Momo Challenge, cos’è e perché bisogna essere scettici

Tecnologia

Raffaele Mastrolonardo

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Tutte le ragioni per dubitare di un racconto secondo cui girerebbero su YouTube e WhatsApp video che invitano i ragazzi a cimentarsi in prove pericolose e autolesioniste

Un’inquietante ragazzina spinge i giovani utenti della Rete, attraverso WhatsApp e YouTube, a compiere azioni pericolose e autolesioniste. L’allarme è stato lanciato negli ultimi giorni da genitori preoccupati, media e persino autorità locali che invitano a stare in guardia nei confronti di quella che è stata ribattezza “Momo challenge” dal nome attribuito al “mostro” virtuale.
Eppure, nonostante la grande attenzione sorta intorno al fenomeno, non esistono prove che un meccanismo simile sia davvero in atto, né che ci siano stati giovani effettivamente vittime delle suggestioni di Momo o di coloro che si nascondono dietro a questa entità virtuale. Insomma ci troviamo probabilmente di fronte a qualcosa simile a una leggenda metropolitana, che attecchisce sulle paure di genitori in ansia per i figli, anche per l’attenzione mediatica che riceve.

L’origine e i primi allarmi

Innanzitutto, l’immagine. Sì perché probabilmente non si parlerebbe di Momo se alle sue spalle non ci fosse una raffigurazione che può colpire l’immaginario collettivo, in questo caso una giovane ragazza con gli occhi a palla, un sorriso deformato e inquietante e il corpo di un uccello. Si tratta di una scultura intitolata “Mother-Bird” realizzata nel 2016 dall’artista giapponese Keisuka Aisawa che, ovviamente, era del tutto ignaro del destino virtuale che la sua opera avrebbe avuto (recentemente ha rivelato che la sua creazione nel frattempo è andata distrutta). Esattamente come “Mother-Bird” sia diventata “Momo” non è del tutto chiaro. Secondo la ricostruzione di KnowYourMeme, un’immagine tagliata dell’opera di Aisawa, contenente solo il volto della creatura, è stata pubblicata nell’estate 2018 sul forum online Reddit diventando subito molto polare tra i frequentatori della bacheca online. In quel periodo compaiono su YouTube i primi video che mostrano tentativi di contattare, invano, i presunti numeri WhatsApp collegati a Momo. All’estate 2018 risalgono anche gli allarmi. La Polizia informatica dello stato messicano di Tabasco condivide online un avvertimento mettendo in guardia ragazzi e genitori rispetto al fenomeno.

Ritorno di interesse

Dopo queste prime allerte la portata della leggenda sembrava essersi esaurita, almeno fino a una settimana fa. Negli ultimi giorni di febbraio infatti alcune testate del Regno Unito hanno dato risalto ai messaggi pubblicati sui social network da genitori preoccupati per Momo. Ad alimentare ulteriormente l’ansia di mamme e papà hanno contribuito anche la Polizia dell’Irlanda del Nord con un post Facebook e la celebrità Kim Kardashian che ha parlato della “challenge” su Instagram.

Niente prove

Nonostante gli allarmi e gli avvertimenti, anche da parte di fonti ufficiali, non esistono tuttavia prove che qualcuno si sia fatto del male dietro invito di Momo. Secondo quanto riporta il Guardian, l’Uk Safe Internet Center ha definito l’esistenza di presunte vittime di Momo una “fake news”, e YouTube ha detto che non ci sono prove dell’esistenza di video che mostrano o promuovono questa presunta sfida.
Andrea Leadsom, leader della Camera dei Comuni, uno dei due rami del parlamento inglese, ha recentemente affermato che non ci sono evidenze che la “sfida” abbia indotto alcun bambino inglese a procurarsi dei danni. Snopes, sito specializzato nell’analisi di leggende e bufale, ha definito la Momo Challenge “molto più una bufala o una moda piuttosto che realtà”. A suggerire diffidenza, secondo i critici, è soprattutto l’assenza di prove che rivelino effettive interazioni tra i ragazzi e i numeri di telefono o i video attraverso i quali coloro che si celano dietro Momo invierebbero i messaggi.

Cosa fare allora?

Insomma, ad un’analisi più attenta, sembra proprio che ci troviamo di fronte ad una leggenda che si diffonde non solo attraverso gli allarmi dei genitori sui social network, ma anche a causa dell’interesse dei media.

E allora, come si devono comportare i genitori quando si imbattano in allarmi di questo tipo su Internet? Come riporta un recente articolo di Wired, gli esperti suggeriscono in primo luogo di aspettare qualche giorno prima di parlarne con i propri figli, in attesa di eventuali dichiarazioni da parte delle autorità scolastiche o delle forze di polizia. E comunque, aggiungono, anche di fronte a pronunciamenti ufficiali, è opportuno valutare se forniscono prove concrete, visto che in passato persino le istituzioni hanno dimostrato di potersi sbagliare quando si tratta di fenomeni virtuali come Momo. Se infine si decide di parlarne con i propri ragazzi, dicono gli esperti, è bene farlo in modo tranquillo, senza panico e lasciando sempre aperta la porta del dialogo.

Come chiedere aiuto

Se tu o qualcuno di tua conoscenza ha pensieri suicidi, è possibile chiamare il Telefono Amico al numero 199 284 284, tutti i giorni dalle 10 alle 24, oppure via internet attraverso questo link. È anche possibile chiamare la onlus Samaritans: da telefono fisso all’800 86 00 22; da cellulare allo 0677208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.

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