Uber-Waymo, accordo milionario dopo l'accusa di furto di brevetti

Tecnologia
Waymo aveva accusato Uber lo scorso febbraio (Getty Images)
Uber_Danimarca_GettyImages

Il servizio di trasporti ha convinto la controllata di Alphabet con una quota delle proprie azioni. Il ceo Dara Khosrowshahi ammette "errori" ma nega l'utilizzo di tecnologie altrui sulle proprie auto

Pace (giudiziaria) fatta tra Uber e Waymo. Un anno fa la società di Alphabet specializzata nella guida autonoma ha accusato il servizio di trasporto online di essere in possesso di brevetti e tecnologie trafugati da un ex dipendente di Google assunto da Uber, Anthony Levandowski. Dopo le indagini, si è arrivati in tribunale. Ma dopo tre giorni di dibattimento, è arrivato un accordo: i termini sono riservati ma, secondo indiscrezioni, Uber avrebbe risarcito Waymo con lo 0,34% delle proprie azioni. Cioè con un valore stimato di 245 milioni di euro. Si parla di stime perché Uber, non essendo quotata, non ha una capitalizzazione nota: ci si deve rifare al valore assegnato dagli ultimi finanziamenti privati.

Perché Waymo ha fatto causa a Uber

Levandowski è un ingegnere per anni impegnato nell'unità di Google che sarebbe poi diventata Waymo. Nel gennaio 2016, senza preavviso, molla Big G e fonda una propria startup: Otto, che sviluppa tir a guida autonoma. Pochi mesi dopo, ad agosto, Otto viene acquisita da Uber, che sta accelerando sui veicoli driverless. Secondo Alphabet, prima di lasciare la società, Levandowski avrebbe scaricato migliaia di file riservati contenenti segreti industriali e riguardanti soprattutto la tecnologia Lidar. Cioè quella dei radar che rappresentano il cuore delle vetture autonome. Uber prima nega. Poi avvia un'indagine interna, trova traccia dei documenti rubati e licenzia in tronco Levandowski perché non avrebbe collaborato con gli inquirenti.

Khosrowshahi scarica Kalanick

Adesso arriva l'accordo, confermato con una lunga nota firmata dal ceo di Uber Dara Khosrowshahi. Non c'è un'ammissione di colpa esplicita, ma si parla di “errori del passato” e di mosse che si sarebbero potute “gestire diversamente”. Khosrowshahi esclude che “i segreti industriali possano aver raggiunto Uber direttamente da Waymo” e che la società “abbia utilizzato informazioni” provenienti da Alphabet. Per esserne certa, la società collaborerà con Waymo per dimostrare che le soluzioni per la guida autonoma testate da Uber siano “esclusivamente frutto del nostro buon lavoro”. Khosrowshahi ammette però “la possibilità che un paio di dipendenti Waymo possano aver inopportunamente indotto altri ad unirsi ad Otto, e che questi abbiamo potenzialmente lasciato il loro posto in possesso di documenti di proprietà di Google”. Tradotto: quei segreti sono stati rubati ma Uber non li ha sfruttati. Di fatto Khosrowshahi (arrivato alla guida della società lo scorso settembre) scarica le responsabilità sul suo predecessore Travis Kalanick (fondatore e azionista ma figura sempre più marginale) e su Levandowski. Al primo per aver trattato l'acquisizione di Otto con leggerezza; al secondo per il furto.

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