'Ndrangheta, voto di scambio in Piemonte: si dimette l’assessore regionale Rosso
PiemonteRoberto Rosso è stato a lungo parlamentare di Forza Italia e ora milita in Fratelli d'Italia, da cui è stato momentaneamente espulso dalla leader del partito, Giorgia Meloni. Per il procuratore generale della Regione, il politico "è sceso a patti con i mafiosi"
A Torino la guardia di finanza, nell'ambito dell'operazione "Fenice", ha eseguito otto ordinanze di custodia cautelare in carcere, su richiesta della Direzione distrettuale antimafia torinese, e ha sequestrato beni sul territorio nazionale nei confronti di soggetti legati alla 'ndrangheta, radicati nel territorio di Carmagnola e operanti a Torino. Tra le condotte illecite, oltre all'associazione per delinquere di stampo mafioso e reati fiscali per 16 milioni di euro, è stato contestato anche quello di scambio elettorale politico-mafioso. In totale, sono 200, tra imprese, immobili e conti correnti, i beni sequestrati dalla guardia di finanza: i sequestri sono stati eseguiti, oltre che in Piemonte, anche in Lombardia, Toscana, Lazio, Campania, Sicilia e Sardegna.
In manette l'assessore Roberto Rosso, che si è dimesso
Tra le persone arrestate figura anche Roberto Rosso, assessore ai Diritti civili della Regione Piemonte, che quest'oggi ha rassegnato le proprie dimissioni con una lettera, firmata in carcere, e "prontamente accettate" del governatore, Alberto Cirio.
Il politico è stato a lungo parlamentare di Forza Italia, per cui all'inizio degli anni '90 è stato candidato sindaco di Torino, e ora milita in Fratelli d'Italia, da cui è stato momentaneamente espulso per bocca della leader del partito, Giorgia Meloni. Rosso, nel 2012, da deputato alla Camera, fu tra i firmatari di una interpellanza su rapporti tra la 'Ndrangheta e le istituzioni in cui compariva anche il nome di Onofrio Garcea, il presunto boss che nei mesi scorsi, prima delle elezioni regionali, ha incontrato a Torino.
Le accuse nei confronti di Rosso
Le accuse nei confronti dell'ex assessore riguarderebbero le elezioni regionali del 26 maggio, su cui la 'ndrangheta avrebbe esercitato la propria influenza: una spesa di 15mila euro in cambio della promessa di un "pacchetto" di voti.
Negli atti dell'indagine ci sono sono anche delle conversazioni intercettate dalla Guardia di finanza tra due intermediari di presunti boss della 'ndrangheta e Rosso stesso. "Eh... 5 e bon tagliamo la testa al toro". "Glielo dico, provo a dirglielo". "Cinque, e tre 'caramelle' le han già prese. E bon". Rosso, secondo gli inquirenti, avrebbe versato in due tranche un totale di 7.900 euro, a fronte di una promessa di 15mila euro.
Il procuratore regionale: "Rosso è sceso a patti con i mafiosi"
Dell'arresto di Rosso ha parlato il procuratore generale del Piemonte, Francesco Saluzzo: "Secondo le risultanze delle indagini Roberto Rosso è sceso a patti con i mafiosi. E l'accordo ha avuto successo". Gli investigatori hanno documentato, anche con immagini, diversi incontri tra Rosso e alcuni presunti boss, tra cui Onofrio Garcea, esponente del clan Bonavota in Liguria, anche in piazza San Carlo a Torino. Dalle indagini è emersa "la piena consapevolezza del politico e dei suoi intermediari circa la intraneità mafiosa dei loro interlocutori".
Rosso: "Ho preso pochi voti e non pago più"
Dopo essere stato eletto al consiglio regionale del Piemonte, Rosso non voleva versare agli esponenti della 'ndrangheta la somma concordata perché riteneva di avere preso meno voti del previsto. E' quanto si ricava dall'ordinanza di custodia cautelare del gip Giulio Corato. "No - disse Rosso all'imprenditrice Enza Colavito, che fece da intermediaria, in una telefonata intercettata dalla guardia di finanza - io ho verificato e sono dei cacciapalle incredibili. Diglielo pure". L'ordinanza rileva che nel Comune di San Gillio, dove risiede uno dei presunti boss con la famiglia, Rosso raccolse solo due preferenze. Uno degli arrestati, Francesco Viterbo, fu sentito fare commenti malevoli su Rosso: "Il suo comportamento è stato uno schifo". E alla fine, dopo una laboriosa trattativa, Rosso si decise a proporre - si legge nelle carte - di "corrispondere una somma di denaro corrispondente alla metà di quella precedentemente pattuita". Secondo il giudice, il neo consigliere regionale affrontò la questione con una "serietà" che dimostra la "consapevolezza della caratura criminale" dei suoi interlocutori e avvertì "il concreto pericolo di conseguenze indesiderabili".
Giorgia Meloni: "E' fuori da FdI"
L'arresto di Rosso ha portato la leader di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, ad allontanare momentaneamente l'ex assessore dal partito: "Roberto Rosso ha aderito a Fratelli d'Italia da poco più di un anno. Apprendiamo che stamattina è stato arrestato con l'accusa più infamante di tutte: voto di scambio politico-mafioso. Mi viene il voltastomaco. Mi auguro dal profondo del cuore che dimostri la sua innocenza, ma annuncio fin da ora che Fratelli d'Italia si costituirà parte civile nell'eventuale processo a suo carico. Ovviamente, fin quando questa vicenda non sarà chiarita, Rosso è da considerarsi ufficialmente fuori da FdI", le sue parole.
"Come facciamo con tutti i nostri candidati - ha aggiunto Meloni - abbiamo verificato con gli strumenti che un partito ha a disposizione se avesse problemi con la giustizia. Non è emerso nulla e abbiamo deciso di sottoporre anche il suo nome al giudizio degli elettori piemontesi. È stato il più votato nelle nostre liste, e per questo è diventato assessore regionale. La mafia, la camorra e la 'ndrangheta ci fanno schifo e ci fa schifo chi scende a patti con loro".
E ancora: "A chiunque pensi di usare il nostro simbolo per trattare con mondi che noi combattiamo voglio dire forte e chiaro: Fratelli d'Italia non può essere la vostra casa, perché ci fate vomitare", ha concluso.
Arrestatato anche l'imprenditore Mario Burlò
Tra gli arrestati figura anche Mario Burlò, imprenditore 46enne di Moncalieri. Con la propria azienda, la OJ Solution, che opera nel settore del facility management, è main sponsor di alcune società sportive in Italia, tra cui la Basket Torino e la Auxilium Torino, fallita nei mesi scorsi. Burlò è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Secondo l'accusa, avrebbe attuato uno strutturato sistema di evasione fiscale attraverso la creazione di società a lui non riconducibili. In questo modo, sempre secondo l'accusa, avrebbe accumulato indebite compensazioni Iva per un valore superiore ai 16 milioni di euro. Sotto sequestro numerose proprietà dell'imprenditore, tra cui una villa in passato appartenuta ad Arturo Vidal, una decina di appartamenti nel resort Geovillage di Olbia, nonché alcuni ristoranti e bar del capoluogo torinese.
Interesse clan per candidato Forza Italia
Il presunto boss, Onofrio Garcea, arrestato oggi dalla guardia di finanza a Torino, in occasione delle ultime elezioni regionali in Piemonte, si sarebbe "interessato" anche alla candidatura di Domenico Garcea, 43 anni, iscritto a Forza Italia e consigliere della VI circoscrizione a Torino. E' quanto si ricava dall'ordinanza di custodia cautelare del gip Giulio Corato. Garcea raccolse 771 voti. L'ordinanza cita un episodio in cui un altro degli arrestati, Francesco Viterbo, riferisce a Onofrio Garcea di avere incontrato a Nichelino il 24 febbraio 2019 "quattro o cinque onorevoli di Forza Italia", e, in particolare, di avere parlato con "Napoli e Bertoncino", con i quali si è discusso di "dover prendere il paese in mano" facendo riferimento alle elezioni comunali a San Gillio (Torino) e anche al fatto che "i lavori del Tav a Chiomonte devono proseguire". Secondo il giudice "non può non evidenziarsi il generale interesse della 'ndrina per la politica, interesse che appare costantemente illuminato da una precisa volontà di rapido tornaconto".
Cirio: "Valuteremo se costituirci parte civile"
"In caso di processo, la Regione Piemonte valuterà la costituzione di parte civile", ha annunciato il governatore Alberto Cirio. "Oggi metto in sicurezza l'immagine dell'istituzione, mia e del nuovo governo che ha fatto della lotta alla mafia una delle proprie battaglie principali nei fatti, non solo a parole", aggiunge Cirio ricordando la costituzione "per la prima volta in Piemonte di una commissione permanente sulla Legalità" e le altre iniziative adottate in questa direzione. "Abbiamo attivato con Libera e Avviso pubblico percorsi di formazione agli amministratori perché si creino gli anticorpi contro la mafia. Per questo una accusa di questo tipo non è compatibile con la permanenza nel nostro governo, ed è il motivo per cui ho disposto immediatamente la revoca. Poi sono arrivate le dimissioni dell'assessore, gli auguro di riuscire a dimostrare rapidamente la sua estraneità".
"Avrei voluto giunta nuova, Fratelli d'Italia ha indicato altro"
"Ero stato chiaro sin dall'inizio: volevo una giunta tutta nuova, l'ho segnalato anche alle forze politiche che avrei preferito persone senza troppa esperienza. Fratelli d'Italia ha invece pensato di indicare in altro modo - ha sottolineato Cirio -. Se uno anche solo avesse avuto il sospetto, non solo non lo nominava assessore, ma non ci avrebbe preso neanche il caffè...".
"Ho grande fiducia nei confronti della magistratura, torinese e italiana, per il lavoro che sta facendo. Andiamo avanti, ma con un monito chiaro: la mafia è il male assoluto, il nemico, e chi vuole governare con me il Piemonte deve averlo ben chiaro". Su Rosso il presidente della Regione ha dichiarato: "Le sue deleghe? Questo sarà oggetto di ragionamenti politici che si faranno nelle prossime settimane".
Appendino: "Quadro preoccupante"
"Il quadro che emerge dalle indagini condotte dalla procura di Torino - ha dichiarato la sindaca di Torino, Chiara Appendino -, da cui risultano rapporti tra politica e criminalità organizzata, è sicuramente preoccupante e ci induce a tenere sempre alta la guardia sul persistente pericolo di infiltrazioni mafiose e sulla relativa possibilità di condizionare le attività della pubblica amministrazione. Per questo motivo - ha sottolineato la sindaca - il lavoro della magistratura e delle forze dell'ordine a tutela della legalità e degli interessi dei cittadini risulta quanto mai prezioso, come indispensabile rimane l'impegno e la massima attenzione da parte di chi ricopre o si candida a ricoprire una carica pubblica".
Morra: "Più attenzione da elettori e politici"
"Dopo la maxi operazione di ieri contro la ndrangheta dei Mancuso, con l'ex parlamentare Pittelli arrestato e due ex consiglieri regionali calabresi interessati da misure restrittive, anche oggi la politica offre il suo tributo alla pervasività della mafia calabrese. Questa volta si tratta però di un consigliere regionale in carica, di maggioranza. Le forze politiche tutte, soprattutto quelle colpite da queste tristi dinamiche giudiziarie, dovranno assumersi le loro responsabilità quando offrono agli elettori candidati con frequentazioni sporche finalizzate al consenso. Ma anche gli elettori debbono essere più attenti a certe vicinanze. Pretendendo la massima trasparenza possibile dai loro possibili rappresentanti!".
Il commento del presidente della Commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, su Facebook.
Salvini: "Fare chiarezza al più presto"
Anche il leader della Lega, Matteo Salvini, ha commentato la notizia dell'arresto di Rosso: "Un conto sono i trecento arresti in Calabria, un conto le dimissioni di massa in Valle d'Aosta, un conto una indagine in Piemonte che riguarda anche un politico sui cui bisogna fare chiarezza al più presto", le sue parole. "Si è dimesso? Basta, vuol dire che ha ritenuto giusto farlo - ha aggiunto -. Gli auguro buona fortuna".
Mons. Nosiglia: "Presenza in Piemonte attiva"
Degli arresti ha parlato anche l'arcivescovo di Torino, monsignor Cesare Nosiglia: "Non conosco questa vicenda e, comunque, bisogna attendere che la magistratura faccia il suo lavoro. Quel che vediamo da tempo, purtroppo, è che la 'ndrangheta nel nostro territorio è una presenza non silenziosa ma attiva. Abbiamo già avuto casi di collegamenti con la politica". E ancora: "Non mi stupirei se la politica cadesse in questa trappola, come già accaduto".