Software che generano video falsi. Account automatici che manipolano le conversazioni online. Sono alcune delle tendenze sul futuro della propaganda e delle notizie false sottolineate da un report della Wikimedia Foundation. Ecco le prime applicazioni
Bot, intelligenza artificiale, ’dark social’. Sono alcune delle tendenze tecnologiche che stanno disegnando il futuro della propaganda e della disinformazione, secondo alcuni studi e report pubblicati di recente. Si va dai software AI in grado far pronunciare frasi mai dette alle personalità politiche ai bot che manipolano le conversazioni online, fino ad arrivare alle false informazioni che circolano sui social network chiusi come WhatsApp e altre app di messaggistica.
Il report di Wikimedia
La Fondazione che sta dietro all’enciclopedia collaborativa Wikipedia ha commissionato un report su come la propaganda e le disinformazione saranno diffuse di qui al 2030. Il risultato è stato sintetizzato in questa tabella che racconta come evolverà il fenomeno dal punto di vista tecnologico, politico ed economico.
Le minacce più concrete provengono sia dagli attacchi alla stampa o alle piattaforme libere come Wikimedia che dalle ricerche “sponsorizzate” e dagli “advertorial” (misto di notizia e pubblicità). Ma il fronte più caldo resta proprio quello tecnologico: tra bot, sistemi di intelligenza artificiale, esperienze immersive di realtà virtuale e altri formati innovativi. Il tutto con una pervasività sempre maggiore, considerando i nuovi dispositivi attraverso cui si accederà all’informazione, come i wearable, gli assistenti digitali vocali o i visori di realtà virtuale.
Fake Obama con l’intelligenza artificiale
Proprio nelle scorse settimane, un gruppo di ricercatori dell’Università di Washington è riuscito a dimostrare come sia possibile generare video falsi che sono del tutto indistinguibili da quelli reali. Utilizzando tecnologie di intelligenza artificiale, gli studiosi hanno modificato non solo la voce, ma anche le espressioni facciali di Barack Obama, facendogli pronunciare frasi mai dette in modo del tutto plausibile.
A una dimostrazione simile erano arrivati anche ricercatori dell’Università di Stanford: in questo caso si riesce a trasferire su un personaggio (come ad esempio Donald Trump) le espressioni facciali di un attore, anche in tempo reale.
Factchecking e AI
Come sottolinea The Economist, le stesse tecnologie usate per produrre contenuti falsi possono essere sfruttate anche per attività di verifica. Ad esempio, alcuni sistemi di intelligenza artificiale riescono a stabilire se un contenuto è vero o falso a partire dall’analisi di molti dati sulle condizioni meteorologiche o sulla rifrazione della luce. Una dimostrazione è arrivata da NVIDIA, compagnia che produce chip per sistemi di intelligenza artificiale, che qualche anno fa ha dimostrato l’autenticità della foto dell’atteraggio sulla Luna di Buzz Aldrin (una delle foto più contestate dai cospirazionisti della missione Apollo 11 del 1969). Anche l’organizzazione non governativa Amnesty International fa ricorso a strumenti basati sull’AI (come il motore di ricerca Wolfram Alpha) per verificare i video con violazioni dei diritti umani.
Bot e dark social
Nei giorni scorsi uno studio dell’Università dell’Indiana ha confermato il peso dei bot nella circolazione della disinformazione online. Dall’analisi di 14.000 tweet che hanno diffuso 400.000 notizie durante le ultime elezioni statunitensi, è emerso che sono soprattutto i bot a giocare un ruolo importante. “Gli account automatici sono particolarmente attivi nella prima fase di diffusione [delle notizie false] e tendono a raggiungere gli utenti influenti”.
Molto più difficili da individuare (e studiare) sono poi le notizie che circolano sui cosiddetti “dark social”: WhatsApp, Telegram e altre app di messaggistica tra gruppi chiusi. Secondo uno studio condotto di recente in Kenya, WhatsApp è al secondo posto tra i social media su cui i cittadini dichiarano di incontrare più notizie false. Altre due inchieste di Buzzfeed hanno confermato l’utilizzo esteso di WhatsApp per la diffusione di notizie false anche in India e Colombia. E non stiamo parlando di 2030, ma dei nostri giorni.