La distinzione tra una pianta Ogm e una non Ogm dipende dalla tecnica utilizzata per modificarla, più che dal risultato. Ne parleremo nello speciale Un piatto di salute, in onda lunedì 3 dicembre alle 20.20 su Sky Tg24 e in streaming sul nostro sito. LO SPECIALE
Gli Ogm sono un tema divisivo, ma pochi sanno esattamente cosa siano. In Italia non si possono coltivare ma alcune varietà di mais, soia, colza e mais – indicate dalla Commissione europea - si possono importare. Ben l’87% dei mangimi animali contiene Ogm anche perché è Ogm – ad esempio – il 77% della soia coltivata nel mondo, mentre la la presenza negli alimenti che troviamo al supermercato è molto bassa, circa il 4% stando ai risultati di un’indagine del ministero della Salute. Se gli alimenti che contengano più dello 0,9% di ingredienti Ogm devono indicarlo in etichetta, non è necessario che il latte o la carne provenienti da un animale alimentato con mangimi Ogm siano etichettati “Ogm” (LO SPECIALE).
Ogm, una definizione legale
Ma che cosa si intende per Ogm? Non basta che un organismo sia stato “geneticamente modificato” a renderlo, da un punto di vista legale, un Ogm. Così come non basta che sia resistente a un dato pesticida o che sia più resistente a un fungo o una malattia. Questa etichetta dipende infatti non dal risultato, quanto dal modo in cui la pianta è stata modificata. A fare la distinzione è la “Direttiva 2001/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio del 12 marzo 2001 sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati”. Nella Direttiva si precisa che, mentre si considerano Ogm le piante ottenute con fusione cellulare o la microiniezione, esistono deroghe per la fecondazione in vitro, la poliploidia, la fusione cellulare e la mutagenesi.
Piante mutate ma non Ogm
Il fatto che tecniche come la mutagenesi indotta con prodotti chimici o con radiazioni e raggi X siano permesse, senza il bisogno di etichettare gli organismi ottenuti come “Ogm”, ha permesso nei decenni di creare migliaia di varietà di piante che hanno le stesse caratteristiche di alcuni Ogm, ma che a differenza degli “Ogm per legge” sono già nei nostri supermercati e mercatini a km 0, persino biologici. Con risultati talvolta paradossali, come quello delle mele che racconteremo nell’inchiesta Un piatto di Salute, in onda lunedì 3 dicembre alle 20.20 su Sky Tg24 e in streaming sul nostro sito.
La zona grigia delle nuove tecniche
In questo panorama, resta da chiarire la posizione delle cosiddette “New Breeding Techniques” (NBT), tra cui le più promettenti sono il genoma editing e la cisgenesi. Dal punto di vista legale si trovano ancora in una zona grigia perché non implicano un trasferimento di geni da una specie all’altra. Si tratta delle tecniche tecnologiche più avanzate nel campo, che in futuro potrebbero essere applicate in Europa senza i vincoli degli Ogm.
Genoma editing e cisgenesi
La tecnica del genoma editing consente di modificare la sequenza di un gene senza apportare materiale genetico esterno, ottenendo una varietà nuova (e mutata), ma non un organismo transgenico. La cisgenesi invece prevede il trasferimento di porzioni ben precise di Dna tra due piante della stessa specie. Anche in questo caso non si ottiene un organismo transgenico, perché il materiale genetico proviene da una specie sessualmente compatibile.
A luglio 2018 una sentenza della Corte di Giustizia europea le ha comunque equiparate alla transgenesi, quindi agli Ogm. Una sentenza che, per quanto non abbia ancora un valore di legge, sembra anticipare una chiusura futura da parte delle istituzioni europee di fronte alle “nuove tecniche di breeding”.