Durante la proiezione della finale di Champions League del 3 giugno 2017 era rimasta tetraplegica dopo essere stata calpestata dalla folla in preda al panico. La sindaca Appendino: "Profondo dolore e sincera vicinanza ai famigliari"
È morta all’ospedale Cto di Torino la donna calpestata dalla folla il 3 giugno 2017 in piazza San Carlo, durante la proiezione della finale di Champions League Juventus-Real Madrid. Quella notte Maria Amato, 65 anni, era rimasta tetraplegica dopo essere stata calpestata dalla folla in preda al panico. È deceduta la mattina del 25 gennaio nel reparto di Rianimazione dove era ricoverata a causa di alcune complicazioni sopraggiunte negli ultimi giorni. La sindaca di Torino Chiara Appendino ha contattato telefonicamente i familiari della donna esprimendo "profondo dolore e sincera vicinanza ai famigliari in questo difficile momento". Con la morte di Maria Amato sono due le vittime di piazza San Carlo. Oltre a lei, Erika Pioletti, la 38enne morta dopo alcuni giorni di agonia. "È stata dura", ha detto la figlia di Marisa Amato. "Se vuoi bene a una persona, le stai insieme sino alla fine - ha aggiunto - Le stai vicino. E noi le siamo stati sempre accanto".
Morta per complicanze respiratorie
La 65enne era arrivata il 23 gennaio al pronto soccorso con problemi respiratori. Gli esami avevano evidenziato un versamento pleurico che era stato drenato mentre la respirazione era stata sorretta con ventilazione non invasiva. Era stata ricoverata nel reparto di Terapia Intensiva, diretto da Mauriziano Berardino. La paziente, da quanto si apprende da fonti sanitarie, aveva coscientemente chiesto che la terapia, soprattutto il supporto respiratorio, non prevedesse mezzi invasivi come l'intubazione tracheale o la tracheotomia, qualora la ventilazione non invasiva non risultasse sufficiente, pur essendo cosciente che questa decisione avrebbe potuto portarla a un peggioramento fatale. Seguendo queste indicazioni la terapia ha portato a discreti risultati. Poi, alle otto di questa mattina, il brusco peggioramento cardiovascolare ha causato la perdita della coscienza. "La paziente è morta a causa di un brusco cedimento cardiovascolare a seguito di un'infezione urinaria che ha causato il peggioramento delle condizioni respiratorie", ha spiegato Berardino. "Quello che è successo purtroppo non è strano per la dinamica della malattia - aggiunge - si è trattato di un'infezione che spesso si manifesta in pazienti tetraplegici. Il cuore ha mollato a seguito di una catena di eventi. È rimasta lucida sino alla fine - dice - E ha chiesto che la terapia non prevedesse mezzi invasivi come l'intubazione tracheale o la tracheotomia".
Il 3 giugno aveva scritto sui social: "Sogno una vita normale"
"Un periodo lungo, colmo di sofferenza e di fatica...fisica e mentale". Con queste parole la donna ha raccontato la sua vita dopo l’incidente in un lungo post su Facebook pubblicato a un anno dalla tragedia di piazza San Carlo. "Oggi più che mai conosco il valore della famiglia in ogni sfumatura...parenti, amici, conoscenti, compagni di vita ricomparsi dopo anni, e poi voi, voi della rete ... non meno importanti degli altri – si legge sulla pagina del social network “Aiutiamo Marisa Amato” -. Tutto questo calore costante e ininterrotto ha fatto sì che anche nei periodi più bui di questo percorso mi abbia dato quel pizzico di lucidità per far sì che tornassi ad ascoltare il mio istinto di sopravvivenza". Nel post Marisa Amato esprimeva il desiderio di tornare alla sua vita normale. "Voglio tornare a casa e vivere, seppur in modo diverso, la mia quotidianità - diceva - fuori da queste mura tristi di quello che è l'ospedale, sempre e comunque con la speranza di migliorare questa mia condizione". La donna rivolgeva "un pensiero dal più profondo del cuore" ai genitori di Erika Pioletti.
Era parte civile nel processo per i fatti di piazza San Carlo
Marisa Amato era presente lo scorso 23 ottobre all'udienza preliminare del processo per i fatti del 3 giugno in piazza San Carlo. Aveva raggiunto in ambulanza l'aula bunker, complesso alla periferia della città che di solito viene usato per i dibattimenti di mafia e terrorismo. Assistita dall'avvocato Nicola Menardo, dello studio legale Grande Stevens, si era costituita parte civile nel processo. La procura, affidandosi alla consulenza di due specialisti, aveva avviato accertamenti nei confronti di due medici per capire se la tetraparesi fosse stata causata da mancanze da parte del personale dell'ospedale Maria Vittoria, dove era stata portata inizialmente, e delle Molinette, dove era stata poi trasferita. Nel processo la procura di Torino muove l'accusa di disastro, lesioni e omicidio colposo a 15 persone, tra cui la sindaca Chiara Appendino, l'allora questore Angelo Sanna e il viceprefetto Roberto Dosio.