Belize, la rinascita della barriera corallina minacciata dai turisti

Ambiente
Un tratto della barriera corallina (Getty Images)
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Nonostante i risultati positivi riscontrati negli ultimi 10 anni, la formazione dell'America centrale potrebbe correre nuovi rischi legati alla sovrapesca, all'estrazione del petrolio e alla presenza massiccia di visitatori 

Il progetto di restauro della barriera corallina del Belize, piccola isola nel mar dei Caraibi, è una delle operazioni di recupero ambientale di maggior successo degli ultimi anni: in una sola decade si è registrata una crescita del numero di coralli del 35% e circa il 90% delle creature marine che popolano la zona sono sopravvissute alle numerose pressioni esterne. Eppure, secondo un nuovo report della Healthy Reefs for Healthy People Initiative (HRI), i risultati conquistati con tanta fatica rischiano di essere spazzati via se non si introdurranno leggi più severe per controllare flussi turistici, sovrapesca ed estrazione del petrolio.

I risultati positivi

Negli ultimi 10 anni, pescatori, guide turistiche, scienziati ed ambientalisti si sono battuti per la conservazione della barriera corallina mesoamericana, che si estende per circa 965 km nel Mar dei Caraibi. Nell'ultima decade, la scogliera è stata monitorata con costanza dalla Healthy Reefs for Healthy People Initiative (HRI): in oltre 300 siti dislocati tra Messico, Belize, Honduras e Guatemala, gli scienziati hanno misurato la copertura corallina e la presenza della fauna. Nonostante le numerose minacce rappresentate da inquinamento e cambiamenti climatici, i dati del prossimo report di HRI, spiega il "The Guardian", parlano di una crescita della copertura dal 10% al 17.5% dal 2006.

Il report

Il sistema corallino del Belize è stato dichiarato patrimonio dell'Unesco nel 1996, ed ospita circa 1400 specie di flora e fauna oltre al suggestivo Blue Hole, una dolina marina perfettamente circolare larga oltre 300 metri e profonda 123 metri. La conservazione dei siti ambientali è molto importante per questo piccolo Paese dell'America centrale, poiché pesca e turismo (immersioni e snorkeling) generano il 15% del PIL. Ma il report di HRI, che sarà pubblicato il prossimo mese, rivela anche nuove sfide che la barriera corallina sarà costretta ad affrontare. Oltre alla diffusione di macro-alghe, che potrebbero danneggiare i coralli, a rendere ancor più complicata la situazione potrebbero essere una serie di fattori esterni come la crescita del turismo, l'estrazione del petrolio e la distruzione delle mangrovie per lasciar spazio alle spiagge.

I rischi del turismo

"Abbiamo delle buone leggi che non sono implementate, e in alcuni casi le multe per le infrazioni sono troppo basse. C'è bisogno di un cambiamento in questa direzione" ha spiegato Nadia Bood, scienziata del World Wildlife Fund. La situazione è particolarmente critica sull'isola di Bird Caye, densamente popolata da hotel e case vacanza. Il numero dei visitatori nella zona è molto cresciuto negli ultimi anni, e i servizi igienici localizzati sulla terraferma non sono ormai più sufficienti. Un'altra isola, Harvest Caye, è stata invece venduta ad una compagnia di nave da crociera norvegese, che continua a trasportarvi ogni mese centinaia di visitatori. Proprio la presenza delle numerose navi, avrebbe portato secondo gli ambientalisti all'aumento delle morti di lamantini nella zona. A questi rischi, si aggiunge quello dell’estrazione del petrolio: alcuni documenti trapelati nel 2015 hanno dimostrato la presenza di accordi segreti per licenze di esplorazione petrolifera in molte zone protette. Il governo aveva successivamente promesso di introdurre un divieto per proteggere il sito Unesco, ma non è stato implementato, e l'attuale moratoria temporanea potrebbe essere sospesa in qualsiasi momento. "Petrolio e barriere coralline non sono compatibili. Uno sversamento sarebbe un attacco agli sforzi per la conservazione portati avanti in questi anni, e non è un rischio che vale la pena correre" ha spiegato Melanie McField McField dell'HRI.

 

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