta da spartire nel futuro”, spiega lei. Il riferimento è alla conversazione tra l’imprenditore Francesco Maria Piscicelli e suo cognato Pierfrancesco Gagliardi la mattina del 6 aprile, dopo la scossa più forte. Gli “scacalli”, come ormai li chiamano tutti. Dall’orgoglio ferito è nato un gruppo su Facebook che, creato pochi giorni fa, ora annovera più di 41 mila membri. “Ciò che fa male di quelle intercettazioni è l’indifferenza di certa gente di fronte a una catastrofe dove ci sono dei morti”, continua la scrittrice aquilana che non nasconde il suo disappunto quando commenta la lettera aperta inviata da Piscicelli agli aquilani: “Lacrime di coccodrillo, facile scusarsi con il senno di poi. Ma, soprattutto, non sappiamo nemmeno quanto siano sincere queste scuse”.

È stata questa la molla che ha fatto scattare gli aquilani. Le intercettazioni in cui i due imprenditori sembrano voler organizzare il “sacco” dell’Aquila e che in queste ore si scaricano la colpa a vicenda in un esercizio di maturità degno di questa Italia. “La manifestazione è nata proprio per sottolineare il fatto che mentre loro ridevano c’era gente che qui moriva. Ma l’intenzione era anche quella di rientrare nella città, riappropriarci delle nostre piazze, visto che è ormai chiaro che non c’è nessuna intenzione da parte delle autorità di riaprirla. Non è vero che L’Aquila è stata ricostruita (SKY.it aveva documentato con un fotoreportage  la situazione a L’Aquila cinque mesi dopo il terremoto, ndr). Abbiamo avuto soltanto nuove costruzioni, ma solo oggi forse capiamo qual era il disegno”.

Nel suo libro, uscito molto prima dello scandalo sugli appalti per le Grandi Opere, si parla già di “arroganza dei vertici della Protezione civile”. “Era del tutto evidente – dice –  noi abbiamo subìto davvero la militarizzazione della città, la sospensione dei diritti costituzionali. In quei mesi non era possibile fare cose normali: indire un’assemblea, fare volantinaggio, bere il caffè insieme. Semplicemente perché erano vietati gli assembramenti”. Forse per evitare che le gente parlasse. E capisse.

Ora che le intercettazioni e le indagini della procura di Firenze hanno aperto un solco all’interno della Protezione civile diventa ancora più difficile tenere separata la realtà dai sospetti: “Sembra quasi che si stesse aspettando la tragedia, proprio perché poi nelle tragedie c’è sempre qualcuno che ci specula. Le imprese aquilane non hanno potuto partecipare alle gare per il progetto case per via dei tempi troppo ristretti. Sono state gare false”, sostiene.

Spetterà ai giudici stabilire se vi siano state o meno delle irregolarità. Intanto gli aquilani sono pronti a tornare in piazza: “Aspettiamo delle risposte per la riapertura della città. Se non arriveranno, tra dieci-quindici giorni torneremo a manifestare. Anche per far capire agli italiani che sono state raccontate tante bugie e si è costruita una campagna elettorale sull’Abruzzo”.

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