Musica, le migliori 10 canzoni degli anni '80 secondo Pitchfork

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Prince, i Talking Heads (in alto) e i Public Enemy, tra i simboli musicali degli anni '80 (Getty Images)
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Nella classifica del noto sito musicale vince “Purple rain” di Prince, secondo posto per il re del pop Micheal Jackson con la sua “Wanna be startin' somethin'” contenuta nell'album dei record “Thriller”. Ma nella lista ci sono anche numerose sorprese...

Sono i dieci brani simbolo degli anni '80. Li ha stilati il sito musicale Pitchfork.com in una speciale classifica dedicata a uno dei periodi musicali più amati e discussi allo stesso tempo, tra new wave, new romatics, synth pop, rock "crepuscolare" e musica dance imperante. In mezzo, i primi vagiti dell'hip-hop. “È stato un momento d'innovazione sonora per tutti i generi musicali”, scrivono i critici della testata “quando ai cori e ai capelli è stato permesso di essere grandi come volevano essere”.

 

1. “Purple Rain” - Prince (1984)

La definizione di Pichfork per il brano scritto nel 1984 da Prince non potrebbe essere più precisa: “Un classico del R&B senza tempo e una delle più grandi e potenti ballate della storia del rock”. Basta ascoltarlo in questo video tratto da YouTube.

 

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2. “Wanna be startin' somethin'” - Micheal Jackson (1983)

Pitchfork lo definisce un inno "balbettante" del future funk. La scelta di far di questo brano il singolo di apertura di "Thriller" non era poi così ovvia. Col senno di poi, 115 milioni di copie vendute, e il primato di disco più venduto nella storia della musica, si può dire che Michael Jackson e soci abbiano avuto ragione (video tratto da YouTube).

 

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3. “Straight outta compton” - Nwa (1988)

Il singolo degli Nwa è, per Pitchfork, il brano più importante nella storia dell'hip-hop della West Coast. Quando uscì correva l'anno 1988 e il gruppo si sarebbe sciolto poco tempo dopo, dimostrando che la formazione più pericolosa al mondo in fondo era volatile come il loro sound.

 

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4. “Blue monday” - New Order (1983)

Nel corso degli ultimi anni l'"inno ronzante" del gruppo di Manchester è passato ad essere da punto di riferimento dell'ossuto post-punk degli anni '80 a brano irrinunciabile della mutante club music. Diventando il maxi-singolo da 12 pollici più venduto di tutti i tempi.

 

5. “Fight the power” - Public Enemy (1989)

Definita come il nucleo spirituale del film culto di Spike Lee del 1989 “Fa' la cosa giusta”, la canzone dei Public Enemy “Fight the power” ha anche rappresentato il baricentro tumultuoso della musica con una forte carica di protesta al crepuscolo degli anni '80.

 

6. “Running up that hill (A deaf with God) – Kate Bush (1985)

Per annunciare la nuova visione sonora del suo quinto album in studio dal titolo “Hounds of love”, Kate Bush ha fatto delle percussioni in stile Gabriel il centro dei groove del suo primo singolo. La canzone racconta dell'incomunicabilità nel rapporto di coppia. Diversi artisti, fra cui i Placebo, ne hanno fatta una cover.

 

7. “Love will tear us apart” - Joy Division (1980)

“Straziante e generazionale” questo brano dei Joy Division è, secondo la classifica fi Pitchfork, il racconto di uno stallo romantico che è servito a Ian Curtis come lettera per il suo addio musicale alla band. La canzone, distribuita in versioni differenti nel corso degli anni '80, è diventata uno dei simboli della rivoluzione elettronica di quegli anni.

 

8. “Once in a lifetime” - Talking Heads (1981)

Con questo brano il gruppo guidato da David Byrne ha inteso muovere una critica ai moderni costumi sociali. Il risultato, per Pitchfork, è stato tanto sperimentale e sconcertante quanto accattivante. Il video musicale del brano in cui Byrne balla come un pupazzo malfunzionante è diventato uno dei più famosi del suo tempo.

 

9. “The message” - Grandmaster flash and the Furious five (1982)

“The Message” dei Gfff non è stato solo uno dei primi brani rap politici, ma è stato anche cruciale per l'evoluzione dell'hip-hop come forma di arte lirica.

 

10. “How soon is now?” - The Smiths (1984)

La melodia della canzone degli Smiths è stata composta dal chitarrista Johnny Marr. Un esperimento fatto con la tecnica del reamping che, scrivono i critici, è diventata un'improbabile hit della metà degli anni '80.

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