Tav, assolto attivista che lavora in Val di Susa: foglio di via poco motivato
PiemonteLuca Anselmo, 35 anni, era stato colpito dal provvedimento nel 2015 ma l’anno successivo è stato visto nei pressi del cantiere di Chiomonte in occasione di tre iniziative No Tav. Per il giudice il foglio doveva essere giustificato con maggiori particolari
Il giudice Lucilla Raffaelli ha assolto Luca Anselmo, 35 anni, storico attivista No Tav, dall’accusa di aver violato il foglio di via spiccato nei suoi confronti (COS'È LA TAV). Secondo il magistrato, il provvedimento preso dalla questura doveva essere motivato con maggiori particolari: Anselmo, infatti, lavora in Valle di Susa come "accompagnatore turistico nella Regione Piemonte" ed è anche proprietario di una quota di un terreno nella zona di Chiomonte (Torino), comune dal quale l’esponente del movimento contrario alla Torino-Lione era stato allontanato.
Foglio di via emesso nel 2015
La questura aveva applicato ad Anselmo il foglio di via dal territorio del Comune di Chiomonte nel 2015, ma l’anno successivo, l’attivista era stato visto in occasione di tre iniziative No Tav (i cosiddetti 'apericena resistenti') nei pressi del cantiere, motivo per il quale era stato rinviato a giudizio. La Procura aveva chiesto nove mesi di arresto. Durante l’udienza, Anselmo, che risiede a Chianocco e che al processo è stato difeso dall'avvocato Danilo Ghia, ha affermato di essere proprietario di un piccolo appezzamento proprio a Chiomonte e di svolgere "attività di ricerca faunistica e di accompagnatore turistico nella Regione Piemonte", presentando anche un tesserino.
Motivazioni insufficienti
La Questura ha anche fatto presente che a carico dell'imputato figuravano "plurime partecipazioni a episodi cruenti in Valle di Susa" e numerose segnalazioni per "violenza privata, rapina, interruzione di servizio pubblico, danneggiamento, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, accensioni pericolose" (anche se è "formalmente incensurato”). Tuttavia, secondo il giudice non è sufficiente: dal foglio di via non si capisce perché "avrebbe dovuto essere necessariamente impedito o essere reso sensibilmente più difficoltoso l'esercizio della professione”. Inoltre, affermare che "un simile onere motivazionale graverebbe la Questura di uno sforzo argomentativo insostenibile" non serve in quanto l'obiezione riguarda "ragioni pratiche estranee al contesto normativo e ai superiori principi che governano l'azione della pubblica amministrazione". Secondo il giudice, occorrevano maggiori verifiche: si trattava solo di raccogliere "un minimo di informazioni".