Immigrazione, arriva lo sciopero degli stranieri
CronacaIl primo marzo del 2010 gli stranieri in Italia incroceranno le braccia per protestare contro la discriminazione e dimostrare quanto ormai siano importanti nel funzionamento del paese. Come per il No B Day, il canale d'informazione principale è la rete.
"T’immagini la faccia che farebbero se da domani davvero, davvero tutti quanti smettessimo", cantava Vasco nel 1985. Più di venti anni dopo, torna la stessa domanda. Ma cambia il soggetto: e se davvero gli immigrati smettessero? Smettessero di lavorare, di fare la spesa, di prendere autobus e metropolitane. Che faccia farebbe chi pensa che siano solo «una massa informe di parassiti e opportunisti», chi li discrimina o ne ostacola l’integrazione? Forse inizierebbe a rendersi conto che gli immigrati lavorano «in Italia e per l’Italia, spesso in condizioni durissime e in violazione dei più elementari diritti umani». Inizierebbe forse ad «apprezzarne e riconoscerne la funzione nella società». Ed è proprio il risultato cui mira lo “Sciopero degli stranieri”, indetto per il primo marzo 2010.
Una giornata senza immigrati. “24 ore senza di noi”. Senza colf e badanti, operai e raccoglitori di pomodori, saldatori e addetti alle pulizie, ma anche mediatori culturali, infermieri e medici. L’idea è nata in Francia. Stefania Ragusa, Daimarely Quintero e Cristina Seynabou Sebastiani, tre amiche impegnate nel sociale, hanno deciso di farla propria e rilanciarla in Italia, attraverso un blog e Facebook. Il risultato sono circa seimila adesioni raccolte in un solo mese, mentre ancora si sta organizzando il “collettivo” dei promotori, che «nasce già meticcio ed è orgoglioso – si legge nella bozza di manifesto - di riunire al proprio interno italiani, stranieri, G2 (seconde generazioni) e chiunque ne voglia far parte».
Una iniziativa della società civile, insomma. Che il primo marzo vuole far sentire la voce degli immigrati (4 milioni e mezzo solo quelli regolari, secondo la Caritas) attraverso l’astensione dal lavoro («per chi se la può permettere»), ma anche con lo sciopero degli acquisti e degli spostamenti sui mezzi pubblici, e con iniziative di piazza.
Parte tutto da Internet, come per il No B Day. Ma dalla Rete gli organizzatori puntano a uscire, con la creazione di comitati cittadini, per un più largo coinvolgimento degli immigrati. Il manifesto, che sarà presentato ufficialmente a gennaio, verrà tradotto in numerose lingue (dal rumeno al bengali, dall’arabo al cinese). Lo sciopero, però, sarà non solo “degli immigrati”, ma di tutti quegli italiani che si sentono “stranieri”, in quanto «estranei al clima di razzismo e intolleranza che sta ammorbando l’Italia», spiega Stefania Ragusa.
«Siamo indignati dalle campagne denigratorie che hanno investito gli stranieri in questo Paese, determinando un clima di barbaro razzismo e portando all’approvazione di leggi discriminatorie», si legge nella bozza di manifesto. Che potrebbe incontrare, come il No B Day, il sostegno di partiti e sindacati. A titolo personale ha già aderito Giuseppe Civati, del Pd. Mentre Emma Bonino si è detta da subito favorevole a replicare l’iniziativa francese in Italia.
Quello del primo marzo 2010 sarà il primo sciopero nazionale “degli stranieri”. Ma vanta un significativo precedente a livello locale: 20 settembre 1989, dopo l’omicidio di Jerry Essan Masslo, gli immigrati scioperano a Villa Literno, contro il caporalato e la camorra.
Una giornata senza immigrati. “24 ore senza di noi”. Senza colf e badanti, operai e raccoglitori di pomodori, saldatori e addetti alle pulizie, ma anche mediatori culturali, infermieri e medici. L’idea è nata in Francia. Stefania Ragusa, Daimarely Quintero e Cristina Seynabou Sebastiani, tre amiche impegnate nel sociale, hanno deciso di farla propria e rilanciarla in Italia, attraverso un blog e Facebook. Il risultato sono circa seimila adesioni raccolte in un solo mese, mentre ancora si sta organizzando il “collettivo” dei promotori, che «nasce già meticcio ed è orgoglioso – si legge nella bozza di manifesto - di riunire al proprio interno italiani, stranieri, G2 (seconde generazioni) e chiunque ne voglia far parte».
Una iniziativa della società civile, insomma. Che il primo marzo vuole far sentire la voce degli immigrati (4 milioni e mezzo solo quelli regolari, secondo la Caritas) attraverso l’astensione dal lavoro («per chi se la può permettere»), ma anche con lo sciopero degli acquisti e degli spostamenti sui mezzi pubblici, e con iniziative di piazza.
Parte tutto da Internet, come per il No B Day. Ma dalla Rete gli organizzatori puntano a uscire, con la creazione di comitati cittadini, per un più largo coinvolgimento degli immigrati. Il manifesto, che sarà presentato ufficialmente a gennaio, verrà tradotto in numerose lingue (dal rumeno al bengali, dall’arabo al cinese). Lo sciopero, però, sarà non solo “degli immigrati”, ma di tutti quegli italiani che si sentono “stranieri”, in quanto «estranei al clima di razzismo e intolleranza che sta ammorbando l’Italia», spiega Stefania Ragusa.
«Siamo indignati dalle campagne denigratorie che hanno investito gli stranieri in questo Paese, determinando un clima di barbaro razzismo e portando all’approvazione di leggi discriminatorie», si legge nella bozza di manifesto. Che potrebbe incontrare, come il No B Day, il sostegno di partiti e sindacati. A titolo personale ha già aderito Giuseppe Civati, del Pd. Mentre Emma Bonino si è detta da subito favorevole a replicare l’iniziativa francese in Italia.
Quello del primo marzo 2010 sarà il primo sciopero nazionale “degli stranieri”. Ma vanta un significativo precedente a livello locale: 20 settembre 1989, dopo l’omicidio di Jerry Essan Masslo, gli immigrati scioperano a Villa Literno, contro il caporalato e la camorra.