La triste sorte delle orche prigioniere ad Antibes

Antonio di Natale è un indiscusso punto di riferimento in Italia e nel mondo quando si parla di cetacei. Segretario generale della Fondazione Acquario di Genova, sub esperto in liberazione di grandi cetacei, è anche un esperto delle Nazioni Unite per la pesca sostenibile e membro del pool di esperti Onu per la valutazione dello stato dell'oceano. Con lui abbiamo parlato della situazione di due orche, Wikie e Keijo, ridotte in stato di semi abbandono dopo la chiusura del parco Marineland ad Antibes, a seguito dell'entrata in vigore della legge francese che vieta gli spettacoli dei cetacei. Quali sono le ultime informazioni sulle due orche, Wikie e Keijo, madre e figlio, abbandonate alla loro sorte da quasi un anno ormai? Alcuni attivisti si sono avvicinati al parco chiuso e hanno filmato vasche con acque torbide, piene di alghe, deteriorate. Gli animali appaiono apatici ed estremamente soli. I vecchi proprietari le mantengono in vita, ma è chiaro che ogni mese che passa la situazione peggiora. Consideriamo che il mantenimento di questi animali ha costi altissimi, quindi la vecchia proprietà, che è fallita, fa quel che può. Si tratta di un caso pesante, difficile. Questi animali hanno tutto il diritto di vivere. Noi ci siamo arrogati il diritto di gestire le loro vite e quindi ora dobbiamo farli vivere e in condizioni buone. Trovo inaccettabile parlare di eutanasia. Perché in tutti questi mesi non si è trovata una soluzione per trasferirle? Il problema deve ricadere sulle autorità che hanno la responsabilità di questi animali. Mentre tutti qui scansano queste responsabilità più che possono… La commissione scientifica Cites del Paese e il ministero, che ne è responsabile in ultima istanza, devono decidere cosa fare, perché è chiaro che i proprietari da soli non ce la fanno. Ci sono una serie di norme da rispettare ed è il governo che deve autorizzare. La commissione Cites nazionale, quindi francese, deve farsi carico della cosa e, se non ce la fa, deve porre il problema all’Europa. Personalmente non ritengo eticamente corretto che la questione non venga affrontata nelle giuste sedi né ritengo corretto o etico ipotizzare una soppressione degli animali come da qualcuno è stato ventilato. Noi umani abbiamo la responsabilità di questi animali che deteniamo in bacini ristretti, dove magari sono anche nati, ma abbiamo una responsabilità seria, perché sono animali protetti. Le ipotesi più credibili su quello che può succedere? Pare che ci siano delle opportunità di trasferirle in qualche altro posto in Europa, ma “pare” e intanto è un po’ troppo tempo che questi animali hanno dei problemi. Di certo sono difficili da gestire: sono grandi predatori, di grosse dimensioni, hanno bisogno di vasche molto grandi e personale specializzato. Girava voce che in Asia ci fossero già posti pronti ad accoglierle. Tutto quello che è fuori dall’Europa è estremamente problematico, anche perché molte norme Cites sono contrarie a qualsiasi logica e anche al bene degli animali. Escluso rimetterle in libertà? C’è un rischio nel rimettere questo tipo di animali in libertà, anzi più rischi. Il primo è di tipo veterinario, perché hanno vissuto fino ad ora in un ambiente tutelato, con acque trattate, senza potenziali patogeni ai quali sarebbero esposte in libertà, andando incontro a problemi sanitari non da poco. Ci sono delle teorie di rimessa in libertà di cetacei, ma in passato, ad esempio coi delfini, non è andata molto bene. Un problema ancora maggiore è quello delle orche: bisognerebbe capire da quale parte dell’oceano viene la famiglia di queste orche, una volta capito chi sono i genitori, dato che le orche hanno delle strutture sociali con linguaggi che sono identificativi del clan, si potrebbe valutare di reinserirle nello stesso clan, considerando che potrebbero però anche essere cacciate o uccise dalle altre orche in libertà. Metterle invece semplicemente in libertà io lo sconsiglierei proprio, perché sono animali tendenzialmente molto pericolosi ed è tutto da vedere come si comporterebbero… magari anche in modo ostile nei confronti dell’uomo che li ha così maltrattati. Chi si prende la responsabilità di rimettere in mare degli animali che sono predatori di vertice? Quindi cosa possiamo fare? Si può fare una pressione a livello di opinione pubblica in modo da convincere il governo francese a prendere di petto la questione, a mettere in piedi un gruppo di esperti che possa dare un supporto scientifico in questa storia. Dalle informazioni che ho io in questo momento l’ipotesi più probabile, ripeto, è che queste orche vengano cedute a un altro delfinario in Europa in grado di accoglierle, ma non sono posti che si trovano dietro l’angolo, questi.

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Nadia Cavalleri