Cop25, il summit sul clima di Madrid tradisce le aspettative di scienziati e ambientalisti

Ambiente

Federico Leoni

Chi prevedeva un rinnovato slancio da parte degli Stati membri e un chiaro impegno a migliorare gli obiettivi di riduzione delle emissioni è rimasto deluso. I movimenti, a partire dal FridaysForFuture, reagiscono con rabbia: “La Cop25 è stata un fallimento” 

La così detta “Cop dell’ambizione” tradisce le aspettative. Chi prevedeva un rinnovato slancio da parte degli Stati membri e un chiaro impegno a migliorare gli obiettivi di riduzione delle emissioni è rimasto deluso, e questo nonostante report scientifici sempre più allarmanti suggeriscano l’adozione di misure drastiche per frenare il surriscaldamento del Pianeta. Secondo l’Unep per rispettare l’obiettivo di contenere l’innalzamento della temperatura globale entro un grado e mezzo in questo secolo bisognerebbe tagliare le emissioni del 7,6% all’anno nella decade 2020-2030. Siamo ben lontani dallo scopo e il vertice di Madrid di certo non ci ha avvicinati alla meta.

Il nodo dei finanziamenti

I nodi evidenti già all’inizio della Cop25 giacciono ancora irrisolti sul tavolo delle trattative. Nulla di fatto per quanto riguarda i finanziamenti ai Paesi più vulnerabili, che soffrono le conseguenze della crisi climatica pur essendo spesso in coda alla lista degli Stati più inquinanti. Stallo anche sul così detto carbon market, il sistema che prevede la possibilità di finanziare il taglio delle emissioni in un altro paese conteggiandolo nel proprio: in questo caso a dividere sono le regole di applicazione e in particolare la necessità di evitare un doppio conteggio.

Il ruolo dell'Europa

Dopo l’approvazione del Green Deal e la dichiarata intenzione di giungere entro il 2050 a zero emissioni nette, l’Unione europea era sembrata in grado di fornire ai negoziati lo slancio di cui avevano bisogno. L’obiettivo, però, non è stato raggiunto, e secondo alcuni osservatori l’Ue non è riuscita ad andare oltre le buone intenzioni e le belle parole, mettendo sul piatto qualcosa di concreto per sbloccare le trattative. A frenare maggiormente i negoziati, anche se per ragioni diverse, sono stati paesi come il Brasile, l’Australia, l’India, la Cina, il Sudafrica. Anche gli Stati Uniti hanno avuto un ruolo: la decisione di Trump di uscire dagli Accordi di Parigi, infatti, sarà effettiva solo il 4 novembre 2020, il giorno dopo – peraltro – le elezioni presidenziali americane. Al momento, quindi, Washington partecipa regolarmente alle Cop e agli altri vertici dell’UNFCCC, la Convenzione quadro dell’Onu sui cambiamenti climatici.

E l'effetto Greta?

A incalzare i delegati di Madrid perché raggiungessero un accordo ambizioso non c’erano solo i report scientifici, ma anche la pressione dei movimenti che dal basso chiedevano di abbandonare l’inerzia nel nome del bene comune. Quello appena trascorso è stato l’anno di Greta Thunberg, che è riuscita trasformare una protesta solitaria iniziata a Stoccolma nell’agosto 2018 in un fenomeno di portata planetaria. Le manifestazioni di FridaysForFuture hanno raggiunto picchi di partecipazione mai visti negli ultimi decenni in nessun’altra protesta di piazza, eppure questo non è servito. I movimenti reagiscono con rabbia. “La Cop25”, dicono senza usare mezzi termini, “è stata un fallimento”.

I prossimi vertici

L’applicazione degli Accordi di Parigi consiste in un percorso graduale che si affronta un passo dopo l’altro. Le Cop servono proprio a questo, e sarebbe sbagliato pensare che un singolo vertice possa essere chiamato a trovare la soluzione definitiva a un problema complicato come quello della crisi climatica. Ogni Cop ha in agenda determinati obiettivi da raggiungere, ma effettivamente quella di Madrid non sembra aver ottenuto neppure i risultati minimi prefissati. E adesso? La palla passa ai prossimi appuntamenti. Un passaggio chiave sarà il vertice fissato a Bonn nel giugno 2020 (alla metà di ogni anno Bonn ospita una conferenza preparatoria in vista della successiva Cop), poi toccherà al summit Ue-Cina di settembre a Lipsia, in cui si affronteranno i temi della crisi climatica e della biodiversità. Dobbiamo ricordare che il successo degli Accordi di Parigi, nel 2015, fu anche il risultato di un asse Usa-Cina creatosi dopo il bilaterale tra Obama e Xi Jinping: adesso Bruxelles potrebbe voler prendere il posto di Washington in una ipotetica ma virtuosa alleanza per l’ambiente. Infine la Cop26, che sarà ospitata a Glasgow a dicembre. Quindi circa un mese dopo una data cruciale: il 4 novembre 2020, all'indomani – come detto - delle presidenziali americane. Se Trump non dovesse farcela, dicono in molti, il clima potrebbe cambiare. E non solo metaforicamente.

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