RapeLay e Itazura Gokuaku, i videogiochi della polemica

Cronaca
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Il mercato giapponese dei videogame continua a stupire con giochi ad alto contenuto violento. Ora basta un click per diventare stupratori seriali. Polemiche da tutti i fronti, ma c’è anche chi osserva: “È solo il riflesso della nostra società”.

di Floriana Ferrando

Violenza sulle donne, tra le mura di casa o per strade. Situazioni drammatiche sempre più all’ordine del giorno. Se i numeri reali non bastano, ecco in arrivo dal Giappone Itazura Gokuaku, il nuovo videogioco lanciato dalla casa di produzione Illusion.

La storia ruota attorno ad un maniaco sessuale che gira per la città alla ricerca di nuove vittime. Ma non aspettatevi l’eroe che grazie ai super-poteri salva la sfortunata donzella. Al contrario, l’utente è chiamato proprio a vestire i panni del “mostro”.

Itazura Gokuaku è in realtà la versione aggiornata del precedente RapeLay lanciato nel 2006, macabra fusione dei termini inglesi rape (stupro) e  replay (ripetizione). Inizialmente in vendita solo in Giappone, RapeLay è finito nei mesi scorsi anche sul canale inglese di Amazon, ma la ha avuto vita breve ed è stato presto ritirato dallo store virtuale, in seguito alle proteste trasversali di genitori, femministe ed esponenti politici. La laburista Keith Vaz ha addirittura portato la questione in Parlamento.

Non è bastata però la semplice rimozione da Amazon. RapeLay è infatti diventato uno dei titoli più scaricati sui servizi di filesharing, provocando polemiche in Francia, Stati Uniti e ora anche in Italia. Dal sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al Ministro della Gioventù, Giorgia Meloni, fino all’associazione Telefono Rosa, il coro è unanime: rimuoviamolo dalla Rete.

Se la possibilità di insultare e violentare non basta, non si può rimanere indifferenti quando fra le vittime della violenza c’è anche una ragazzina minorenne. “Che facciamo, eccitiamo la fantasia dei pedofili?”, sottolinea Telefono Rosa, appoggiato dall’Associazione Telespettatori Cattolici AIART.

L’Associazione Editori Software Videoludico Italiana (AESVI) ha oggi rilasciato un comunicato stampa dove sottolinea che “Questo tipo di contenuto è da considerarsi inaccettabile in ogni tipo di media, compresi i videogiochi”.

Chi il gioco lo ha ideato e sviluppato porta avanti un’ardita difesa sociologica: lo stupratore virtuale canalizzerebbe la violenza latente davanti al pc. Quindi seviziare una bimba sul web diventa un modo per esorcizzare la violenza sulle donne in carne ed ossa. Una teoria francamente inaccettabile.

Anche la Rete si è mobilitata. Su Facebook il gruppo “No a RapeLay” raccoglie più di quattrocento membri. C’è anche chi cerca di buttare acqua sul fuoco: qualcuno dice che di giochi simili è pieno il mondo, chi sostiene invece di averlo provato e di non averci trovate niente di sconvolgente.

L’Illusion non si è fatta però piegare dalle critiche, anzi. Ora è tornata all’attacco con Itazura Gokuak. Una versione più evoluta e realistica di RapeLay, con tanto di 3D: ecco così che le urla di terrore e i singhiozzi di disperazione si fanno terribilmente reali. Più ragazze aggredisci, più sali in classifica.

L’Illusion non è nuova a contenuti di questo tipo. Basta ricordare titoli come Battle Raper o Artificial Girl. L’esperta di storia e cultura giapponese Ornella Civardi fa alcune distinzioni antropologiche: “Per i giapponesi un corpo nudo è qualcosa di naturale, dunque bello e libero da tabù. Nel video la violenza associata all’atto è senz’altro esagerata. Ma è una componente tipica della sessualità in quel Paese”.

Tuttavia, più che scandalizzarsi ci sarebbe da preoccuparsi. Secondo Holly, game designer e creatrice del blog Feministe, il problema non è tanto il gioco in sé, quanto ciò che rappresenta: un perfetto specchio della realtà. “RapeLay non è nulla di nuovo. Fino a quando non si troveranno modi per desensibilizzare verso il problema della violenza sulle donne, giochi del genere continueranno ad avere seguito” .

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