Cop29, parti lontane sulla riduzione delle emissioni e sui soldi

Ambiente
Alberto Giuffrè

Alberto Giuffrè

Al negoziato di Baku si guarda ai segnali politici che potrebbero arrivare dal G20 di Rio. Intanto la presidenza cerca di mettere insieme i pezzi delle rotture che si sono consumate nelle ultime ore, soprattutto sulla riduzione delle emissioni

Allo stadio olimpico di Baku scendono in campo i ministri per la seconda e ultima settimana di negoziato della Conferenza sul Clima delle Nazioni Unite. Ma come nei campionati dal finale incerto, per capire come finirà bisogna tenere d’occhio un’altra partita: quella che si gioca a Rio de Janeiro al vertice del G20. Anche perché sono i Paesi che rappresentano l’80 percento delle emissioni globali e da loro deve arrivare la leadership nella lotta alla crisi climatica.  Da lì il presidente della Cop29, Mukhtar Babayev, aspetta un segnale politico forte mentre dà il benvenuto ai ministri e invita le parti a muoversi velocemente: “I politici – dice – hanno il potere di raggiungere un accordo equo e ambizioso”. C’è però ancora distanza tra le parti su almeno due tavoli.

L'Ue vuole che si allarghi la base delle donazioni per i Paesi in via di sviluppo

Partiamo dal primo, quello della finanza: i soldi da mobilitare in favore dei Paesi in via di sviluppo che chiedono 1.300 miliardi di dollari all’anno. L’Unione Europea, il blocco che contribuisce maggiormente ai fondi per il Clima, al momento non mette sul tavolo un numero ma pretende che si allarghi la base dei Paesi che donano. Un riferimento alla Cina che formalmente rientra ancora tra i Paesi in via di Sviluppo. Il punto di caduta, ha detto il commissario europeo Wopke Hoekstra in conferenza stampa, potrebbe essere quello di contributi su base volontaria. Posizione poco ambiziosa secondo le Ong. “C’è preoccupazione per la posizione di Bruxelles”, dice Chiara Martinelli di Climate Action Network: “L’Unione Europea deve dire a quale numero punta”.

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Emissioni., rottura con Cina e Paesi africani e arabi

L’altro tavolo è quello della riduzione delle emissioni. Sabato notte, durante una plenaria, si è consumata una rottura drammatica su questo negoziato. Con Cina, Paesi africani e arabi pronti a rimandare tutto a dopo Baku. Nelle ultime ore la presidenza sta cercando di mettere insieme i pezzi. Anche perché senza i soldi per la finanza non c’è la riduzione delle emissioni e senza quest’ultima il conto della crisi continua a salire.

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