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Sacchetti: cosa significa biodegradabile, compostabile, rinnovabile

Ambiente
Assobioplastiche fa il punto sulle principali caratteristiche dei sacchetti biodegradabili (Ansa)

In questi giorni di discussione sugli imballaggi bio, Assobioplastiche cerca di fare chiarezza su questi tre termini e sulla legge che impone l'obbligatorietà delle buste

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Le accese polemiche degli ultimi giorni sull'applicazione della legge che rende obbligatori i sacchetti bio per l'acquisto di frutta e verdura ha spinto Assobioplastiche a fare il punto su tre parole importanti: biodegradabile, compostabile e rinnovabile. I tre termini si applicano infatti alle borse per alimenti sfusi, da utilizzare come imballaggio primario e che, dati gli standard, possono essere riutilizzabili per la raccolta dell'umido.

Come devono essere fatti i sacchetti

Prima di tutto è bene specificare che i sacchetti ammessi dalla legge entrata in vigore il 1 gennaio 2018 devono avere uno spessore inferiore ai 15 micron e essere composti di materia prima rinnovabile pari ad almeno il 40% del totale, secondo il certificato En 16640:2017. Devono ovviamente essere biodegradabili e compostabili, secondo lo standard Uni En 13432, quindi riutilizzabili per la raccolta della frazione dell'umido.

Biodegradabilità

La biodegradabilità è una delle caratteristiche che i sacchetti al centro della bufera devono avere. Si tratta della capacità di un materiale di essere degradato in sostanze più semplici mediante all'attività di rielaborazione dei microrganismi. Al termine di questo processo, le sostanze organiche di partenza vengono trasformate in molecole inorganiche semplici come acqua, anidride carbonica e metano. Il tutto senza il rilascio di sostanze inquinanti. La biodegradabilità dipende dalla natura chimica della materia prima: per questa ragione si può avere un prodotto da materia prima rinnovabile che però non è biodegradabile, e un prodotto ricavato dal petrolio, ma biodegradabile.

Compostabilità

La compostabilità è la capacità del materiale organico di essere riciclato nella frazione dell'umido, trasformandosi in compost mediante il processo di compostaggio, ossia la decomposizione biologica della sostanza organica che avviene in condizioni controllate. Al termine del processo si ottiene un prodotto biologicamente stabile, inerte e inodore. Si tratta dunque di una caratteristica cruciale per lo smaltimento del prodotto. Ciò che otteniamo - il compost - è una sostanza organica, ricca di humus, di flora microbica attiva e microelementi, che rappresenta anche una soluzione ideale contro la desertificazione dei suoli e l'impoverimento di carbonio. Può anche essere usato come fertilizzante nella florovivicoltura e in diverse attività agricole.

Rinnovabilità

La capacità di un prodotto di essere rinnovabile è legata alle materie prime utilizzate che devono essere prevalentemente di origine vegetale e animale. Per creare un sacchetto bio si usano materie prime come il mais, pianta capace di rigenerarsi in tempi brevi. Al contrario, le materie prime originate da fonti fossili, come il petrolio, non possono farlo. Il problema della sostenibilità di queste coltivazioni rinnovabili è legato al costo ambientale in termini idrici e di deforestazione; per questo diventa importante che i produttori dei sacchetti bio siano aderenti alle rinnovabili in tutta la filiera produttiva.