Chi c'è dietro Greta? Di quale disturbo soffre? Cosa pensano gli scienziati del suo movimento? Tutte le risposte alle domande più frequenti su uno dei personaggi dell'anno
Greta contro tutti. O tutti contro Greta. Dopo l’intervista realizzata da Sky Tg24 a Stoccolma molti mi fanno domande relativamente all’attivista svedese (da “è molto bassa?” a “non ride mai?”). Spendo alcune parole per condividere l’idea che mi sono fatto di lei dopo averla incontrata un paio di volte e aver ripetutamente parlato con le (poche) persone che ha intorno. Greta è una ragazza molto timida, che dimostra meno dei suoi sedici anni. Parla e sorride poco, conseguenze dell’Asperger, ma si scioglie un po’ quando affronta il tema del global warming. Indossa quasi sempre gli stessi vestiti: è una scelta legata alla volontà di ridurre i consumi per gravare meno sull’ambiente. Le persone intorno a lei sono poche e alla mano, e agiscono in maniera piuttosto “artigianale” nel gestire i rapporti della ragazza con i media. Sembrano molto preoccupati di non farla stancare troppo. Per ammissione di Greta ultimamente ci sono delle persone che la stanno aiutando in maniera più strutturata, soprattutto nell’organizzazione dei viaggi; la stessa Greta, però, afferma di pagare sempre di tasca propria e di non accettare soldi da nessuno. Greta viaggia sempre e solo in treno o con l’auto elettrica (i viaggi aerei sono tra i principali responsabili delle emissioni dannose).
Mi pare di capire che per molte persone il problema sia: chi c’è dietro di Greta Thunberg? Le ho rivolto questa domanda durante l’intervista e lei ha negato di essere manovrata. Potrebbe aver mentito, direte voi, ma farsi guidare dai sospetti non è sempre un buon modo per arrivare alla verità. Limitiamoci ai fatti. Qui sotto trovate tutte le domande più frequenti su Greta Thunberg, e le relative risposte.
Chi è la madre di Greta?
La mamma di Greta si chiama Malena Ernman ed è una cantante molto nota in Svezia. Ha scritto un libro uscito nel suo paese nel periodo in cui la figlia iniziava la sua protesta. Il libro parla della famiglia Thunberg, non solo di cambiamenti climatici (ma anche) e non solo della malattia di Greta (ma anche). Si dilunga, per esempio, sui disturbi di Beata, sorella minore di Greta, e su quelli della stessa Malena. Il titolo originale suona come “Scene dal cuore”. L’obiettivo dichiarato del volume non è solo quello di sensibilizzare il pubblico sul tema del global warming, ma soprattutto quello di portare l’attenzione su patologie psichiche spesso non diagnosticate e non curate, con pesanti conseguenze sulle famiglie di chi ne viene colpito. Il libro è stato appena tradotto in italiano dalla Mondadori: la casa editrice ha raccolto i principali discorsi di Greta, facendo seguire a queste poche pagine il libro della Ernman. Quando ho incontrato Greta a Stoccolma avevo una copia del saggio sotto il braccio. Lei mi ha guardato incuriosita: non sapeva di aver scritto un libro! Chiarito l’equivoco mi ha detto che non era al corrente del fatto che il volume della madre fosse stato tradotto in italiano. C’è chi dice: la madre usa Greta per vendere il suo libro. Premettendo che sarebbe singolare avviare una serie di manifestazioni planetarie con milioni di persone coinvolte per vendere più copie di un libro, va notato che il volume della Ernman è molto concentrato su questioni prettamente svedesi. Non sembra affatto scritto per un pubblico internazionale. Ovviamente, però, essere la figlia di un personaggio noto può aver aiutato Greta a dare visibilità alla propria protesta.
Di quale disturbo soffre Greta?
Nonostante se ne sia parlato molto, non tutti sanno che Greta Thunberg convive con la sindrome di Asperger, un disturbo dello sviluppo imparentato con l’autismo. L’ignoranza rispetto ai sintomi della malattia ha spinto qualcuno a criticare Greta per ragioni che si spiegherebbero facilmente se si tenesse conto dei suoi disturbi: l’aspetto scontroso, la scarsa propensione a sorridere, l’essere tendenzialmente taciturna. A circa undici anni Greta ha iniziato a soffrire pesantemente le conseguenze della malattia, arrivando fino a rifiutare completamente il cibo. La situazione è poi parzialmente migliorata nel corso degli ultimi anni. Secondo quanto riferito dalla madre, Greta non riesce a distrarsi dalle questioni che la preoccupano o la appassionano: quando ha scoperto il tema dei cambiamenti climatici il global warming è diventato la sua ossessione e se molti di noi rimuovono inconsciamente il problema e tirano avanti lei semplicemente non può (e non vuole) farlo (GRETA: PARLATE PIU' DLE CLIMA CHE DI ME - PAPA FRANCESCO INCONTRA GRETA IN VATICANO).
Dietro Greta si nasconde la lobby della green economy?
Vista la premessa precedente, e dunque l’autentica passione di Greta per la lotta contro il global warming, è difficile pensare che la Thunberg possa essere stata scelta appositamente da una misteriosa green lobby per portare avanti gli interessi dell’economia alternativa. E’ ancora più difficile pensarlo se si ascoltano le dichiarazioni di Greta e (soprattutto) se si leggono le parole della madre. Nel libro della Ernman si cita apertamente il consumismo (e quindi il capitalismo) come causa principale dei nostri attuali problemi ambientali e si nega la possibilità di un ipotetico capitalismo verde: è impossibile, dice in sostanza Malena, risolvere il problema dei mutamenti climatici se non si cambiano radicalmente le nostre abitudini di consumo, a prescindere da quanto sia verde la tonalità della nostra economia. Per la famiglia Thunberg non saranno le tecnologie più innovative a salvare l’ambiente. E’ possibile, ovviamente, che qualcuno, pur non avendo “lanciato” Greta, possa essere interessato a sfruttarne il successo. Mi sembra anzi probabile che ci sia chi possa provare, o chi abbia già provato, a mettere il proprio cappello sulla protesta.
Chi è Ingmar Rentzhog?
Questo è il problema più spinoso. Ingmar Rentzhog è il fondatore di una startup che si chiama We don’t have time. Rentzhog è vicino a un’esponente politica socialdemocratica e anti-sovranista. A un certo punto ha deciso di nominare un advisory board formato da giovani ambientalisti. A novembre Rentzhog ha chiesto a Greta Thunberg di far parte del board e lei ha accettato. La protesta di Greta è iniziata da circa tre mesi quando Rentzhog la contatta: è un’iniziativa di successo, ma per il momento tutt’altro che globale. Spesso viene ricordato il fatto che nell’agosto del 2018, nei primissimi giorni dello school strike, Rentzhog è tra i primi a condividere l’iniziativa sui social. Una coincidenza legata all’interesse di Rentzhog per il clima? Oppure parte di una strategia studiata a tavolino? Greta, anche ai nostri microfoni, ha ribadito che l’idea dello sciopero per il clima è sua e soltanto sua. L’impressione è che Rentzhog sia stato abile a sfruttare una protesta più o meno spontanea, ma forse non avremo mai una risposta definitiva su questo punto. Comunque sia con le prime polemiche Greta decide di recidere i legami con We don’t have time uscendo dal board. Secondo Rentzhog la decisione è legata al fatto che la Thunberg voleva concentrarsi sulla propria protesta.
Cosa pensano gli scienziati di Greta (e viceversa)?
Di cambiamenti climatici devono parlare gli scienziati, dicono alcuni, non una sedicenne. Ma cosa pensano gli scienziati di Greta? Partiamo da cosa pensa Greta degli scienziati. La Thunberg chiede consiglio agli esperti quando deve inserire dati precisi nei suoi discorsi. Cita spesso gli scienziati, ma evita di rispondere su questioni tecniche. Quando qualcuno cerca di farla parlare di argomenti che prevedono una competenza specialistica in genere replica: “Non posso rispondere a questa domanda, dovreste farla a un climatologo”. La sua idea, però, è che tutti dovrebbero avere il diritto, nel rispetto dei dati acquisiti dalla scienza, di discutere di un tema che mette a rischio il futuro dell’umanità. Per quanto riguarda l’opinione degli scienziati su Greta, la maggior parte di loro ritiene che la battaglia contro il global warming potrebbe aver trovato nella sedicenne svedese il volto adatto per promuovere il tentativo di riduzione delle emissioni. Se infatti negli ultimi anni la scienza è stata molto precisa ed efficiente nello studio dei cambiamenti climatici non altrettanto efficiente è stata nel comunicare al grande pubblico le conseguenze delle proprie scoperte su questo tema e l’urgenza di adottare delle contromisure. Nota conclusiva: i cambiamenti climatici sono in atto e sono dovuti all’uomo. Su questo è d’accordo praticamente la totalità del mondo scientifico, con sparute eccezioni. Il global warming non è un’opinione, è una certezza.