Omicidio Stefano Leo, la madre della vittima: "Grave che l’assassino non fosse in carcere"
PiemonteCosì Mariagrazia Chiri, la madre di Stefano Leo: "Se quanto sinora emerso dovesse risultare confermato, non può essere in alcun modo utilizzato strumentalmente per ridurre le gravissime responsabilità di chi ha colpito un ragazzo pacifico e indifeso"
La madre di Stefano Leo, Mariagrazia Chiri, è intervenuta oggi sulla mancata carcerazione di Said Mechaquat, il 27enne che si è costituito alle forze dell'ordine confessando l'omicidio del figlio. "È un fatto grave che chi ha confessato il delitto avrebbe dovuto entrare in carcere già mesi fa. In ogni caso, anche se quanto sinora emerso dovesse risultare confermato, non può essere in alcun modo utilizzato strumentalmente per ridurre le gravissime responsabilità di chi ha colpito un ragazzo pacifico e indifeso".
Le dichiarazioni delle madre di Stefano Leo
Poi, la donna ha proseguito: "Se ne sta occupando il nostro avvocato, Nicolò Ferraris. Io non voglio entrare nel merito", per poi ringraziare "i magistrati e gli inquirenti che hanno mostrato, oltre a professionalità e competenza, molta umanità e vicinanza". Inoltre, la donna, in una nota diffusa attraverso il suo legale, ringrazia anche "tutte le persone che hanno fatto avere la loro solidarietà, anche le persone che non ho sentito o conosciuto direttamente ma che nel loro profondo hanno condiviso con me questo dolore. In questi giorni le dimostrazioni di affetto, di amore, di solidarietà mi hanno sostenuta costantemente. Stefano è stato un figlio meraviglioso, che mi ha dato tantissimo e questo nulla me lo potrà mai togliere. Mi ha sempre dato un amore incommensurabile, fatto di affetto, di attenzioni, di rispetto. Mi ha aiutato insegnandomi cose importanti: che sempre si può migliorare, ci si può trasformare superando i propri limiti, le proprie sofferenze e insicurezze. Vorrei ricordare Stefano facendo del bene. Sarebbe il modo migliore per dimostrargli la mia immensa gratitudine".
L'Associazione nazionale magistrati: "Carenze gravissime"
"L'omicidio di Stefano Leo impone, nella sua assurda tragicità, di prendere atto della situazione di gravissima carenza degli organici del personale amministrativo del settore Giustizia". Lo sostiene la nuova giunta dell'Associazione nazionale magistrati, che - esprimendo "profondo dolore e cordoglio per quanto accaduto" - chiede al ministro Alfonso Bonafede "di intervenire attivamente e concretamente perché la complessa struttura della Giustizia sia messa in condizione di operare e perché si scongiuri il ripetersi di analoghe disfunzioni".
La nota dell'Anm: "Non è un caso isolato"
"L'assenza di assistenti, cancellieri, funzionari rende più difficile e lento pronunciare sentenze e, una volta che queste sono state emesse, ne impedisce la immediata esecuzione - afferma l'Anm in una nota -. Il caso verificatosi a Torino, con la mancata trasmissione alla Procura della Repubblica della sentenza irrevocabile per la sua esecuzione, che avrebbe potuto portare alla carcerazione del condannato, non è stato determinato da un 'errore' del singolo, e, purtroppo, non è un caso isolato, né un'eccezione". In tutti gli uffici giudiziari italiani si stanno creando "enormi arretrati a causa del numero troppo esiguo di addetti e dell'aumentata produttività dei magistrati. Abbiamo chiesto ripetutamente che ci venissero date le condizioni necessarie a fornire un servizio Giustizia adeguato. Non basta cambiare le norme e non basta neppure assumere più magistrati", perché i magistrati "sono una delle componenti di un lungo percorso che porta alla Giustizia, ma non possono camminare da soli. Per procedere occorre poter disporre di tutte le altre componenti e, innanzitutto, di personale amministrativo. Occorrono investimenti e assunzioni". "La Giustizia - sottolinea il sindacato delle toghe - non è solo la Magistratura. I magistrati subiscono l'assenza di risorse e soffrono della impossibilità di fornire un servizio all'altezza delle aspettative dei cittadini".