Forum Barilla: Italia al 7° posto per sostenibilità alimentare

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Foto d'archivio Getty

È la Francia ad aggiudicarsi il primo posto del Food Sustainability Index, presentato al Forum Internazionale su Alimentazione e Nutrizione che si svolge a Milano. Il nostro Paese è comunque tra i migliori nella lotta agli sprechi alimentari

Dal rapporto tra cibo e migrazioni all’indice della sostenibilità alimentare dei Paesi, fino a uno studio sugli italiani e gli alimenti: sono questi i principali temi discussi all’Hangar Bicocca di Milano durante l'8° Forum Internazionale su Alimentazione e Nutrizione organizzato dal Barilla Center for Food & Nutrition. Dall'evento emerge anche che tra le cause delle migrazioni di massa non si può trascurare l’insicurezza alimentare, che spinge le popolazioni del Sud del mondo a spostarsi. Al forum è stato presentato anche il Food Sustainability Index: è la Francia il Paese dove meglio si produce, si distribuisce e si consuma il cibo. L’Italia si trova al 7° posto di questa classifica, ma è tra i migliori Paesi per quanto riguarda la lotta agli sprechi alimentari. Il nostro Paese, emerge da un'altro studio di Barilla con Demos, resta ancora abbastanza scettico sul cibo etnico rispetto ad altri Stati europei, e rimane piuttosto fedele alla produzione nostrana.

Cibo e cambiamenti tra le cause principali delle migrazioni

Le cause dello spostamento di 1 miliardo di persone – questo il numero di quelle considerate migranti – sono molteplici. Ma tra queste non si può trascurare l’insicurezza alimentare: ogni punto percentuale di aumento di questa costringe l’1,9% della popolazione a spostarsi, mentre un ulteriore 0,4% fugge per ogni anno di guerra. E in questo quadro generale, Mediterraneo ed Europa ricoprono ancora un ruolo rilevante in termini di Paesi di destinazione, anche se in un’ottica di rotte percorse quella che va dal Sud verso il Nord e in particolare dall’Africa verso l’Europa sembra riguardare poco meno del 10% dei migranti africani. In questo percorso, sia in termini di sviluppo economico che di integrazione delle abitudini culturali, il cibo continua a ricoprire un ruolo predominante, sia perché resta una delle principali cause di migrazione, sia perché rappresenta una risorsa - anche economica – per i Paesi di destinazione. Sono queste, in sintesi, alcune delle principali evidenze dello studio “Food & Migration. Understanding the geopolitical nexus in the Euro-Mediterranean”, realizzato da MacroGeo insieme a Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN).

In Francia il cibo più "buono" del mondo. L’Italia è settima

Si trova in Francia il cibo più “buono” del mondo. A ruota seguono Giappone e Germania. Non è una classifica del gusto ma della sostenibilità alimentare: sono questi i Paesi - tra i 34 analizzati - dove meglio si produce, si distribuisce e si consuma il cibo secondo i parametri di sostenibilità alimentare del Food Sustainability Index, l’indice realizzato da Fondazione BCFN e The Economist Intelligence Unit (EIU). L’indice analizza le scelte alimentari del pianeta non solo sulla base del “gusto”, ma anche del valore complessivo che il cibo rappresenta. In questa nuova classifica, l’Italia arriva al settimo posto, pur classificandosi prima per agricoltura sostenibile. Tra le novità dell’edizione 2017 del Food Sustainability Index anche un focus sul bacino del Mediterraneo che evidenzia come, a livello generale, Francia (1°), Spagna (4°), Portogallo (6°) e Italia (7°) si trovino ai primi posti grazie alle politiche messe in campo contro gli sprechi alimentari – sia a livello industriale che domestico. I Paesi del Sud del Mediterraneo ottengono posizioni inferiori: a metà classifica Israele (15°) e Turchia (16°) si distanziano da Giordania (25°), Egitto (27°), Marocco (29°), Tunisia (30°) e Libano (31°).

Cibo etnico, Italia più "nazionalista"

Negli ultimi anni sempre più cibo “etnico” è apparso sulle tavole dei Paesi occidentali. È un mercato che vale ormai 3 miliardi di euro complessivi, spinto sia dai flussi migratori sia dalla ricerca di nuovi sapori da parte dei cuochi, dei produttori e dei consumatori. In Italia, però, sembra che questa tendenza non sia ancora ai livelli di altri Paesi come Germania, Francia e Spagna. Demos ha realizzato con la Fondazione Barilla for Food & Nutrition uno studio, presentato in occasione del forum di Barilla, per capire come stanno cambiando le nostre abitudini alimentari. Sebbene emerga che un italiano su due pensa che da qui a dieci anni sulle nostre tavole sarà visibile, molto o moltissimo, questo cambiamento, parecchi restano però “nazionalisti”. È la preferenza per il nostro cibo, infatti, che sembra mettere d’accordo un po’ tutti, soprattutto a partire dai 34 anni in su. Circa tre intervistati su quattro, infatti, confermano che “si sentono a loro agio solo quando mangiano cibo italiano”, “si sentono sicuri solo quando mangiano cibo italiano” e affermano di “mangiare solo cibo italiano”. Non è dunque un caso che circa il 50% del campione non vada mai in ristoranti etnici, non compri cibo da asporto etnico né lo cucini. Eppure queste posizioni possono essere dettate da una scarsa conoscenza delle altre cucine: tre italiani su quattro “non ricercano cibi nuovi e diversi”, e solo il 34,9% del campione afferma di “apprezzare i cibi di culture differenti”. Le cucine etniche preferite restano quella cinese e giapponese (rispettivamente per il 41,8% e il 41,2% degli intervistati): le più presenti - da più tempo e in maniera capillare - sul territorio italiano.

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