Australia, allarme coralli: registrato il peggiore sbiancamento

Ambiente
La Grande barriera corallina australiana è la più vasta del mondo (Getty Images)

A causa dell’aumento della temperatura nel Pacifico, la Grande barriera corallina è sempre più a rischio. Secondo i ricercatori dell''università di Townsville, la perdita di colore ha interessato il 67% della parte settentrionale 

La Grande barriera corallina (Great barrier reef), situata a largo delle coste dell’Australia nord-orientale, ha fatto registrare nel 2016 il più grande “sbiancamento” di coralli nella storia. Un fenomeno che mette a serio rischio la loro sopravvivenza. L’allarme arriva da un report del Council centre of excellence for coral reef studies, dell’Università James Cook di Townsville, in Australia.

 

La Grande barriera bianca - I coralli perdono i loro colori tradizionali e diventano bianchi quando la temperatura del loro ambiente aumenta oltre i 2 gradi. Questo succede perché le zooxantellae, alghe che vivono in simbiosi con i coralli, diventano tossiche per il troppo calore e costringono i coralli a espellerle. I coralli in questo modo perdono la loro principale fonte di cibo e il loro scheletro ne risente a tal punto da perdere la colorazione tipica. Lo “sbiancamento” non significa la morte del corallo, ma ne è lo stadio immediatamente precedente, visto che è l’ultima difesa che l’organismo marino mette in atto per garantirsi la sopravvivenza. I tassi di mortalità legati allo “sbiancamento" variano a seconda dei diversi punti della barriera e dipendono dalla resistenza al calore delle diverse formazioni coralline: secondo fonti governative citate dal "Guardian", circa il 22% dei coralli della barriera sarebbero morti in questa ondata di surriscaldamento.  
 
Acque troppo calde - Secondo i ricercatori, la maggior parte delle perdite di colore del 2016 sono avvenute nella parte settentrionale della barriera corallina. Nell’area più colpita è stato registrato uno “sbiancamento” del 67% su una striscia di coralli lunga 700 km. Questi esseri viventi proliferavano in acque relativamente poco profonde. La parte nord della barriera corallina era fino ad ora la più incontaminata e aveva subito pochi danni nelle ultime due grandi perdite di coralli, avvenute nel 1998 e nel 2002. Per il professor Terry Hughes, il processo è avvenuto negli ultimi 8-9 mesi. Lo “sbiancamento” dei coralli è da imputare al riscaldamento delle acque del Pacifico: la corrente calda “El niño”, combinata con il surriscaldamento globale, ha sopraffatto la parte nord della barriera, mentre i due terzi più meridionali sono stati “salvati” dai residui di un ciclone che ha raffreddato l’acqua nel Mar dei Coralli.

Le contromisure del governo - La Grande barriera corallina impiegherà tra i 10 e i 15 anni per rigenerare i coralli perduti o sbiancati, ovviamente a patto che non sopraggiungano altri fenomeni di surriscaldamento dell’acqua. Il governo federale australiano ha in programma di inviare un report all’Unesco, sperando di far includere la Grande barriera corallina nella lista dei Patrimoni dell’umanità a rischio. Secondo la Great barrier reef marine park authority è necessario limitare, se non abolire completamente, l’industria del carbone australiana. L’ex direttore Graeme Kelleher ha di recente attaccato la politica industriale del suo Governo e lanciato una petizione per chiudere tutte le miniere di carbone del suo Paese.

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