Fast fashion, l’Unione europea contro la moda usa e getta

L’Europa ha un problema col guardaroba. Lo rinnova troppo spesso e lo fa con prodotti di scarsa qualità. A sostenerlo è l'Agenzia europea per l’ambiente , che ha appena diffuso un documento con gli ultimi dati aggiornati a fine 2022. A preoccupare l’Eea non è tanto l’outfit dei cittadini dell’Unione quanto l’impatto ambientale che una così rapida sostituzione di abiti e calzature comporta per le risorse del pianeta. L’agenzia chiede un cambiamento sistemico nel sistema tessile, esorta ad “abbandonare la tendenza del fast fashion”, per prediligere la produzione di tessuti di qualità migliore e più duraturi, progettati per durare a lungo e che possono essere riutilizzati, riparati e riciclati. Una valigia piena Nel 2022, in media, ogni europeo ha acquistato 19 kg tra abbigliamento, calzature e prodotti tessili per la casa. L’equivalente di una valigia piena di indumenti, una valigia che però è un po’ più grande di quella che serviva solo tre anni prima: nel 2019, infatti, l’acquisto della stessa categoria di beni era stato pari a poco meno di 17 kg per cittadino. E dieci anni prima, nel 2012, bastava un contenitore capace di ospitare solo 14 kg di prodotti tessili. fast shopping, influencer e industria 4.0 Un trend che non è sostenibile sul lungo periodo e di cui, secondo gli esperti dell’Eea, ci sono diversi responsabili. Una congiuntura sfavorevole in cui la combinazione di un aumento dello shopping online, l’attività degli influencer sui social media e i costi di produzione bassi per i tessuti sintetici è stata determinante nella crescita del cosiddetto “fast fashion”. Il documento dell'Eea sottolinea che le tecnologie digitali come la stampa 3D possono ridurre gli sprechi nella produzione e possono essere utilizzate per ridurre le pressioni ambientali e climatiche dei tessuti migliorando l'efficienza. Tuttavia, rischiano anche di aumentare i consumi consentendo costi di produzione più bassi e prezzi più bassi. Ci troviamo di fronte a un piccolo paradosso dell’industria 4.0. Le tecnologie digitali offrono opportunità per migliorare l'efficienza, la produttività e la competitività delle aziende, incluse quelle del settore tessile. Ma l’ottimizzazione abilitata dalla Quarta Rivoluzione Industriale rende più economici i beni e agevola, così, un consumo smodato degli stessi. Impatto ambientale Le pressioni ambientali e climatiche derivanti dalla produzione e dal consumo di prodotti tessili sono elevate, e nonostante si registrino progressi nell’ottimizzazione del consumo delle risorse per ogni kg prodotto, l’aumento dei consumi vanifica il progresso tecnologico. Sulle 12 categorie in cui sono divisi i consumi delle famiglie europee per i centri di statistica, quello relativo ai prodotti tessili è al quinto posto in termini di impatto ambientale e climatico. Il risultato è il frutto di molteplici misurazioni: l'uso di materie prime, le emissioni di gas serra , l'uso di acqua, quello del suolo. La valigia da 19 kg “pesa” in realtà molto di più se messa sulla bilancia degli effetti sulle risorse della Terra. Per produrre i prodotti tessili consumati in Ue nel 2022 sono stati necessari 523 kg di materie prime. Non solo cotone e altre fibre ma anche il gas e il petrolio indispensabili al processo produttivo. E sono stati consumati 5.300 milioni di metri cubi di acqua, cioè 12 metri cubi - 12 mila litri di acqua - a persona. Trasportare la materia prima e lavorarla ha causato emissioni totali di gas serra pari a 159 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti. Ciò corrisponde a 355 kg di CO2 a persona all'anno, l'equivalente di 1.800 km di viaggio con un'auto a benzina. I tessili sono la sesta categoria di consumo delle famiglie in termini di impatto sul clima, dopo l'edilizia abitativa, il cibo e la mobilità e paragonabili a quanto emettono ristoranti e hotel, e a quello che generiamo per lo svago e le attività culturali. Circa il 70% delle emissioni viene rilasciato al di fuori dell'Europa, principalmente in Asia, dove avviene la maggior parte della produzione tessile. Per produrre i tessuti consumati dalle famiglie europee nel 2022 è servita una superficie di circa 144.000 km2, poco meno della metà del territorio italiano e pari a 323 m2 a persona. Oltre l'80 per cento dell'impatto dell'uso del suolo è generato, anche in questo caso, al di fuori dell'Europa, principalmente in Cina e India dove ci sono le più grandi coltivazioni di cotone, ma, come anche per quel che riguarda le emissioni, il pianeta è uno solo e l’atmosfera e il clima non conoscono confini.

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