I due anni di negoziati per l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea sono iniziati. I punti da affrontare sono tanti e le possibili conseguenze economiche, sociali e territoriali sono ancora solo dei punti di domanda
Ieri la lettera di notifica dell’articolo 50 è stata consegnata al presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk e ha dato formalmente il via ai negoziati di due anni per la Brexit, l’uscita del Regno Unito dall’Unione europea. La missiva, scritta dalla premier britannica Theresa May, contiene sette punti chiave che spaziano dai diritti dei cittadini ai confini con l’Irlanda. Tante le questioni sul tavolo e molteplici gli scenari che potrebbero scaturire da questo negoziato che, in teoria, dovrebbe durare due anni.
60 miliardi, sì o no? - La questione che sembra toccare di più gli animi degli inglesi è quella economica, quanto costerà questo divorzio? Sembra che Bruxelles voglia dal Regno Unito 60 miliardi di euro che corrisponderebbero agli impegni già presi con l’Ue e ad alcuni elementi già inseriti nel bilancio, come ad esempio alcuni finanziamenti e le pensioni del personale comunitario. Il ministro inglese per la Brexit, David Davis, però non sembra d’accordo: “Ci prenderemo le nostre responsabilità ma non ci aspettiamo niente di simile. È finita l’era delle grosse somme pagate all’Unione europea”. (BREXIT, LE PROSSIME TAPPE)
Banche e assicurazioni - Sempre parlando di economia, fino alla fine non si saprà cosa accadrà a banche e assicurazioni che, se autorizzati in uno Stato membro, possono offrire i propri servizi negli altri Paesi Ue grazie al cosiddetto “passaporto”. Se il Regno Unito dovesse uscire dall’Ue, c’è la possibilità che gli intermediari perdano questo documento e l’accesso al mercato unico.
L’intesa mancata - Il Regno Unito, quindi, dovrebbe uscire dall’Unione europea il 29 marzo 2019, dopo i due anni previsti per il negoziato. Ma, se per quel giorno l’intesa tra Londa e Bruxelles non ci fosse, si aprirebbero due scenari: una proroga delle discussioni o l’abbandono delle trattative da parte dei britannici.
La residenza - Uno dei punti più critici della Brexit è il futuro dei circa tre milioni di cittadini europei che vivono nel Regno Unito. Non sembra, per ora, che ci saranno particolari problemi, anche se queste persone non avranno più il diritto di libera residenza dell’Unione. Sembra che questa “garanzia” sarà concessa a chi ha cinque anni di residenza, ma non è chiaro da quando questo periodo dovrebbe decorrere.
I cittadini italiani - Gli italiani che vivono in Gran Bretagna ma non sono legalmente registrati all’anagrafe britannica dovranno certificare e dimostrare la loro residenza. Probabilmente questo passaggio servirà per ottenere poi il “residence permit”, che non dovrebbe essere un problema per chi è lì da lungo tempo o comunque da prima del referendum sulla Brexit.
Gli studenti italiani - Chi ha scelto un’università inglese non può che aspettare la fine dei negoziati. Oggi l’appartenenza all’Ue garantisce vantaggi che potrebbero andare persi, come la parificazione agli studenti britannici, la possibilità di non pagare le tasse universitarie o di poter accedere a finanziamenti bancari per farlo. Le imposte per studiare negli atenei inglesi potrebbero salire anche in maniera piuttosto sensibile.
I turisti italiani - Quando i negoziati saranno terminati e il Regno Unito sarà ufficialmente fuori dall’Ue, andare in vacanza potrebbe richiedere qualche accortezza e disagio in più. Non basterà più la carta d’identità per sbarcare a Londra, servirà il passaporto, e non sarà più valida la Tessera sanitaria europea ma sarà necessario stipulare un’assicurazione. Inoltre, sui biglietti aerei e sulle tariffe della telefonia, potrebbero esserci rincari anche piuttosto pesanti.
Scozia e Irlanda - Ignoto anche il destino dello stesso Regno Unito: la Scozia vuole separarsi per rimanere nell’Unione europea e parla di un referendum indipendentista. Scenario incerto anche per l’Irlanda del Nord, dove incombe l’ombra di un ritorno della frontiera tra l’Ulster britannico e l’Eire, indipendente come Repubblica d’Irlanda.