EPCC, Stash porta un tocco di…Kolors

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Stash - foto kikapress
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L’anima dei The Kolors ospite di EPCC. Quattro dischi di platino con l’album Out, due concerti in arrivo e un nuovo disco in cantiere. Aspettando E poi c'è Cattelan, in programma ogni giovedì alle ore 22.10 su Sky Uno, intervistiamo Stash

di Fabrizio Basso

Giocando col nome, possiamo affermare che il pop italiano ha un nuovo colore. Anzi un nuovo Kolors. Lo hanno portato Antonio “Stash” Fiordispino e suo fratello Alex con l’aggiunta di Daniele Mona. Napoletani, formatisi nel 2010, tanta gavetta e una palestra che a Milano si chiama “Le Scimmie” storico locale dei Navigli. Poi è arrivata la vittoria in un talent e con lei una prima ondata di popolarità che si è consolidata nel tempo grazie proprio a quella gavetta che oggi sembra un concetto desueto. Il frontman Stash è ospite di E poi c’è cattelan, il late night show di Sky Uno condotto da Alessandro Cattelan in programma ogni alle ore 22.10. Lo abbiamo incontrato e intervistato.

 

Stash le piace EPCC?
E’ molto Molto Saturday Night Live e David Letterman Show: di Alessandro Cattelan avevo il mito fin da prima di TRL su MTV. Per me è stato l’ultimo vero conduttore di MTV ma non fraintendetemi, non perché poi la filosofia della rete è cambiata ma perché poi, suonando molto, ho avuto meno tempo per seguirla. La mia è una questione affettiva non di qualità.
Cosa le piace di Cattelan?
E’ un mio riferimento in senso ampio: sa fare radio e conduzione in modo fresco, è per me un obiettivo averlo come punto di riferimento.
EPCC è la punta di diamante di un genere che all’estero funziona da decenni.
L’Italia è un paese diesel a livello di innovazione e per tutte le forme di arte. Per fare accettare un format nuovo agli americani serve una settimana, in Italia ci vuole tempo, in proporzione più di un anno.
La forza di E poi c’è Cattelan?
Il divertimento. Vedere i suoi momenti cool e funny è fantastico, poi alla gente stuzzica vedere personaggi famosi impegnati in ambiti che non riguardano la loro quotidianità.
The Kolors sono attesi da due importanti concerti.
A maggio, il 16 saremo all’Alcatraz di Milano e il 23 all’Atlantic di Roma.
Si sta preparando?
Sto passando le nottate a buttare fuori idee per il nuovo disco in realtà, voglio averne una trentina e poi arrivare a dieci per un album.

Sentite pressione?
Penso a un grande quale è Caparezza che dice che il secondo album è sempre il più difficile.
Dopo I Want e Out non è il terzo?
Consideriamo Out il primo disco, l’altro era la somma di quello che facevamo nei locali.
Sensazioni?

Mi sento di avere in mano qualcosa di più alto, sarà una sorpresa, mi piace molto la visione britannica del cambiare a ogni disco.
La vera palestra è stata le Scimmie di Milano.
Verissimo. La gente ha notato la gente che facevamo non cover ma interpretazioni, si sono visti l’amalgama e il nostro bagaglio.
Quando va a dormire ci pensa che nella federa ci sono quattro dischi di platino?
Al platino non ci penso se no mi agito, sono più di scrittura in questo momento, cerco di evitare le vertigini.
Gran periodo per voi?
Per me è l’anno più bello della mia vita, il mio sogno trovare una collocazione e far conoscere il pop che è nel mio cervello, anche se influenzato dal mondo degli anni Ottanta.
Il sogno?
Andare a preparare il nuovo disco a Los Angeles, vorremmo lavorare con Matt Squire come produttore.
Tornando al presente: tour?
Dopo Milano e Roma credo che ci fermeremo, l’idea è di fare il tour dopo l’uscita del nuovo disco, le due date di maggio servono per saziare la fame di live che per un gruppo come il nostro, cresciuto sul palco, è difficile da vincere.
Quando il nuovo lavoro?
Speriamo entro fine anno.

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