
Dagli esordi nelle giovanili del Caldogno all’ultima partita giocata con la maglia del Brescia e un ginocchio maledetto: il Raffaello del nostro calcio ha attraversato da protagonista 30 anni di storia del pallone, costruendo una popolarità planetaria. Sulla sua pelle ha vissuto la trasformazione da un mondo dello sport lineare e ingenuo - ma poetico - a quello ricco, sontuoso ma contraddittorio di oggi

La storia di Baggio comincia in un paesino di 10mila anime della provincia di Vicenza. A Caldogno, il suo paese natale, trascorre un’infanzia pane e calcio. Con il fratello Eddy, anche lui futuro calciatore, gioca nel corridoio di casa. Si divertono a calciare una palla di carta e scotch. Nel 1980 il gioco si fa più serio nelle giovanili del Lanerossi Vicenza e 4 anni dopo con i grandi. A soli 16 anni con una testa di ricci scuri è già un prodigio della serie C1 che incanta il pubblico biancorosso
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Nella Fiorentina il sogno di bambino diventa realtà: la serie A però per Baggio è anche momenti e scelte difficili. Il trasferimento alla Juventus, a cui i tifosi gigliati risponderanno con una vera e propria guerriglia cittadina, è uno di quei passaggi

Si sposa presto con un'amica d'infanzia. Anche quando il successo lo travolgerà, non rinuncerà mai alla sua privacy e sarà sempre legato alle sue origini, lontano dai riflettori

Rispetto, umiltà schiettezza: sono i tratti che derivano da una famiglia severa, ma Baggio è anche genio, non sempre compreso. Una carriera segnata da un rapporto a volte complicato con gli allenatori. Con Lippi e Sacchi, gli scontri più forti. Le spigolosità e un carattere introverso accompagnano l'epopea dell'eroe solitario

Nel 1993 vince il Pallone d'Oro. Undici anni dopo Paolo Rossi e dopo un altro juventino, Michel Platini, è il calciatore più forte d'Europa. In bacheca in carriera metterà due scudetti (Juventus e Milan), una coppa Italia e una coppa Uefa (entrambe con la Juventus).

Quello di Baggio è un mito che è cresciuto anche grazie alle sconfitte, dopo essere arrivato a un passo dal successo praticamente da solo. La Coppa del Mondo del 1994 è un passaggio fondamentale. Il rigore decisivo sbagliato contro il Brasile negli Stati Uniti è uno dei "frame" più importanti della sua carriera, che ne disegna una grandezza forse incompleta

Irrequieto anche se amatissimo durante tutto il suo percorso professionale, dopo Juve, Milan, Bologna e Inter, nel Brescia, la sua ultima squadra, trova una serenità mai sperimentata prima

Il 16 maggio del 2004 dice addio al calcio in un Milan-Brescia terminato 4-2. L'abbraccio con Paolo Maldini è scolpito nella memoria del pubblico dello stadio. Sugli spalti i rossoneri festeggiavano lo scudetto, mentre i bianco azzurri la salvezza

Appesi al chiodo gli scarpini, Baggio resterà defilato. Non è facile sapere cosa pensi dell'attualità del calcio. Difficilmente concede interviste. Ha scelto di ritirarsi tra la sua terra natale e un'azienda agricola in Argentina, dove pratica una delle sue grandi passioni: la caccia. In contrasto per alcuni con la sua fede buddista