E’ in corso a Torino l'udienza relativa alla richiesta di sorveglianza speciale mossa dalla procura a carico di cinque italiani che si sono uniti alle milizie curde
E’ in corso a Torino l'udienza relativa alla richiesta di sorveglianza speciale, mossa dalla procura, a carico di cinque torinesi che tra il 2016 e il 2018 sono andati a combattere in Siria accanto alle milizie curde in lotta contro l'Isis. I pubblici ministeri ritengono i cinque socialmente pericolosi perché "hanno diversi precedenti penali o di polizia per reati di violenza legati a fatti politici" commessi in Italia. All’esterno del Palazzo di Giustizia, intanto, è in corso un presidio di anarchici, antagonisti e sindacati di base.
Le motivazioni del PM
Sono persone, ha detto il PM Manuela Pedrotta, che "hanno fatto della lotta al sistema capitalista la loro ragione di vita ed è per questo che, dopo avere acquisito un addestramento di tipo militare in Siria, sono diventati 'socialmente pericolosi'". Il magistrato ha ricordato che i cinque "si sono resi responsabili di condotte violente contro le forze dell'ordine in occasione di manifestazioni contro il Tav, le politiche contro l'immigrazione, gli avversari politici all'università". In questo senso "non è corretto - ha sottolineato - dire che se Giovanni Asperti e Lorenzo Orsetti, italiani caduti in Siria durante la guerra all'Isis, fossero tornati in Italia sarebbero stati sottoposti al medesimo procedimento: non hanno i loro precedenti". Per il PM, dopo l'apertura del procedimento i cinque torinesi "hanno reso interviste in cui sostenevano tesi più sobrie per conquistarsi i favori dell'opinione pubblica", ma a fare testo devono essere le prese di posizione e gli scritti apparsi in precedenza, con i frequenti richiami "alla rivoluzione". "Non credo - ha ribadito Pedrotta - che siano andati in Siria per salvare la nostra società da una minaccia terroristica. Uno di loro ha scritto che 'dopo l'Isis il nemico numero uno è la società capitalista'. Loro vogliono continuare la lotta in Italia".