Il tribunale britannico condanna Uber: più diritti per gli autisti

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I due autisti che hanno vinto la causa chiedevano il riconoscimento del loro status di lavoratori dipendenti e non di freelance (Getty Images)

La corte del lavoro di Londra ha respinto l’appello della società californiana contro una sentenza che la costringe a corrispondere salario minimo, ferie e giorni di malattia pagati ai propri dipendenti. L’app di trasporto privato ha annunciato il ricorso

Uber deve concedere ai propri autisti salario minimo, ferie e giorni di malattia pagati. Lo ha deciso il tribunale del lavoro britannico, che ha dato ragione a due 'drivers', James Farrar e Yaseen Aslam, in causa con l'azienda di trasporto automobilistico privato. I due nello specifico chiedevano il riconoscimento del loro status di lavoratori dipendenti e non di freelance. Uber, a cui lo scorso settembre è stata revocata la licenza da parte delle autorità cittadine di Londra (anche se per il momento può continuare ad operare), ha già annunciato di voler fare ricorso contro la decisione. 

Vittoria dei lavoratori della 'gig economy'

La sentenza del tribunale del lavoro conferma una decisione precedente che aveva già dato ragione ai due autisti di Uber. Per il sindacato Gmb, il respingimento del ricorso presentato dalla società californiana rappresenta una vittoria dei lavoratori nella cosiddetta "gig economy", che si basa sulla richiesta a chiamata di servizi online attraverso piattaforme e app dedicate. Un mondo dove, secondo l’associazione sindacale, spesso si assiste a forme di sfruttamento della manodopera da parte delle aziende.

La risposta di Uber

Per evitare di concedere onerosi diritti ai suoi autisti, Uber ha protestato contro la sentenza, annunciando l’intenzione di appellarsi. "Il motivo principale per cui gli autisti utilizzano la piattaforma - ha spiegato Tom Elvidge, direttore generale di Uber UK - è che la nostra app dà loro la libertà di scegliere se, quando e dove effettueranno il loro servizio, motivo per cui abbiamo intenzione di andare in appello". La sentenza si basa sulla regola secondo la quale agli autisti, una volta effettuato l'accesso all'app, viene richiesto di accettare l'80% delle corse, prassi che però, secondo Elvidge non corrisponde al vero: "I conducenti che utilizzano Uber sanno che questo non è mai successo nel Regno Unito". 

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