Uragani atlantici, stagione 2020: cosa dobbiamo aspettarci a settembre

Ambiente

Gabriele De Palma

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Un’estate particolarmente fitta di cicloni tropicali di grande intensità tanto che, a fine stagione, potrebbe non bastare l’alfabeto

Una stagione decisamente movimentata quella degli uragani atlantici in questa estate-autunno del 2020. Iniziata prima del primo giugno e a metà settembre già arrivata alla fine dell’alfabeto con cui si attribuiscono i nomi (da parte della National Oceanographic and Atmospheric Administration statunitense, massima autorità in materia) a quei cicloni tropicali di particolare intensità. Una stagione che si protrarrà almeno fino a fine novembre, se non oltre.

Sopra la media

Per valutare l’intensità dell’annata 2020 è sufficiente confrontarla con le medie storiche del nord atlantico. Le registrazioni attendibili sono iniziate nel 1966 (in realtà le prime risalgono al 1851 ma effettuate con strumenti assai rudimentali e sparuti) e da allora fino al 2017 abbiamo assistito a una media di 11 cicloni tropicali, di cui 6 trasformati in uragani e poco più di due in uragani maggiori (e cioè di categoria superiore a 3 sulla scala Saffir-Simpson). Quest’anno, appena superata la soglia di metà stagione, abbiamo avuto 20 cicloni tropicali, di cui 7 mutati in uragani e 1 in uragano maggiore (Laura).

 

Stagione precoce

La stagione degli uragani atlantici, quest’anno, non solo è intensa ma è anche iniziata prima del previsto. Solitamente la stagione si calcola a partire dal primo giugno - e termina il 30 novembre - perché in media negli anni passati le possibilità che si verificassero cicloni tropicali prima di giugno era statisticamente non significativa. Nel 2020, invece, nella seconda metà di maggio si sono manifestati ben due cicloni tropicali, Arthur e Bertha rispettivamente il 16 e il 27 di maggio.

Ed è il sesto anno consecutivo che la natura anticipa i calcoli dei meteorologi.

 

Stagione intensa

Oltre all’anticipo c’è stato anche un vero e proprio accavallarsi di fenomeni tanto intensi da meritarsi un nome dalla NOOA. A giugno ne abbiamo avuti due (Cristobal e Dolly), quattro a luglio (Edouard, Fay, Gonzalo e Hanna) e cinque ad agosto (Isaiah, Josephine, Kyle, l’uragano maggiore Laura e l’uragano Marco). Il picco di concentrazione si è registrato a settembre, con addirittura sette cicloni tropicali, di cui tre uragani, entro metà settembre (Omar, l’uragano Nana, l’uragano Paulette, Rene e l’uragano Sally più Teddy e Vicky attualmente in corso di dispiegamento). È vero che metà settembre è sempre stato il periodo più affollato della stagione, ma il 2020 sta abbattendo ogni record di formazione di cicloni tropicali e di uragani.

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I motivi

Sono almeno due le concause di questa annata particolarmente fitta di uragani. La prima è il riscaldamento degli Oceani, con l'innalzamento delle temperature delle acque che favorisce la formazione di cellule temporalesche all’altezza del Tropico del Cancro nell’Atlantico orientale

Uragani, tifoni e cicloni. Il secondo, più specifico del 2020 è la presenza di quelle condizioni atmosferiche note come la Nina, che comportano un ulteriore innalzamento delle temperature dell’Atlantico.

 

Le previsioni

Le previsioni esistono per essere smentite, e a confermarlo è l’andamento di quelle diramate dal NOOA. A luglio si ipotizzavano 20 cicloni tropicali, a inizio agosto il numero è cresciuto a 24 cicloni tropicali di cui 5 uragani maggiori e a fine agosto siamo arrivati a 25. Statisticamente sarebbe lecito attendersi ancora due cicloni a ottobre e almeno uno a novembre. Quel che è facile prevedere è che, per la seconda volta nella storia dopo il 2005, non sarà sufficiente l’alfabeto inglese per battezzare tutti i fenomeni ciclonici in transito sull’Atlantico da qui a fine novembre. E come in quel caso per nominarli sarà necessario ricorrere alle lettere dell’alfabeto greco.

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