Perché le balene si spiaggiano: ecco quali sono le cause

Scienze
Una delle 29 balene spiaggiate rinvenute sulle coste europee a gennaio 2016 (Getty Images)

L'ultimo episodio in Australia occidentale: 135 cetacei si sono arenati sulle spiagge di Hamelin Bay. Tra le ipotesi, anche gli effetti delle tempeste solari

L'ultimo caso in ordine di tempo lungo le coste occidentali dell'Australia, dove volontari e veterinari hanno ritrovato 135 balene spiaggiate. I cetacei sopravvissuti (delle balene pilota) sono stati riportati in mare, ma nonostante gli sforzi continuavano a fare marcia indietro e ad arenarsi sulle spiagge di Hamelin Bay. Un fenomeno - quello dello spiaggiamento delle balene - che la scienza non è riuscita ancora a spiegare completamente. Alcuni studi hanno menzionato le tempeste solari tra le possibili cause.

Perché le balene si spiaggiano?

Uno studio pubblicato l'estate scorsa sull'International Journal of Astrobiology ha indagato il fenomeno, frequente in tutto il mondo come, ad esempio, sulle coste del Mare del Nord. All'inizio del 2016, 29 balene si abbandonarono su queste coste. Secondo i ricercatori questi animali potrebbero esser stati disorientati dalle variazioni dei campi magnetici, provocate dalle tempeste solari. Questo fenomeno potrebbe aver interferito con la capacità dei cetacei di orientarsi, costringendoli a deviare il proprio percorso e facendole finire "intrappolate" sulle coste europee.

L'utilità delle autopsie

Questa teoria era stata costruita grazie ai dati raccolti durante le autopsie eseguite sulle balene morte sul Mare del Nord, per la maggior parte esemplari giovani e in salute. In un primo tempo si era ipotizzato che i cetacei fossero stati avvelenati o che il loro cambio di direzione fosse stato una risposta ai cambiamenti climatici. La causa reale del ritrovamento delle 29 balene rinvenute sui litorali di Germania, Olanda, Regno Unito e Francia potrebbe invece essere una tempesta solare, capace di distorcere i riferimenti che questi animali traggono dai campi geomagnetici del pianeta.

Aurora boreale e tempeste solari

Le balene nuotano in profondità, nelle acque calde o temperate del pianeta (la maggiore concentrazione di questi animali si trova nell'Oceano Atlantico, a largo delle Azzorre). Quando raggiungono tra i 10 e i 15 anni di età, si spostano verso il Nord, alla ricerca di cibo. Un viaggio che a volte le ha portate fino alle coste del Regno Unito e dell'Irlanda o al mar della Norvegia. Secondo la teoria elaborata dal team del professor Vanselow, il disastro dell'inizio del 2016 potrebbe esser stato causato da due tempeste solari registrate alla fine del 2015, che hanno prodotto un'intensa aurora boreale, visibile in molte parti della Scozia. Influenzando i campi geomagnetici terrestri, questo fenomeno ha disorientato i cetacei che hanno iniziato a nuotare nella direzione sbagliata. Una volta raggiunta l'area marittima tra la Scozia e la Norvegia, le balene erano ormai intrappolate e si sarebbero lasciate morire sulle spiagge. La teoria del professor Vanselow avrebbe spinto la Nasa a indagare sugli effetti delle tempeste solari sulla vita dei cetacei.

Balene spiaggiate, le altre cause

Il fenomeno dello spiaggiamento, singolo o di gruppo, delle balene è da tempo al centro di un dibattito. Infatti, non si è riusciti ancora a trovare una teoria univoca su cosa spinga questi animali ad abbandonarsi lungo le coste. Le cause possono essere varie, ma tutte riconducibili a una situazione di difficoltà dell'animale. Ad esempio, secondo il professore dell'Università di Pavia Marco Borri, co-autore dello studio "Balene e Delfini: i giganti del mare", una patologia potrebbe spingere la balena a cercare un bassofondo sul quale appoggiarsi per poter respirare senza eccessivo sforzo. Se l’animale appartiene a una specie dal comportamento sociale particolarmente sviluppato, come le balene pilota che vivono in gruppi da almeno 100 esemplari, può succedere che gli individui del branco seguano fino a terra quello o quelli di loro che sono in difficoltà. Alcuni di questi animali arrivano già morti. In tutti i casi comunque, le carcasse restituiscono agli scienziati importanti informazioni sui fenomeni, compresa la salubrità delle acque da cui provengono. In Italia il monitoraggio degli spiaggiamenti di carcasse o il soccorso di animali vivi è effettuato dal Centro Studi Cetacei (CSC) della Società Italiana di Scienze Naturali, che monitora tutti gli 8.000 km di coste nazionali.


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