La procura aveva avanzato la richiesta nei confronti di alcuni italiani che negli anni scorsi sono andati in Medio Oriente per unirsi alle milizie curde in lotta contro l'Isis
E' stata respinta dal Tribunale di Torino la richiesta avanzata dalla procura torinese di sottoporre a sorveglianza speciale due dei cittadini italiani che negli anni scorsi sono andati in Siria per unirsi alle milizie curde in lotta contro l'Isis. Si tratta di Davide Grasso, 39enne autore di alcuni libri sulla sua esperienza, e di Fabrizio Maniero, anarchico 44enne. Per altri tre combattenti italiani in Siria i giudici hanno disposto un supplemento di accertamenti.
Le motivazioni della Corte
Il collegio giudicante ha ritenuto che nei confronti di Grasso e Maniero non debba essere applicata la sorveglianza speciale perché i loro precedenti penali e di polizia sono avvenuti in anni "non recenti", prima della loro partecipazione ai combattimenti nelle file dell'Unità di protezione del popolo (Ypg) contro l'Isis nel Nord della Siria. Secondo i magistrati della sezione 'Misure di prevenzione', inoltre, il fatto che abbiano imparato a utilizzare le armi in scenari di guerra non è un elemento chiave nella valutazione della loro pericolosità perché slegata da fatti concreti avvenuti dopo il loro rientro in Italia. Nel caso di Grasso le osservazioni del pubblico ministero vengono definite "meramente congetturali".
Disposti accertamenti ulteriori
Su tre antagonisti torinesi che affiancarono i curdi nel Nord della Siria "il collegio ritiene di dovere acquisire ulteriori elementi". E' quanto si legge nel decreto della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Torino. Devono essere quindi acquisite le notizie di reato e gli eventuali sviluppi investigativi e giudiziari riguardanti Maria Edgarda Marcucci, 28 anni, che ha combattuto nell'Unità di difesa delle donne (Ypj), la milizia curda al femminile, Paolo Andolina, 28enne che ha militato nell'Unità di protezione del popolo, e Jacopo Bindi, 33enne che ha svolto lavori di tipo civile. Secondo i giudici bisogna valutare se abbiano commesso reati al rientro in Italia e quindi se quanto appreso sul fronte siriano possa aver aumentato la loro pericolosità per la sicurezza pubblica.