Nella Capitale si cerca l'uomo che ha violentato una ragazza nel garage della sua abitazione. Analogie con la violenza alla Bufalotta. Dopo le indiscrezioni giunte in mattinata arriva la conferma l'aggressore dei due casi è lo stesso
Le violenze sessuali che si sono consumate alla Bufalotta, l'8 giugno scorso, e giovedì notte nel quartiere Ardeatino sono collegate da due elementi: il nastro adesivo usato dal violentatore per impedire alla vittima di gridare e il modello di passamontagna, un "Mefisto", quest'ultimo comunemente utilizzato come sottocasco dai motociclisti.
I due elementi farebbero pensare ad un unico autore per i due delitti, mentre la polizia sta passando al vaglio altri casi di stupri per rintracciare altre analogie. I due casi sono collegati anche dalle circostanze in cui sono avvenuti: entrambi in un garage, entrambi ai danni di due ragazze che rientravano in casa a notte inoltrata.
Secondo voci non confermate dal confronto tra le tracce di Dna lasciate dall'aggressore della Bufalotta e quelle lasciate a Tor Carbone emergerebbe che si tratta dello stesso Dna per i due casi.
Fonti investigative della Questura di Roma precisano però che l'esame "non è ancora stato completato". Ed è pertanto prematuro dare solidità scientifica all'ipotesi che nella capitale sia in azione uno stupratore seriale. L'esame in questione, confermano gli esperti della Polizia scientifica, anche quando e' limitato ad una singola traccia, richiedono "un tempo minimo di 48 ore".
Si lavora ancora sul profilo dello stupratore: sembrerebbe trattarsi di un "disorganizer", per usare la terminologia utilizzata dai criminologi americani per indicare chi colpisce senza pianificare l'azione. Stando poi alla dinamica dell'evento, sembrerebbe trattarsi di un uomo non avvezzo ad atti di violenza, un soggetto che di fronte ad una ragazza che grida a squarciagola si darebbe alla fuga: insomma, dicono gli investigatori, "non si tratta di un barbablu'". Lo stupratore avrebbe scelto solamente la zona, appostandosi ad un incrocio e attendendo che passasse una vittima. Dopodiche' ha seguito la ragazza fino al cancello automatico che dava nei box-auto, lo ha fermato sistemando una pecetta sulla fotocellula ed ha seguito la propria vittima fin nel garage per poi violentarla all'interno dell'auto. Manca, fino a questo momento, la "firma", ovvero quell'elemento superfluo rispetto al delitto compiuto che collegherebbe senza alcun dubbio i delitti fra loro.
I due elementi farebbero pensare ad un unico autore per i due delitti, mentre la polizia sta passando al vaglio altri casi di stupri per rintracciare altre analogie. I due casi sono collegati anche dalle circostanze in cui sono avvenuti: entrambi in un garage, entrambi ai danni di due ragazze che rientravano in casa a notte inoltrata.
Secondo voci non confermate dal confronto tra le tracce di Dna lasciate dall'aggressore della Bufalotta e quelle lasciate a Tor Carbone emergerebbe che si tratta dello stesso Dna per i due casi.
Fonti investigative della Questura di Roma precisano però che l'esame "non è ancora stato completato". Ed è pertanto prematuro dare solidità scientifica all'ipotesi che nella capitale sia in azione uno stupratore seriale. L'esame in questione, confermano gli esperti della Polizia scientifica, anche quando e' limitato ad una singola traccia, richiedono "un tempo minimo di 48 ore".
Si lavora ancora sul profilo dello stupratore: sembrerebbe trattarsi di un "disorganizer", per usare la terminologia utilizzata dai criminologi americani per indicare chi colpisce senza pianificare l'azione. Stando poi alla dinamica dell'evento, sembrerebbe trattarsi di un uomo non avvezzo ad atti di violenza, un soggetto che di fronte ad una ragazza che grida a squarciagola si darebbe alla fuga: insomma, dicono gli investigatori, "non si tratta di un barbablu'". Lo stupratore avrebbe scelto solamente la zona, appostandosi ad un incrocio e attendendo che passasse una vittima. Dopodiche' ha seguito la ragazza fino al cancello automatico che dava nei box-auto, lo ha fermato sistemando una pecetta sulla fotocellula ed ha seguito la propria vittima fin nel garage per poi violentarla all'interno dell'auto. Manca, fino a questo momento, la "firma", ovvero quell'elemento superfluo rispetto al delitto compiuto che collegherebbe senza alcun dubbio i delitti fra loro.