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Siria, armi chimiche sui ribelli: strage di bimbi. Usa: colpa di Obama

Mondo
Idlib, aprile 2017 (Getty Images)

L'Osservatorio nazionale per i diritti umani (Ondus) denuncia l’uso di gas Sarin in un attacco del regime a Idilib. Il comando delle forze armate di Damasco respinge le accuse. Almeno 58 le vittime. Mosca: nessun aereo russo responsabile. Il governo Trump accusa la precedente amministrazione

Il governo siriano di Bashar al Assad avrebbe sferrato un attacco chimico sulla provincia di Idilib in mano ai ribelli che combattono il regime, causando la morte di almeno 58 persone. Lo riferisce l'Osservatorio siriano per i diritti umani (Ondus), istituto basato in Gran Bretagna che fornisce dati sulle zone di guerra. Il bilancio potrebbe aggravarsi: ci sarebbero altri 160 intossicati, alcuni dei quali in gravi condizioni. L'Osservatorio, in un forte atto di denuncia, ha pubblicato immagini che ritraggono le vittime dopo l'attacco: tra queste, almeno 11 sarebbero bambini. Anche gli Stati Uniti ritengono che "sia stato usato il sarin" e che "quasi certamente" il bombardamento "sia stato compiuto dalle forze di Assad". Lo riferisce l'autorevole quotidiano panarabo Asharq al Awsat. Le accuse sono state respinte dal comando generale delle forze armate siriane: in un comunicato diffuso dall'agenzia governativa Sana, ha “smentito categoricamente” di avere compiuto l’attacco chimico. Le forze armate “non hanno e non useranno mai questi materiali in nessun luogo o momento”, si legge nella nota. Lo stesso comando generale, continua il comunicato, “ritiene responsabili per l'uso di sostanze chimiche e tossiche i gruppi terroristi e quelli che li sostengono”.


Un secondo raid sull'ospedale da campo - Secondo gli attivisti, però, il regime ha anche compiuto un secondo raid che avrebbe colpito un ospedale da campo dove venivano curate alcune delle vittime del presunto attacco chimico. Anche in questo caso l'esercito fedele a Bashar al Assad nega di aver preso parte o ordinato alcun raid del genere. Nessuna notizia sul tipo di gas che sarebbe stato usato. Alcune fonti raccontano che i medici pensano possa trattarsi di un mix di diversi agenti, tra cui il Sarin. La provincia di Idilib è in mano ai ribelli e ai qaedisti dell'organizzazione Fatah al Sham. Secondo l’Onu, ospiterebbe anche 900mila sfollati provenienti da altre zone di guerra (LO SPECIALE).

La reazione internazionale - Indignate le reazioni internazionali, con Francia e Gran Bretagna che hanno subito chiesto una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza dell'Onu - poi convocata per mercoledì 5 aprile - e la Turchia che parla di "crimine contro l'umanità". "Crimini di guerra del genere devono essere puniti", ha commentato la Cancelliera tedesca Angela Merkel secondo un tweet del suo portavoce Steffen Seibert. Interviene anche Mosca, che fa sapere che nessuno dei suoi aerei è responsabile del raid, come conferma il ministero della Difesa russo in un comunicato.

Usa: colpa di Obama - Se sarà confermato che l'attacco in Siria è un attacco chimico, come sembra, si tratta "chiaramente di un crimine di guerra", dice un funzionario del Dipartimento di Stato Usa. La reazione del Paese, però, è contraddittoria. La Casa Bianca non ha dubbi che l'attacco sia stato compiuto dal governo di Bashar al Assad, ha detto il portavoce Sean Spicer, addossando la responsabilità anche all'amministrazione di Barack Obama, che "non fece nulla" contro Damasco per l'uso di armi chimiche in passato. Lo stesso Trump ha spiegato che "le azioni atroci del regime di Bashar al Assad sono una conseguenza della debolezza della passata amministrazione". Per il segretario di Stato, Rex Tillerson, su Russia e Iran gravano "grandi responsabilità morali".
 

L'Onu convoca il Consiglio di sicurezza

 

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Mogherini: attacco "orribile" - Una condanna all’attacco è arrivata anche da Bruxelles, dall’alto rappresentate per la politica estera europea, Federica Mogherini, che ha definito “orribile” quanto accaduto e che ha ricordato che “c’è una primaria responsabilità del regime, perché la sua responsabilità è quella di proteggere il suo popolo, non di attaccarlo”. 

Unicef Italia: "Oggi l'umanità è morta" - "Siamo oltre l'inferno", dice Valerio Neri, direttore di Save the Children Italia che stima che le vittime del conflitto iniziato 6 anni fa siano oltre 470mila. Parla invece di "immagini sconvolgenti" il portavoce di Unicef Italia, Andrea Iacomini. "La comunità internazionale, dopo sei anni di inferno, deve porre fine a questo calvario", ha ribadito, "sono tutti vittime di una guerra che non hanno voluto". Oggi, conclude "è morta l'umanità in Siria". 

<blockquote class="twitter-tweet" data-lang="it"><p lang="en" dir="ltr">Last year, &gt;850 children were recruited to fight in the Syrian conflict (twice as much as 2015) <a href="https://twitter.com/hashtag/childrenunderattack?src=hash">#childrenunderattack</a><a href="https://t.co/W4wKRCfseh">https://t.co/W4wKRCfseh</a> <a href="https://t.co/Cn3nEqTgvz">pic.twitter.com/Cn3nEqTgvz</a>&mdash; UNICEF MENA (@UNICEFmena) <a href="https://twitter.com/UNICEFmena/status/849260455394779136">4 aprile 2017</a></blockquote><script async src="//platform.twitter.com/widgets.js" charset="utf-8"></script>

 

Medici senza frontiere: popolazioni intrappolate in un territorio disseminato di mine - Il raid arriva nella giornata mondiale contro le mine antiuomo. Medici Senza Frontiere ha scelto questo giorno per diffondere il rapporto “Set to explode” (pronti a esplodere) che mostra come il Nord della Siria sia disseminato di mine e ordigni inesplosi che mettono in pericolo i civili e impediscono loro di fuggire dalle aree di conflitto o di poter rientrare nelle loro case. “Ci sono trappole esplosive piazzate ovunque, sotto i tappeti, nei frigoriferi, addirittura negli orsetti di peluche dei bambini”, ha sottolineato Karline Kleijer, coordinatore dell’emergenza in Siria per Msf. I numeri indicano che già centinaia di civili sono rimasti mutilati dagli ordigni e che, in sole quattro settimane, nell’estate del 2016, lo staff ospedaliero dell’area di Manbij ha ricevuto più di 190 persone ferite da esplosioni. “Per evitare il conflitto armato, i civili prendono le strade che considerano sicure, ma finiscono nei campi minati”, racconta un medico dell'organizzazione.

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