La nuova era della regolamentazione di Internet

Ci sono decisioni legali che hanno riverberi capaci di andare molto oltre il perimetro della giurisprudenza, segnando punti di svolta nella storia della regolamentazione digitali: una di queste è sicuramente quella presa recentemente dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, che poche settimane fa ha stabilito la legittimità di una legge del Texas che impone l’obbligo di verifica dell’identità per accedere al porno online. Il caso, denonimato ufficialmente “Free Speech Coalition v. Paxton” nei registri della Corte, si è concluso con una sentenza sostenuta da una maggioranza di sei giudici contro tre, che ha stabilito che la richiesta di produrre documenti di identità per dimostrare la maggiore età degli utenti non viola il Primo emendamento della Costituzione americana. Stando al parere della Corte, la misura ha uno scopo legittimo – ovvero proteggere i minori dall’esposizione a contenuti espliciti – e rappresenta una restrizione "accidentale" al principio della libertà di espressione, non una censura vera e propria. Al di là del caso in sé, il precedente legale costituisce un cambio di paradigma che potrebbe avere implicazioni molto più ampie e longeve di questo ambito di pertinenza specifico. La decisione va necessariamente messa in prospettiva, inquadrandola in una fase storica dello sviluppo digitale in cui l’idea di un web “aperto”, le cui fondamenta poggiano su un accesso libero degli utenti, viene costantemente messa in discussione da nuove priorità: sicurezza, tutela dei minori, moderazione dei contenuti. La sentenza arriva in un momento in cui diversi Stati d’oltreoceano hanno già promulgato normative che vanno in questa direzione, e per questo sono state aspramente contestate dalle piattaforme e da diverse associazioni. Il pronunciamento della Corte Suprema non solo legittima queste leggi, ma verosimilmente ne stimolerà la diffusione a livello locale e nazionale, andando oltre l’ambito dei contenuti pornografici, fino agli altri ambiti sensibili della vita online, dai social media al settore dell’intelligenza artificiale. Un articolo pubblicato su The Atlantic parla esplicitamente di una «nuova era della regolamentazione di Internet», individuando nella sentenza una prova sostanziale del fatto che il modello che ha per baluardo la Section 230 del Communications Decency Act del 1996 – quella che solleva le piattaforme dalla responsabilità sui loro contenuti – è in profonda crisi. Fino ad oggi i social media hanno goduto di un’ampia immunità legale per ciò che viene pubblicato dai loro utenti, e la moderazione si basa anche all’autoregolamentazione del singolo. Ma ora, complice anche l’emergere di fenomeni come la disinformazione, l’uso fraudolento delle IA e l’esposizione dei minori a contenuti per adulti, le istituzioni iniziano a caldeggiare approcci più interventisti. Ovviamente, però, c’è anche chi la pensa diversamente. Organizzazioni di advocacy di primo piano come la Electronic Frontier Foundation, l’American Civil Liberties Union e la Foundation for Individual Rights and Expression si sono dette preoccupate per il precedente giuridico venuto con la sentenza. Il loro timore è che, aprendo alla verifica dell’identità per una tipologia di contenuti, si legittimi un modus operandi che può estendersi facilmente ad altri ambiti, fino a trasformare l’accesso al web in un processo sempre meno anonimo . Il rischio, secondo queste organizzazioni, è duplice: da un lato il nuovo modello introduce una barriera che può disincentivare l’accesso a contenuti interamente legali; dall’altro si apre la strada a forme di controllo statale – o aziendale – sui comportamenti che gli individui tengono online. Insomma, al centro di tutto, come spesso accade in questi discorsi, c’è la privacy. Se per accedere a determinati siti occorre caricare un documento d’identità o affidarsi a servizi di verifica esterni, la gestione di questi dati diventa un nodo fondamentale. Chi li conserva? Per quanto tempo? Con quali garanzie? E con quale grado di sicurezza informatica? A fronte di un’intenzione condivisibile come la protezione dei minori, si rischia di dare l’abbrivio a un sistema di tracciamento che mette a rischio diritti come l’anonimato e la libertà di fruire contenuti senza interferenze. Le grandi piattaforme internazionali dovranno decidere se adeguarsi alle nuove norme o ritirarsi dai mercati più restrittivi. Pornhub, ad esempio, aveva bloccato l’accesso al suo sito agli utenti dal Texas come atto di protesta, salvo poi tornare sui suoi passi dopo il pronunciamento della Corte. Ma se i colossi non avranno problemi a permettersi infrastrutture per la verifica dell’identità e la sicurezza dei dati, i piccoli siti rischiano di essere esclusi dal mercato, aggravando ulteriormente l’accentramento di potere digitale nelle mani di pochi attori globali. La sentenza non è esattamente un fulmine a ciel sereno, beninteso. Da tempo la Corte Suprema statunitense ha mostrato una crescente disponibilità a rivedere l’equilibrio tra libertà individuali e interesse pubblico sulle piattaforme. Ma il soqquadro che questa sentenza ha creato nel campo del digitale, un terreno finora protetto da una relativa immunità, segna un passaggio che potrebbe rivelarsi epocale. L’idea che Internet debba essere trattato come uno spazio separato, soggetto a regole diverse dal mondo fisico, è forse arrivata al tramonto? Al suo posto arriverà quella per cui il web è semplicemente una nuova arena dell’agire umano, e come tale deve essere regolata? È presto per comprenderlo. Ma la vera domanda, ora, non è se ci sarà più regolamentazione, bensì quale forma prenderà. La decisione “Free Speech Coalition v. Paxton” è solo l’inizio, in questo senso: nei prossimi anni potremmo assistere a un crescendo di interventi legislativi, con ripercussioni ad ampio spettro: dall’anonimato online alla moderazione dei contenuti, fino alla responsabilità delle piattaforme per le interazioni generate dagli utenti. In questo senso, la “nuova era della regolamentazione” è già iniziata. E sarà lunga.

Cosa vedere:

Come vederlo:

Online con Sky:

La nuova era della regolamentazione di Internet