Come pensa l'IA in grado di prevedere il percorso degli uragani

Il National Hurricane Center , l’agenzia statunitense che si occupa della diramazione degli avvisi e degli studi su uragani e cicloni tropicali, è entrato nel terzo millennio con una collaborazione con DeepMind di Google: la partnership è volta a integrare nei processi operativi dell’ente un modello di intelligenza artificiale capace di anticipare con più precisione i movimenti e l’intensità degli uragani. L’iniziativa si chiama Weather Lab e poggia, a livello tecnologico, su una rete neurale stocastica che genera, per ogni ciclone, una cinquantina di scenari differenti fino a 15 giorni prima dell’evento atmosferico, producendo stime accurate di traiettoria, intensità, dimensione e struttura della tempesta. Cosa cambia con l’avvento dell’IA? Beh, i modelli convenzionali, che invece si affidano a simulazioni fisiche complesse, fino ad oggi di fatto si sono trovati a dover scegliere tra il privilegiare la direzione della tempesta o la sua intensità, dimostrando che anche nella meteorologia la coperta è sempre corta. L’Ia di DeepMind, invece, sostiene di poter unire entrambi gli aspetti, con performance uguali o superiori. Nei test basati sui dati d’archivio del biennio 2023–2024, l’Ia di Google ha mostrato una media d’errore traiettoriale inferiore di 140 chilometri rispetto ai modelli dell’European Center for Medium-range Weather Forecast. Alcuni strumenti di visualizzazione, come quello usato per il ciclone Alfred che nel 2021 si è abbattuto sul Mar dei Coralli, hanno mostrato come il modello riuscisse a prevedere con sette giorni d’anticipo l’indebolimento del fenomeno atmosferico da uragano di categoria 3 a tempesta tropicale, oltre a calcolare con esattezza il punto di approdo di Alfred sulla costa australiana del Queensland. La partnership col NHC è di fondamentale importanza non soltanto perché dà validità scientifica al modello, ma anche perché i meteorologi saranno in grado di accostare in tempo reale le previsioni dell’Ia e quelle old school, generate dai modelli fisico‐matematici. Il sistema di DeepMind in questo senso non sostituirà gli specialisti in carne ed ossa, ma farà da prezioso supporto decisionale, specie nelle situazioni di crisi. Al di là delle informazioni fornite a corredo, insomma, il giudizio finale rimane sulle spalle del forecaster di turno. L’utilità pratica della svolta artificiale rimane però indubbia, traducendosi in un guadagno di uno o due giorni nell’elaborazione del percorso del ciclone rispetto a quanto avviene coi modelli fisici: un vantaggio essenziale per stabilire piani di evacuazione e allestire e comunicare interventi di emergenza, e che vale anche per il calcolo di intensità e dimensioni delle tempeste. Ma non è soltanto una questione di velocità: l’Ia permette un lavoro di pattern recognition capace di scavare in profondità e superare la granularità dei modelli fisici, generando archivi con cui semplificare i compiti degli esperti del clima. Certo, talvolta anche gli algoritmi sbagliano: l’intelligenza artificiale, per esempio, tende a sottovalutare eventi rari o estremi, come piogge intense o tsunami improvvisi. Ma il passo avanti è evidente. Sul fronte della ricerca, DeepMind non è certo l’unica novità: il NOAA , l’agenzia che monitora le condizioni oceaniche e atmosferiche e produce le previsioni del tempo, sta sviluppando Project Eagle, un progetto non dissimile da quello dei cugini dell’NHC. L’incremento della frequenza e della rapidità di intensificazione degli uragani – aumentata dal 1% al 5% tra gli anni ’80 e il 2020 – rende sempre più cruciale la necessità di ridurre al minimo le incertezze delle previsioni. E l’Ia, per la natura dei suoi modelli che “imparano” da enormi set di dati, è una soluzione particolarmente efficiente nell’identificare segnali nefasti che potrebbero sfuggire ai modelli tradizionali. Entro l’anno, il NHC statunitense è determinato a testare su strada il valore aggiunto delle previsioni di DeepMind. Ma è nel futuro prossimo che inizieremo ad avvalerci di modelli sempre più ibridi, nei quali l’intelligenza artificiale avrà il compito di eseguire le analisi più rapide e massicce dei dati, mentre gli scienziati continueranno a verificarli, spiegarli e prendere le decisioni. In un’epoca in cui il cambiamento climatico rende gli uragani e gli eventi climatici estremi sempre più intensi e imprevedibili, l’abbinamento tra lo smart‑forecast dell’Ia e la tradizione delle previsioni metereologiche promette di cambiare il mondo, salvando anche vite umane: d’altronde, come recita uno dei più celebri aforismi attribuiti a Gandhi, "la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia".

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