Schermi e sonno, non è facile dire se quello della luce blu è un mito

Certe volte anche gli assunti scientifici dati maggiormente per assodati vanno arricchiti con sfumature che ne problematizzano le prospettive. Per molto tempo si è per esempio creduto che l’esposizione serale alla luce blu – quella con una lunghezza d’onda compresa tra circa 380 e 500 nanometri, ad alta energia - emessa da schermi e dispositivi digitali potesse essere di ostacolo a un sonno di qualità. In effetti, questo tipo di radiazione può ridurre i livelli di melatonina, l’ormone prodotto principalmente dalla ghiandola pineale, una piccola struttura del cervello, la cui funzione principale è quella di regolare i ritmi circadiani, cioè l’alternanza naturale tra sonno e veglia. Tuttavia nuove ricerche guidate da esperti come Lauren E. Hartstein, docente di psichiatria all’Università dell’Arizona, mostrano che la relazione tra luce blu e insonnia è, per così dire, meno lineare del previsto. Alcuni studi suggeriscono persino che in certe circostanze, che fanno in gran parte leva sulla propria situazione di partenza, l’uso degli schermi possa favorire il rilassamento e l’addormentamento. Vediamo perché. Evidenze contrastanti e limiti degli studi D’altronde, sul punto, la letteratura scientifica disponibile è datata, tutto sommato scarsa e spesso basata su esperimenti di piccola scala condotti in laboratorio, piuttosto lontani da ciò che accade nella vita quotidiana. E da ciò che funziona per ciascuno di noi. Mariana Figueiro, ricercatrice dell’Icahn School of Medicine di New York, ha però dimostrato che i fattori determinanti non sarebbero solo la luce blu ma anche la distanza dello schermo, il tempo di utilizzo e il livello di luminosità. In un suo studio del 2013 – come ricorda anche il New York Times - due ore con un tablet alla massima luminosità hanno provocato un calo della melatonina mentre un’ora di utilizzo non ha avuto effetti. Altri lavori hanno indicato che guardare la tv da diversi metri di distanza non influenzerebbe in modo significativo i livelli ormonali. Inoltre, l’esposizione alla luce naturale durante il giorno sembrerebbe ridurre la sensibilità serale agli schermi, quasi come se facessimo scorte che abbuonerebbero un po’ di uso serale dopo una giornata all’aria aperta. A conferma, le raccomandazioni di esperti del settore prevedono un livello di illuminazione melanopica equivalente di almeno 250 lux mentre la sera questo valore dovrebbe essere ridotto a circa 10 lux , e durante il sonno idealmente portato al di sotto di 1 lux per preservare i ritmi circadiani e la qualità del sonno. C’è poi da dire che non tutti reagiscono allo stesso modo: una ricerca del 2019 su 55 individui ha rilevato enormi differenze individuali, con soggetti che necessitavano fino a 40 volte più luce per innescare la stessa soppressione della melatonina di altri. Non sempre il sonno ne risente Anche quando la melatonina viene leggermente alterata, inoltre, non è detto che ciò si traduca in disturbi del sonno. I fattori in ballo sono numerosi e ben noti: caffeina, stress, abitudini quotidiane o persino un partner rumoroso a letto possono avere un impatto maggiore. Non a caso, una revisione del 2022 su 24 studi ha ottenuto risultati discordanti: molti non hanno riscontrato alcun legame tra luce blu e qualità del sonno. Anche sulla scorta di questi approfondimenti un paio di anni fa la National Sleep Foundation statunitense ha quindi concluso che non ci sono prove sufficienti per affermare che usare dispositivi prima di dormire sia di per sé dannoso. “Servono ricerche più solide” ha ribadito Allison Harvey, psicologa clinica della University of California, Berkeley. E soprattutto con campioni più numerosi. Il ruolo delle attività digitali Se il problema non è solo la luce, a pesare potrebbe essere di più e più in profondità ciò che facciamo sugli schermi. Secondo Daniel Buysse, psichiatra della University of Pittsburgh, attività interattive come videogiochi, social network, shopping online o scommesse sono le peggiori possibili con cui intrattenersi prima di dormire perché stimolano il sistema della ricompensa del cervello – l’insieme di aree e circuiti neuronali che regolano la percezione del piacere, la motivazione e i comportamenti finalizzati a ottenere gratificazione - mantenendoci vigili. I social, progettati per catturare l’attenzione senza sosta accendendo il fenomeno del “doomscrolling”, possono compromettere più del dovuto la capacità di staccare la spina. Lo ha confermato uno studio del 2024 su 500 adolescenti: chi usava smartphone o console per comunicare, chattare o giocare prima di dormire tendeva ad addormentarsi più tardi e a dormire meno. Diverso invece l’effetto di tv e film: la stessa ricerca non ha riscontrato variazioni significative, anche se i contenuti scelti possono fare la differenza. Quando lo schermo diventa un alleato Non tutto l’uso serale dei dispositivi è dannoso. Per chi combatte con pensieri negativi ricorrenti, distrarsi con una serie leggera o una rilettura confortante può aiutare. Aric Prather, psicologo dell’Università di San Francisco, racconta che per alcuni pazienti una sitcom conosciuta a memoria può funzionare da “antidoto alla ruminazione mentale”. L’importante, raccomandano gli esperti, è mantenere la separazione tra letto e dispositivi, riservando il primo solo al sonno. Insomma, da alcune ricerche recenti il tabu della luce blu sembrerebbe uscire ridimensionato. O meglio, ricontestualizzato. Se dopo aver guardato la tv o navigato sul tablet si riesce ad addormentarsi facilmente, si dorme bene – in questo l’analisi del sonno di un qualsiasi buon fitness tracker può essere d’aiuto - e ci si sveglia riposati, in fondo non c’è motivo di cambiare abitudini. Almeno fino al prossimo studio.

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Simone Cosimi