Long Covid, ogni variante avrebbe effetti diversi. Lo studio italiano

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I sintomi post infezione potrebbero essere diversi nelle persone che sono contagiate con varianti differenti. A suggerirlo sono i risultati di un nuovo studio osservazionale retrospettivo condotto su 428 pazienti

 

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A ogni variante il suo Long Covid. Un nuovo studio osservazionale italiano ha analizzato e confrontato i sintomi post Covid di 428 pazienti, arrivando alla conclusione che i sintomi legati al Long Covid potrebbero essere diversi nelle persone che sono contagiate con varianti differenti. In generale, l'analisi indica che oltre la metà dei pazienti che hanno contratto l'infezione sperimenta sequele nella fase post acuta della malattia. Inoltre, a essere più colpite da sindromi post infezione sembrano essere le donne, quasi il doppio rispetto agli uomini. Mentre, i soggetti con diabete di tipo 2, fra i più duramente colpiti dal coronavirus Sars-CoV-2, sembrano essere meno a rischio di lunghe sequele. I risultati della ricerca, come riporta un articolo di Adnkronos, saranno presentati al Congresso europeo di microbiologia clinica e malattie infettive (Eccmid), in programma ad aprile a Lisbona, in Portogallo. (COVID: LE ULTIME NOTIZIE IN DIRETTA - VACCINO COVID: DATI E GRAFICI SULLE SOMMINISTRAZIONI IN ITALIA, REGIONE PER REGIONE)

Lo studio nel dettaglio

Lo studio osservazionale retrospettivo, condotto da Michele Spinicci e colleghi dell'Università degli Studi di Firenze e dell'Azienda ospedaliero universitaria Careggi, ha coinvolto 428 pazienti (254 uomini e 174 donne) trattati nell'ambulatorio post-Covid del Careggi tra giugno 2020 e giugno 2021, quando il virus originario e la variante Alfa stavano circolando nella popolazione. Tutti i partecipanti hanno compilato un questionario, indicando i sintomi persistenti in media 53 giorni dopo le dimissioni. Inoltre, il team di ricerca ha analizzato i dati sull'anamnesi, sul decorso microbiologico e clinico di Covid e sui dati demografici dei pazienti, contenuti nelle loro cartelle cliniche. È così emerso che dopo la prima ondata di Covid, nel 2020, erano in molti a sperimentare la totale assenza di olfatto per lunghi mesi. Sintomo segnalato meno frequentemente con l'arrivo della variante Alfa, a cui invece seguiva con maggiore frequenza l'esperienza di dolori, nebbia mentale, ansia e depressione nei messi successivi alla malattia.

I risultati

Nello specifico, dallo studio è emerso che il 76% del campione (cioè 325 su 428) ha riportato almeno un sintomo persistente, dopo la malattia.
I sintomi più comuni riportati sono stati mancanza di respiro (37%) e affaticamento cronico (36%), seguiti da problemi di sonno (16%), problemi visivi (13%) e nebbia cerebrale (13%). I risultati suggeriscono, inoltre, che i  soggetti colpiti da forme più gravi della malattia, che hanno richiesto l'uso di farmaci immunosoppressori come tocilizumab, correvano un rischio 6 volte maggiore di riportare sintomi di Long Covid. In particolare, per chi ha ricevuto un supporto di ossigeno ad alto flusso la probabilità di avere problemi di lungo corso è risultata essere maggiore del 40%.  

Sintomi Long Covid: differenze tra varianti  

Confrontando i sintomi riportati dai pazienti che hanno contratto il Covid tra marzo e dicembre 2020, quando era dominante il virus originale, con quelli segnalati dai soggetti infetti tra gennaio e aprile 2021, quando era dominante il ceppo Alfa, i ricercatori, inoltre, hanno rilevato un cambiamento sostanziale nel modello dei problemi neurologici e cognitivi-emotivi sperimentati nel post Covid. Nello specifico, è emerso che quando a dominare era Alfa, la prevalenza di mialgia (dolori muscolari), insonnia, nebbia cerebrale, ansia e depressione aumentava significativamente; mentre l'anosmia (perdita dell'olfatto) e disgeusia (difficoltà a deglutire), così come i problemi di udito erano meno comuni.
"Molti dei sintomi riportati in questo studio sono stati misurati, ma questa è la prima volta che sono stati collegati a diverse varianti", ha spiegato Spinicci, sottolineando che saranno necessarie altre ricerche per confermare quanto emerso dallo studio osservazionale. "La lunga durata e l'ampia gamma di sintomi ci ricordano che il problema non sta scomparendo e che dobbiamo fare di più per supportare e proteggere questi pazienti a lungo termine. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sui potenziali impatti delle varianti preoccupanti e sullo stato della vaccinazione sui sintomi in corso", ha concluso Spinicci.

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