"Microplastiche nei mari da depuratori Uk", allarme da una ricerca

Ambiente
Un depuratore delle acque in Francia (Getty Images)

Si chiamano Bio-Beads e sono dei piccoli pellet utilizzati dagli impianti britannici per filtrare componenti organici. Secondo uno studio, verrebbero rilasciati nelle acque aggravando il problema inquinamento. LO SPECIALE

Milioni di piccoli pellet di plastica utilizzati per la depurazione dei liquami fognari nel Regno Unito vengono riversati nei mari, con effetti devastanti per la salute delle nostre acque. È quanto denunciato in una ricerca della Cornish Plastic Pollution Coalition (Cppc). Queste particelle di plastica sferiche hanno un diametro di 3,5 millimetri e contribuiscono ad aggravare il problema dell'inquinamento marino (LO SPECIALE - Sky UN MARE DA SALVARE).

Microplastiche dannose

"Stiamo osservando ogni volta di più come le microplastiche prodotte dai consumatori nell'acqua di scarico abbiano un impatto negativo sull'ambiente", racconta al Guardian l'autrice del report, Claire Wallerstein. Le particelle prodotte dall'usura degli pneumatici o dalle fibre che vengono rilasciate durante i lavaggi dei tessuti sono tutti fattori ben noti che concorrono ad aggravare il problema della presenza di plastica nelle acque. Tuttavia, come riferisce l'autrice dello studio, il campo degli agenti inquinanti potrebbe allargarsi ulteriormente. La nuova ricerca condotta dalla Cppc avrebbe infatti dimostrato che anche "le microplastiche usate negli impianti di depurazione del Regno Unito contribuirebbero al problema". Secondo la Wallerstein una volta che queste sferette, note come Bio-Beads, vengono disperse nell'ambiente diventano difficili da individuare e pressoché impossibili da rimuovere. Le microplastiche, è stato dimostrato in precedenza, danneggiano la fauna marina e possono depositarsi nei tessuti dei pesci destinati all'alimentazione umana.

La difesa della South West Water

L'impresa che gestisce i depuratori accusati dall'organizzazione di contribuire all'inquinamento di microplastiche, la South West Water, si è difesa sostenendo che solo 9 dei 655 impianti fanno uso di Bio-Beads. Aggiungendo che gli episodi di "rilasci" verificatisi nel passato sono stati opportunamente "ripuliti". Nella sua comunicazione, inoltre, la South West Water, ha sottolineato come molto spesso risulti impossibile identificare con esattezza la provenienza delle microplastiche e distinguere quelle imputabili alle sferette del depuratore da quelle rilasciate da altre sorgenti esterne. Puntuale la controreplica della Cppc che ha difeso i risultati del proprio studio. Secondo il gruppo di ricerca il sistema Bio-Bead sarebbe infatti utilizzato in almeno 55 impianti e l'esame dei campioni, eseguito da un esperto con esperienza ventennale, avrebbe dimostrato chiaramente l'origine delle microparticelle. "Siamo consapevoli che gli impianti Bio-Bead sono stati bravi a migliorare la qualità degli effluenti scaricati dalle nostre acque reflue, ma questo non esclude il rischio di inquinamento dei nostri mari e delle vie navigabili causati dalle microplastiche, che potrebbero avere conseguenze a lungo termine e di grande portata", ha concluso la Wallerstein

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